Trasporti Nazionali e Internazionali
2 Ottobre 2017
Niente più unione doganale, introduzione di controlli serrati sull’immigrazione e fine dei contributi inglesi al bilancio delle istituzioni di Bruxelles.
Ecco ciò che si prospetta nei prossimi anni per la Gran Bretagna.
A ben guardare, ci vorrà un pò di tempo per vedere queste cose trasformarsi in realtà.
Prima ci saranno almeno due anni di trattative in cui Londra e Bruxelles stabiliranno nel dettaglio come regolare i loro rapporti.
Poi, a partire dal 2019, inizieranno i cambiamenti veri e Londra sarà fuori dall’Ue a tutti gli effetti.
Cosa succederà se un giorno torneranno le barriere doganali tra il Regno Unito e il Vecchio Continente?
Tempo fa, subito dopo il referendum sulla Brexit, gli esperti di Sace, società a controllo pubblico specializzata nelle assicurazioni sui crediti commerciali all’estero, ha stimato un potenziale costo per l’export nazionale tra 200 e 500 milioni di euro annui.
Azzeccare le previsioni, però, al momento sembra quasi un terno al lotto.
Prima bisognerà vedere come il primo ministro inglese, Theresa May, condurrà le trattative con Bruxelles.
La premier britannica ha invitato i leader del Vecchio Continente a non avere verso il Regno Unito un atteggiamento punitivo perché, in ogni caso, il suo Paese farà di tutto per restare una nazione attraente per gli investimenti e i commerci internazionali.
Solo il tempo dirà se la May sarà all’altezza del suo compito.
Un’opinione diffusa è quella che proviene da Ramón Valdivia, Direttore Generale di ASTIC, l’Associazione del Trasporto Internazionale delle merci su strada in Spagna: “L’uscita di un Paese membro del calibro del Regno Unito non è una buona notizia per nessuno, specialmente per le imprese che operano in quel Paese o con esso.
È qualcosa che ci dovrebbe far riflettere, specialmente se analizziamo la possibilità che la quantità di merci spagnole esportate verso il Regno Unito (che rappresentano un business da circa 20 miliardi di euro l’anno) possa calare a causa delle fluttuazioni del valore della Sterlina in rapporto all’Euro.
È qualcosa che stiamo tenendo in considerazione, perché il potere d’acquisto britannico potrebbe diminuire interessando così i flussi di scambio delle merci da ambo le parti del canale della Manica”.
A livello di tassazione non vi sarà alcun dovere da parte del Regno Unito di rispettare le direttive europee, soprattutto per quanto riguarda la libera circolazione delle merci, portando ad un possibile aumento dei prezzi di importazione ed esportazione dei beni da e verso il Regno Unito.
Infine, esiste la possibilità che il mercato del lavoro britannico venga aperto soltanto ai lavoratori qualificati, in possesso di un regolare permesso di lavoro e di un visto per viaggiare e risiedere.
Il problema dei possibili costi viene sottolineato anche da Nicolò Berghinz di A.L.I.S. Associazione Logistica dell’Intermodalità Sostenibile: “È passato troppo poco tempo.
Le scelte politiche dei prossimi mesi andranno a cristallizzare le decisioni e porteranno una serie di informazioni che, per ora, non possiamo avere.
Abbiamo a che fare soltanto con previsioni future nebulose, che non hanno riscontro da nessuna parte.
Sicuramente i dubbi e i timori si concentrano sull’aspetto economico e dei costi per le imprese, tuttavia anche in questo caso non abbiamo nessun riscontro che ci possa permettere di valutare la situazione.
L’applicazione della Brexit porterà a nuove imposte oppure a perdere dei vantaggi acquisiti tramite gli accordi europei vigenti attualmente?
Non possiamo ancora rispondere.
È vero che qualcuno potrebbe aver trasferito le proprie sedi legali e fiscali in altri Paesi europei di fronte alle assenze di garanzie di permanenza, però i numeri non sono così allarmanti come sostenuto da alcuni.
Questi scenari non si sono ancora presentati per il settore e le aziende che hanno le proprie basi logistiche in Inghilterra sono ancora in attesa di capire meglio cosa stia succedendo”.
L’Italia ogni anno vende in Gran Bretagna beni e servizi per un totale di oltre 24 miliardi di euro, che rappresentano il 5% dell’export nazionale.
Siccome il processo è appena iniziato, il risultato della nostra inchiesta non ha portato a risultati particolarmente rilevanti.
“I feedback che abbiamo non sono distanti dalla situazione descritta.
La Brexit non è in atto in questo momento, non ha manifestato alcun effetto giuridico sul trasporto e sulla logistica, nel senso che si opera regolarmente perché non è ancora successo niente di rilevante”, osserva Nicolò Berghinz.
Sarà interessante comunque continuare a seguire e a monitorare l’intero processo per poter cogliere qualsiasi modifica allo stato attuale delle cose.
Riassumendo, ciò che emerge è che, nonostante Londra abbia invocato l’articolo 50 del Trattato di Lisbona, questo non abbia portato a nessuna complicazione per l’attività dei nostri clienti.
Non sono cambiati i flussi di lavoro, né dal Regno Unito sono arrivate indicazioni particolari che possano lasciar presagire a modifiche imminenti.
A conferma di quanto appena detto, i dati riguardanti l’offerta di carichi e camion da e per il Regno Unito hanno seguito un pattern piuttosto lineare, come evidenzia questo grafico che li considera a partire dal 2015.
Il referendum su Brexit, tenutosi il 23 giugno 2016, non risulta affatto essere uno spartiacque.
Il picco di offerte di carichi nel mese di settembre e tra gennaio e febbraio si ripete, indipendentemente dalla notizia della futura uscita del Regno Unito dall’Unione Europea.
La decrescita nell’offerta di camion tra agosto e settembre rimane una consuetudine, così come la successiva crescita che culmina nel mese di novembre.
Il Regno Unito ha iniziato un processo di uscita dall’Unione Europea lo scorso 27 marzo.
Questa transizione durerà due anni e porterà a due possibili scenari: la “hard Brexit”, ovvero una rottura totale, e la “soft Brexit”, che permetterebbe a Londra di accedere a una parte del mercato unico grazie a degli accordi simili a quelli che molti paesi hanno con la Svizzera.
Per conoscere le implicazioni che avrà la Brexit per il trasporto abbiamo parlato con diversi agenti del settore, i quali concordano nel segnalare l’incertezza come il principale sentimento fino a che non saranno portati a termine i negoziati di uscita del paese britannico.
La svalutazione della Sterlina e la perdita di potere d’acquisto dei britannici potrebbero essere il preludio a una diminuzione dei flussi delle merci tra il continente e le isole.
Anche se è troppo presto per segnalare implicazioni negative dirette dovute alla Brexit, ci stiamo confrontando con requisiti doganali più rigidi e con un maggiore controllo della circolazione dei veicoli e delle merci.
Altri aspetti potrebbero riguardare la regolamentazione del cabotaggio, la normativa sul distaccamento dei lavoratori e la legislazione sui pesi e le dimensioni consentite.
Le associazioni chiedono una maggiore armonizzazione dell’Unione Europea per poter arrivare ad una posizione comune rafforzata, prima che la Brexit possa rappresentare un precedente.
Secondo i dati raccolti all’interno della Borsa Carichi di Wtransnet, i flussi di merce diretti da e verso il Regno Unito ci permettono di affermare che, per ora, il processo di uscita non abbia influito sulle transazioni commerciali.