Dopo un episodio che ha rischiato di far estromettere i porti italiani dai traffici internazionali dei container (l’Agenzia delle dogane di Taranto ha disposto lo sbarco di 4 contenitori originati a Alessandria d’Egitto e diretti a Koper e Rijeka senza dover essere neanche trasbordati a Taranto, per controlli sulle merci – ndr), Assologistica divulga una nota stampa che chiarisce la strada che la politica deve percorrere per lo sviluppo del nostro sistema portuale e logistico.
“Il nostro attivismo – spiega il Presidente di Assologistica Carlo Mearelli – ha reso possibile la riconsegna dei contenitori al vettore marittimo nelle tempistiche previste dalle polizze di carico delle merci, anche se resterà la difformità del sigillo che il cliente finale riscontrerà alla consegna del contenitore.
Ma la nostra prontezza non basta a contenere il danno percepito dal vettore marittimo su merci neanche in transito. Infatti, egli dovrà sostenere i costi non preventivati di handling e di verifica doganale, annullando il beneficio dell’economia di scala.
Da tempo sono sempre più i caricatori che, per evitare il contrattempo scaturito dai controlli sulle merci fatte nei porti italiani, chiedono il transshipment dei propri contenitori in porti non italiani“, dichiara Giancarlo Russo, Vice presidente di Assologistica e Dirigente del Terminal Container di Taranto.
“Stiamo rischiando di farci cancellare dalle economie di scala dei vettori marittimi, con gravissime ripercussioni economiche ed occupazionali sulle nostre attività terminalistiche.
Il transshipment è una voce fondamentale dello sviluppo dei traffico container, da cui si è sviluppato il sistema della portualità mediterranea con un importante effetto occupazionale sui territori specialmente del Sud Italia.
Anche solo pochi episodi ancora come questi e saremo estromessi dalla regia terminalistica mediterranea, a vantaggio dei porti spagnoli, francesi, greci e balcanici, oltre che a quelli nordafricani.
I controlli ben vengano, ma che non siano uno strumento di distorsione della concorrenza tra porti, oltretutto nella medesima Comunità Europea!”
“Nel nostro paese il confine tra controlli a sostegno allo sviluppo regolare delle attività commerciali e controlli che soffocano le iniziative è labile, a differenza degli altri paesi europei da cui entra ed esce molta parte delle merci italiane.
Non è possibile parlare di sviluppo internazionale dei traffici commerciali nei porti italiani, chiedere stringenti investimenti privati e piani industriali e contemporaneamente consentire interpretazioni locali così rigide dei controlli.
La mancanza di politiche europee di coordinamento effettivo e di uguali regole dei controlli doganali tra tutti i paesi EU/28, non può essere supplito con un esercizio locale che appare agli utenti dei nostri porti imprevedibile e vessatorio.
L’unico risultato di questo procedere sarà di far aumentare le merci I/E italiane nei porti non italiani e i loro costi relativi di trasporto e di incentivare disinvestimenti e disoccupazione sui nostri territori”.