Premessa
Nel 2012 il peso fiscale che si è abbattuto sugli imprenditori italiani per l’Imu sugli immobili produttivi è stato di ben 9,3 miliardi di euro: il 39,1% dei 23,7 miliardi complessivi di gettito Imu.
Confartigianato ha fatto i calcoli e ha prodotto una previsione tutt’altro che rosea per quest’anno.
Con l’aumento automatico da 60 a 65 del moltiplicatore da applicare alle rendite catastali per gli immobili produttivi il peso dell’Imu è aumentato dell’8,3%.
Nel decreto sull’Imu approvato dal Governo non è stata prevista la deducibilità dell’imposta dal reddito d’impresa, con conseguenze dirette non solo sulla tassa in sé, ma anche sul costo del trasporto (Decreto Imu il peso sulla logistica).
Se le misure stabilite dal decreto non dovessero coprire la richiesta finanziaria necessaria, si passerà all’aumento delle accise sul carburante, che i veicoli di massa complessiva inferiore a 7,5 tonnellate non possono recuperare.
Alla spesa per l’Imu si aggiunge quella per i rifiuti: con la Tares l’aumento è del 17,6% rispetto agli attuali tributi di Tarsu e Tia.
Senza contare che in un anno, da marzo 2012 a marzo 2013 le tasse sui rifiuti sono aumentate del 4,9%.
La prossima tappa dell’iter parlamentare riguarda la Legge di Stabilità: le categorie interessate intanto fanno sentire la propria voce, per evitare che il mondo produttivo venga danneggiato.
Secondo i calcoli effettuati da Confartigianato, nel passaggio da Ici a Imu, il prelievo fiscale generato è stato di 14,5 miliardi di euro, con un peso maggiore sugli imprenditori.
L’aliquota media nazionale, dipendendo dalle misure prese dai singoli Comuni, a fronte di un valore base del 7,6 per mille, per gli immobili produttivi è del 9,4 per mille.
Solo l’1,6% dei Comuni, infatti, ha ridotto l’aliquota; il 47,9% l’ha mantenuta al 7,6 per mille, mentre il 50,6% dei Comuni italiani l’ha aumentata.
La Cgia di Mestre ha calcolato su quali categorie l’imposta abbia pesato di più nel 2012.
E’ emerso che la categoria più colpita è stata quella delle imprese: gli albergatori hanno versato in media 11.500 euro all’anno; le strutture della grande distribuzione 7.300 euro; le industrie quasi 5.800 euro.
L’aumento medio per le imprese è stato del 154%.
Secondo la Cgia di Mestre potrebbe anche profilarsi il pericolo di un aumento dell’aliquota da parte dei Comuni che, come abbiamo visto, incide notevolmente sulla media nazionale del peso fiscale.
“Dato che il gettito della prima casa finisce interamente nelle casse dei Comuni – ha spiegato Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia di Mestre – c’è il pericolo che il mancato gettito venga compensato con misure che finiscono nelle casse comunali con notevole ritardo.
Pertanto, c’è il pericolo che molti Sindaci si affrettino ad aumentare le aliquote sui beni strumentali per ovviare, almeno in parte, a questa mancanza di liquidità”.
Preoccupazioni che erano emerse anche da parte di Carlo Sangalli, Presidente di Confcommercio Imprese per L’Italia, e dal Presidente di Confindustria Giorgio Squinzi.
“L’Imu sui beni di produzione e sui capannoni – aveva dichiarato Squinzi – dev’essere ripensata.
Non deve gravare come un balzello sulle spalle dei produttori in difficoltà“.
La Cgia di Mestre ha denunciato anche i rincari derivanti dalla Tares, l’imposta che quest’anno va a sostituirsi a Tarsu e Tia e che rischia di pesare sugli imprenditori, rispetto al 2012, con rincari molto pesanti.
Su un capannone di 1.200 mq l’aggravio sarà di 1.133 euro, il 22,7% in più e l’asporto dei rifiuti costerà 98 euro in più (un rincaro del 19,7%).
