“Sulle nostre strade viaggia l’85% delle merci ma l’Italia sconta ancora la mancanza di una politica della mobilità che interpreti il settore della circolazione e dei trasporti come un fattore strategico per la crescita economica e sociale del Paese”.
È Angelo Sticchi Damiani, presidente dell’Aci, a parlare.
Nello studio effettuato con l’Anfia – Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica – dal nome “Trasporto merci su strada. Analisi economico-statistica delle potenzialità e criticità di un settore strategico per lo sviluppo sostenibile” la chiave di svolta sembra essere un nuovo approccio dei decisori nazionali e locali, per affrontare le criticità che ancora oggi investono il settore dell’autotrasporto.
Sono diversi i fattori critici del sistema dei trasporti in Italia: l’inefficienza logistica, l’anzianità del parco circolante, la carenza di soluzioni intermodali e di piattaforme logistiche verso l’Europa e verso l’Africa, e la situazione di crisi che sta investendo sia i produttori di autoveicoli e rimorchi sia le aziende di autotrasporto.
Vediamo punto per punto i dati analizzati dallo studio e le proposte di Aci e Anfia per lo sviluppo del settore.
Nel 2011 oltre 22.000 miliardi di dollari di merci e servizi, pari al 28% del Pil mondiale, sono state esportate nel mondo.
Come si colloca l’Italia nel panorama mondiale? Il nostro Paese ha raggiunto per lo stesso anno solo l’ottavo posto come Paese esportatore e il decimo posto in termini di prodotto interno lordo: infatti la quota delle esportazioni per l’Italia era del 2,8% e del Pil del 2,3%.
Nella classifica del WTO 2012 sui maggiori esportatori e importatori di beni e servizi nel 2011, l’Europa è in testa, ma mentre la Germania e i Paesi Bassi hanno un saldo attivo, per Francia, Regno Unito, Italia e Spagna il saldo è negativo.
Alcuni Paesi europei, tra cui l’Italia, hanno compensato il calo della domanda interna con un incremento dell’export.
Il trasporto merci in Europa è andato progressivamente espandendosi fino al 2007, poi ha subito una battuta d’arresto nel 2009 a causa della crisi economica.
Ad una ripresa nel 2010 è seguito l’anno successivo un rallentamento che si è aggravato nel 2012.
Guardando sempre all’Europa e confrontando le modalità di traffico, risulta evidente come il trasporto su strada continui ad essere preferito.
La strada è la regina nel trasporto nazionale e internazionale in Spagna, Gran Bretagna e Italia, mentre rimane costante il declino della ferrovia.
In Italia la produzione di veicoli commerciali fino a 3,5 tonnellate e di autocarri medi e pesanti, nel 2011, ha riguardato oltre 304 mila unità, con un incremento del 15% sul 2010.
Dal 2009, anno simbolo della crisi, il settore aveva recuperato, soprattutto per quanto riguarda i veicoli commerciali.
Questa fase di recupero è però stata interrotta da una fase di pesante recessione economica e dalla mancanza di una politica industriale.
E i dati lo dimostrano: calo del 14% nella produzione nazionale di veicoli commerciali nel primo semestre 2012 e calo del 6,5% della produzione di autocarri medi e pesanti.
L’export invece è cresciuto progressivamente fino a raggiungere l’82% del totale nel 2011 e l’85% nel 2012.
Mentre crescono i mercati nei Paesi del sud-est asiatico, quali Thailandia, Malesia, Indonesia e Filippine – secondo alcuni analisti il comparto dei veicoli industriali di queste zone dovrebbe registrare nei prossimi anni incrementi medi attorno all’8-10% -, in Europa il settore risente pesantemente delle crisi economiche ed è crollato tra il 2008 e il 2009.
In Italia la nuova recessione ha comportato un pesante ridimensionamento, tanto che le previsioni di ripresa sono rimandate al 2015.
Il mercato aveva raggiunto risultati brillanti nel 2010, quando i veicoli venduti nel 2009 erano stati immatricolati nel primo semestre del 2010 per godere dei benefici degli incentivi garantiti dal Governo.
