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Industria 4.0: cosa c’è da sapere e come realizzarla.
I dati dell’Osservatorio del Politecnico sulla Quarta Rivoluzione Industriale in Italia.


Hardware e Software per il Magazzino

Industria 4.0: cosa c’è da sapere e come realizzarla.

1 Agosto 2016

Premessa
Viene definita Quarta Rivoluzione Industriale lo sviluppo dell’industria grazie all’utilizzo della tecnologia digitale.
Le innovazioni, siano esse utilizzate per l’analisi dei dati che per i processi – con applicazioni che vanno dalla produzione alla logistica fino alla sicurezza – permettono di far lavorare le imprese manifatturiere in modo più intelligente e connesso con le risorse, con più velocità, più flessibilità, insomma più competitività.

È l’opinione dell’Osservatorio Smart Manufacturing, che si avvale di ricerche, analisi, approfondimenti, workshop sul tema, e che anche quest’anno ha pubblicato un’interessante analisi su quella che viene definita la “Industry 4.0 italiana”, attraverso una ricerca su 307 imprese italiane in nove settori del tessuto manifatturiero, che ha permesso di censire circa 600 applicazioni di Smart Manufacturing Technologies in Italia nel 2016.

Le innovazioni digitali per l’industria
In un articolo su Wired, il Responsabile dell’Osservatorio Smart Manufacturing Alessandro Perego,  indica l’Industria 4.0 come la “strada fondamentale per il rilancio dell’industria italiana”.
In tutti i processi industriali (produzione, logistica, manutenzione, qualità e sicurezza) i sistemi intelligenti – come gli smart objects per la tracciatura dei processi o i Big Data per la gestione della qualità, fino all’automazione avanzata nella logistica interna e alle piattaforme cloud dedicate alla collaborazione nei processi esecutivi – si qualificano come innovazioni digitali in grado di portare un nuovo grado di competitività.

Nel report dello scorso anno venivano indicate alcune tecnologie nelle quali le imprese italiane stavano cominciando ad investire.
Queste tecnologie sono l’Internet of Things, la stampa 3D, i Big Data, il Cloud computing,  l’Advanced automation, i dispositivi wearable ed infine l’Advanced Human Machine Interface.
Se l’Internet of Things veniva considerata una tecnologia matura, il Cloud computing e l’Advanced Human Machine Interface venivano considerate le candidate a nuove tecnologie di riferimento.
Le innovazioni si trovavano negli ambiti della Smart Execution e della Smart Integration, mentre, secondo l’analisi, l’Italia era ancora indietro sullo Smart Planning, i processi di Production&Distribution Planning, Inventory Management e Supply Chain event Management.

“Il potenziale appare ancora latente – dichiarava l’Osservatorio – crediamo soprattutto nella gioventù del fenomeno Smart Manufacturing: una volta che le tecnologie smart avranno permeato i processi manifatturieri e i sistemi di condivisione dei dati, l’innovazione delle logiche di pianificazione sarà inevitabile”.
Un anno dopo, il limite alla diffusione dello Smart Manufacturing in Italia consiste, secondo l’Osservatorio, in una scarsa maturità digitale generale delle imprese.

Sistemi standard come CAD, PDM e sistemi di controllo della produzione sono utilizzati dal 70% delle imprese analizzate, mentre meno del 30% utilizza sistemi di gestione più complessi, come Product Lifecycle Management, Manufacturing Execution System e Computerized Maintenance Management System.
Chi ha scelto di adottare tecnologie Smart lo ha fatto per contenere i costi e migliorare il servizio.
Un approccio all’innovazione che l’Osservatorio ha definito “pragmatico”.
L’allarme segnalato quest’anno riguarda la necessità di intervenire per l’ammodernamento delle reti per nuovi sistemi informativi, per incentivi per nuovi macchinari per le Pmi, e incentivi in corsi di formazione.

Proprio le competenze risultano essere carenti: solo il 29% delle grandi imprese e il 13% delle medio-piccole effettua un’analisi delle competenze.
Quando viene eseguita, emergono lacune che richiedono azioni di correzione nel 62% dei casi.
Nel 32% dei casi solo alcune figure possiedono le competenze e solo nel 6% le imprese si riconoscono già pronte.