“Questa situazione – ha dichiarato Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia di Mestre – rasenta il paradosso.
Con la crisi economica e il conseguente calo dei consumi, le famiglie e le imprese hanno prodotto meno rifiuti.
Con meno rifiuti e con una spesa per lo smaltimento più contenuta tutti dovrebbero pagare meno.
Invece con la Tares subiremo un ulteriore aggravio della tassazione”.
La Tares, secondo la Cgia di Mestre, dovrebbe coprire interamente il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, ma non si è tenuto conto del fatto che alcune amministrazioni comunali esternalizzano il servizio di smaltimento dei rifiuti a società collegate.
La stima di circa 0,9 miliardi di euro derivante dallo scostamento tra il gettito derivante da Tarsu/Tia e il costo del servizio di raccolta e smaltimento, contenuta nell’analisi dei bilanci dei Comuni italiani dell’anno 2012, potrebbe essere sottostimata.
In attesa della Legge di stabilità
Il sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta, ha assicurato che la deducibilità per i beni strumentali delle imprese “sarà inclusa alla Legge di Stabilità“, affermando che “non salta un anno, riguarderà infatti l’anno di imposta 2013 e quindi sarà scaricata sulla dichiarazione del 2014“.
Il sottosegretario dice anche che “abbiamo tempo fino al 31 dicembre”.
Deve, però, essere trovata la copertura finanziaria per poter inserire la deducibilità nella Legge di Stabilità.
La copertura finanziaria per far fronte a diverse emergenze, tra cui quella della deducibilità per le imprese (per cui servirebbero 1,5 miliardi di euro) e dell’alleggerimento della Service Tax (2 miliardi di euro) in vista della Legge di Stabilità, è pari a un totale di 10 miliardi di euro.
Coperture che, nei confronti dei nostri obblighi verso l’Europa (per mantenere un rapporto deficit-pil sotto al 3%), devono essere certe.
Per poter rendere deducibile per le imprese l’imposizione per i beni strumentali, servirebbero quindi circa 1 miliardo di euro.
Con la Legge di Stabilità si dovrebbe trovare una copertura finanziaria di 2 miliardi di euro per rendere la Service Tax più leggera della somma di Imu e Tares, pari a 5 miliardi di euro.
Dopo le dichiarazioni di Andrea Bolla, vicepresidente nazionale di Confindustria con delega al fisco, che ha affermato: “Lascia esterrefatti assistere alla smentita di tutte le dichiarazioni precedenti che sottolineavano l’esigenza di non penalizzare chi produce”, sono seguito le dichiarazioni di Flavio Lorenzin, presidente di Apindustria Vicenza, del presidente di Confindustria Vicenza Giuseppe Zigliotto e del presidente di Confindustria Padova Massimo Pavin.
“Siamo stati presi in giro dalla politica – ha detto Lorenzin – Il capannone sta all’impresa manifatturiera come l’abitazione principale al cittadino, con l’aggravio che nel primo caso non si è in presenza di un bene patrimonio, ma di uno strumento di lavoro per produrre reddito“.
“Ci aspettavamo maggiore capacità d’azione, invece l’impresa è continuamente colpita“, ha dichiarato Zigliotto, seguito da Pavin: “Com’è possibile ritrovare un sentiero di crescita robusta se alla prova dei fatti il sistema produttivo è trattato alla stregua di Cenerentola di ogni decisione di politica economica e fiscale, serbatoio a cui attingere indefinitamente per la copertura di questo o quel buco?
Chiediamo al governo di tornare sui suoi passi e di ripristinare nella Legge di Stabilità la deducibilità dell’Imu, peraltro già ridotta dal 100% al 50%”.
Bortolussi della Cgia di Mestre dà per scontata la deducibilità al 50%: “Senza questa misura – dice – le imprese subirebbero un salasso, nonostante sia il caso di non dimenticare che l’importo di una tassa come la Tares vale dalle due alle tre volte l’Imu“.