Si chiama Progetto 30 ed è un nuovo accordo internazionale su merci e capitali, per contrastare le diseguaglianze che caratterizzano lo sviluppo economico italiano e internazionale.
Una sorta di meccanismo correttivo dunque che dovrebbe riuscire a far collaborare e non competere, lasciando che la concorrenza sia terreno di confronto delle imprese operanti all’interno di un sistema omogeneo.
Un elemento chiave di uno sviluppo equo sta nel mantenere entro limiti contenuti il rendimento del capitale, giacché questo, in un’economia capitalista, è per sua natura più concentrato del lavoro all’interno della collettività e distribuisce il reddito in maniera regressiva.
In Europa aree economiche disomogenee non dovrebbero registrare un libero scambio di merci e servizi tra loro, bensì frapporre meccanismi correttivi al fine di evitare perduranti squilibri commerciali.
In particolar modo barriere tariffarie e quote di importazione dovrebbero essere tali da limitare, entro margini ragionevoli, la dannosa concorrenza sul costo del lavoro e sulla fiscalità.
Queste misure sono finalizzate ad eliminare la iper-concorrenza malsana legata al ‘vantaggio comparato’ derivante da fattori dannosi quali lo sfruttamento dei lavoratori in Paesi con un costo del lavoro non paragonabile a quello dei Paesi di prima industrializzazione, e un regime fiscale di eccessivo favore non sostenibile da parte delle grandi economie.