Chi investe in tecnologie Smart
Oltre un terzo (38%) delle imprese industriali in Italia dichiara di non conoscere il tema Smart Manufacturing / Industria 4.0.
Ci sono però, come sottolinea l’Osservatorio, forti differenze tra settore e settore.
La percentuale scende al 30% nell’ industria automotive, nell’ alimentare e nei macchinari, ma sale al 50% in altri settori.

Le applicazioni più diffuse sono quelle di Industrial, sia a supporto di attività̀ operative come produzione e logistica (20% del campione), sia della gestione della Supply Chain (15%).
Altrettanto buona è l’adozione di soluzioni Cloud ed Industrial IoT in fabbrica (rispettivamente 20% e 16% del campione); tra le tecnologie meno consolidate spicca l’Advanced HMI nelle attività operative (15% del campione) anche se spesso ancora fermo allo stadio di progetto pilota.

Il mercato in Italia e all’estero
I progetti di Smart Manufacturing in Italia nel 2015 valgono circa 1,2 miliardi di euro, di cui l’81% realizzato verso imprese italiane e il resto come export, sostenuti in larga parte da grandi imprese.
Il 66% del mercato è rappresentato da progetti di Industrial Internet of Things, che vale 790 milioni di euro, seguito da Industrial Analytics (23%, 270 milioni di euro) e Cloud Manufacturing (10%, 120 milioni di euro).

“In una fase caratterizzata soprattutto da progetti pilota – spiega l’Osservatorio – il segnale dello stato embrionale è costituito dal fatto che ben il 30% del mercato è distribuito nell’area della System Integration, mentre il 28% copre l’acquisto di hardware (sensoristica, sistemi IT, etc.), il 22% di software (programmi e licenze) e solo il 20% è legato ai servizi”.
Nello scenario internazionale, oltre a una crescita generale per tutte le tecnologie, nell’area dell’IT la crescita più significativa risulta essere nelle applicazioni di Industrial Internet of Things (+46%), che traina anche progetti di Industrial Analytics e Cloud.

 Nell’area delle tecnologie operative conosce un boom l’Advanced Automation che registra un +169% in particolare grazie al forte interesse sui collaborative robot.
Risulta essere molto attivo anche l’Additive Manufacturing, specie in alcune nicchie applicative (aeronautica e difesa, medicale), mentre è ancora in fase di sperimentazione in altri comparti.

Come allinearsi allo scenario internazionale
“Considerando l’innovatività del paradigma, l’immaturità di alcune tecnologie e la complessità di implementazione, oltre alla crisi economica degli ultimi anni, il quadro italiano dello Smart Manufacturing è da leggere in chiave positiva – afferma ancora Perego – ma per accelerare la crescita è necessario innanzitutto uscire dalla fase sperimentale che caratterizza la maggior parte dei progetti, per poi passare all’applicazione diffusa ed estendere i progetti anche a settori oggi meno attivi come l’alimentare, il legno-arredamento, la moda e soprattutto alle imprese medio-piccole, cuore pulsante del tessuto industriale italiano”.

Secondo Marco Taisch, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart Manufacturing, è necessario “definire un programma nazionale di trasformazione digitale dell’industria italiana, sulla falsariga di quelli già promossi da altri Paesi, delineando però una via italiana alla Quarta Rivoluzione Industriale a partire dalle caratteristiche della nostra manifattura.
Oltre a produrre effetti indiretti di sensibilizzazione e marketing della capacità industriale nazionale, il programma dovrà prevedere azioni dirette per la defiscalizzazione di investimenti o altri incentivi alla modernizzazione dei processi, iniziando a coinvolgere in questa trasformazione le medie imprese”.

È importante anche colmare le lacune di competenze digitali nel tessuto produttivo.
Andrea Sianesi, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart Manufacturing, spiega che  “Colmare queste lacune è un elemento fondamentale per il successo dei progetti.
L’opportunità costituita dalla digitalizzazione dell’industria porta con sé anche un rischio di Digital divide tra le imprese che dispongono di competenze specialistiche e le altre, soprattutto piccole realtà, che rischiano di rimanere fuori da questa evoluzione”.





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