L’economia del mare in Italia aggrega un valore pari a 32 miliardi di euro e gestisce il lavoro di quasi mezzo milione di persone.
La sua crescita, tuttavia, è fortemente frenata dalle infrastrutture e dalla logistica italiana, che non riescono a valorizzare ciò che l’eccellenza italiana potrebbe esprimere.
La Federazione del Mare, associazione guidata dal presidente di Confitarma Paolo d’Amico e che riunisce i soggetti della Blue Economy, ha redatto con la collaborazione di Censis un rapporto che studia le dinamiche del comparto marittimo: un contributo al PIL pari a 32,6 miliardi di euro, 471mila lavoratori e una flotta di 17 mln di stazza, terza tra i paesi del G20.
Il rapporto mostra, tuttavia, anche le carenze delle dotazioni infrastrutturali dei porti italiani, costretti a movimentare le merci sfruttando quasi unicamente le strade anzichè le ferrovie, bloccando inevitabilmente lo sviluppo dei nodi logistici.
Proprio per questo motivo uno dei punti fondamentali della riforma della portualità – che il ministro del MIT Graziano Delrio proporrà al Consiglio dei Ministri in forma di decreto – verterà sulla trasformazione dei porti in piattaforme logistiche con maggiore capacità logistica.