Vacilla il trattato di Schengen, e con esso la libera circolazione senza controlli doganali di persone e cose all’interno dell’Unione europea: il rischio è quello che venga sospeso per due anni a causa della pressione alle frontiere degli immigrati che spingono per entrare in Europa.
L’incontro dello scorso 25 gennaio di 28 Paesi per istituire un corpo di guardie di frontiera per la gestione dei flussi dei migranti non ha infatti portato a risultati concreti, e ormai sono molti i Paesi che di fatto o di diritto hanno messo in discussione il trattato.
I danni che possono derivare da questa sospensione, oltre che istituzionali, rischiano di essere anche economici per un’Europa che sta attraversando un difficile percorso di ripresa.
Da dati Eurosat, per i Paesi membri, due terzi degli scambi delle merci viene fatta all’interno dell’area Ue: la gran pare delle imprese vendono i loro prodotti principalmente in altri Paesi dell’area e in misura minore in Paesi extra Ue.
Lo scambio merci in Europa ammonterebbe, dalle ultime stime, a 2.839 miliardi di euro all’anno.
La sospensione di Schengen, visto che Germania, Austria, Francia, Danimarca, Svezia e Norvegia hanno alzato muri e riattivato controlli alle frontiere, rischia di minare la stessa stabilità della Comunità europea.