Ma da allora il mercato dei commercianti si è ridotto progressivamente, con perdite gravi nel primo semestre del 2012.
Lo studio mette l’accento sull’anzianità del parco veicoli commerciali e industriali circolanti in Italia, tra i più vetusti d’Europa.
L’anzianità media, alla fine del 2011, è apri a 9 anni e 4 mesi per gli autocarri di massa inferiore o uguale a 3,5 t, mentre per quelli di massa superiore o uguale 3,5 t risulta di 19 anni e 7 mesi.
Il 73% degli autocarri di massa superiore o uguale 3,5 t ed il 45% di quelli di massa inferiore o uguale 3,5 t ha un’età superiore a 10 anni.
Un’età avanzata si riscontra anche negli autoveicoli speciali: 9 anni e 6 mesi per quelli di massa inferiore o uguale 3,5 t e 13 anni e 7 mesi per quelli di massa superiore o uguale 3,5 t.
Ancora più obsoleti semirimorchi e rimorchi, rispettivamente con un’anzianità media pari a 10 anni e 10 mesi gli uni, e superiore a 20 anni gli altri.
Leggermente inferiore è l’anzianità media dei trattori stradali, pari a 7 anni e 7 mesi.
Aci e Anfia affermano che molte aziende di trasporto hanno rimandato la sostituzione dei veicoli più vecchi, perchè stretti dalle difficoltà economiche e finanziare.
Uno svecchiamento del parco veicoli potrebbe portare un incremento dei livelli di sicurezza attiva e passiva, grazie ai nuovi dispositivi messi a disposizione dalla tecnologia.
Per rinnovare il parco veicolare, Aci e Anfia parlano di diverse misure che possono agevolarne il rinnovo: incentivi alla rottamazione e all’acquisto di veicoli con migliori prestazioni; disincentivi all’uso di mezzi obsoleti (tasse, premi assicurativi e pedaggi autostradali più elevati; limiti all’accesso nei centri storici); defiscalizzazioni per le aziende che si dotano di flotte più ecologiche; campagne d’informazione e sensibilizzazione sui benefici messi a disposizione dalle innovazioni tecnologiche di settore.
Lo studio cita l’esempio della città di Londra, che dal 2008 prevede un ticket di ingresso nella Low Emission Zone, per quei veicoli che superano i limiti fissati nelle emissioni.
Restrizioni simili sono presenti anche in altre città europee e potrebbero essere utili anche per l’Italia, per disincentivare l’utilizzo di veicoli obsoleti nei centri urbani.
Per quanto riguarda le misure che incentivano l’acquisto di veicoli per il trasporto merci a basso impatto ambientale, viene ricordato il recente Protocollo d’intesa firmato dal Dipartimento Mobilità di Roma Capitale, Agenzia per la Mobilità, ANFIA, Federauto e Unrae, e la Delibera della Giunta capitolina (n. 215 del 18/7/2012), che stanzia la somma di 2.513.300,14 euro, per l’acquisto di veicoli adibiti al trasporto merci, con massa totale a terra fino a 6,5 tonnellate, a basso impatto ambientale (Euro 5 o superiori: elettrici, ibridi, a metano, a Gpl, oppure quelli fino a 3,5 tonnellate diesel).
“Beneficia del contributo – dice lo studio – chi è titolare di un permesso annuale di accesso alle Ztl, esercita attività di trasporto merci, costruzione, riparazione, manutenzione e/o servizi di pulizia, e rottama un autoveicolo con massa totale a terra fino a 6,5 tonnellate alimentato da motore Euro 0, 1, 2 e 3”.
Il secondo punto su cui preme lo studio è lo sviluppo delle reti infrastrutturali e del sistema della logistica.
Viene a tal proposito presentato il cosiddetto Progetto Diciotto: il Programma di sperimentazione, lanciato in Italia da ANFIA nel 2009, di autoarticolati con una lunghezza fino a 18 metri, per la valutazione dei vantaggi in termini di produttività del trasporto durante l’utilizzo del veicolo. Secondo lo studio, il Progetto porta vantaggi nel migliorare l’efficienza nel trasporto e nell’intermodalità.