Abbiamo tutti ancora negli occhi le fiamme seguite allo scontro tra un camion cisterna e un altro autoarticolato che lo scorso 6 agosto scatenò il panico sul ramo Casalecchio della Tangenziale di Bologna, causando un morto e quasi un centinaio di feriti.
Nell’immediato post incidente si fece un gran parlare del trasporto dei materiali pericolosi, temi su cui sono tornati recentemente ANITA (associazione nazionale imprese trasporti automobilistici), FAI (federazione autotrasportatori italiani) e FEDIT (federazione italiana trasportatori).
Le tre associazioni, che riuniscono le più grandi imprese che trasportano merci pericolose, chiedono di garantire la sicurezza nel trasporto di questi materiali chiamando a raccolta tutta la filiera.
Il trasporto in ADR (accord dangereuses route) è un settore cruciale per l’economia del Paese con 10.000 addetti impiegati e 6.500 autobotti movimentate e che, stando agli ultimi dati del MIT Conto Nazionale dei Trasporti 2016, rappresenta il 7,2% (65 milioni di tonnellate l’anno) del traffico merci totale in Italia.
Un comparto ad alto rischio che include materie solide e liquide infiammabili, gas, materie corrosive, tossiche, prodotti soggetti a esplosione, radioattivi, infettanti, soggetti ad accensione spontanea o a sprigionamento di gas infiammabili.
Pericolosità che richiedono alle aziende elevati standard di sicurezza, il che si traduce in più costi, al momento sostenuti sempre dalle aziende stesse.
I committenti si rivolgono tuttavia ancora oggi e troppo spesso a chi “gioca al ribasso” con il prezzo e la sicurezza delle strade.
ANITA, FAI e FEDIT chiedono perciò che la rotta venga invertita, e che lo si faccia chiedendo a tutta la filiera di contribuire ad aumentare la sicurezza.
Perché risparmiare sui costi vuol dire spesso risparmiare sulla sicurezza, cosa che non deve più accadere.