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Il nuovo atlante aeroportuale.
Il piano-aeroporti del Ministro Passera elaborato insieme all'Enac: scali dimezzati e più infrastrutture.


Trasporti Nazionali e Internazionali

Il nuovo atlante aeroportuale.

7 Settembre 2012

Premessa


Il futuro del sistema aeroportuale italiano riparte da Passera e da un nuovo piano che ridisegna la mappa dei nostri aeroporti facendo sostanzialmente largo ad una concentrazione degli scali per non disperdere risorse e far crescere davvero un sistema che oggi appare scoordinato, cresciuto sulla spinta di logiche campanilistiche.

Sono sessanta i milioni di euro che si accollano i contribuenti italiani a causa delle perdite che tanti aeroporti italiani accusano da tempo.

Come avevamo già accennato qui
, dei 48 aeroporti presenti nel Paese, quasi la metà chiude da anni in profondo rosso i propri bilanci.
E così ecco che il nuovo piano definisce strategici 32 aeroporti su 48, i rimanenti vengono declassati ad aeroporti di interesse strettamente locale da dare in gestione agli enti locali.

Tra quelli strategici Cuneo, Viterbo che oltre ad essere a 50 km da Roma necessita di un miliardo e mezzo di investimenti per realizzarlo, Pescara dove oggi atterrano 10 aerei al giorno, Montichiari, che dista 60 km da Bergamo e 40 da Verona e che dovrebbe avere una prevalenza di scalo merci, Treviso, che dista 30 km da quello di Venezia, a sua volta definito aeroporto intercontinentale e chiave per l’oriente, Ancona che ha nove voli giornalieri ed altrettanti intersettimanali, Perugia con tre voli giornalieri ed un certo numero intersettimanali.

Lo scorso anno a Perugia hanno fatto scalo 175. 000 persone, 480 al giorno.

La mappa in dettaglio

Definiti non strategici e da declassare nella gestione tutta a carico degli enti locali troviamo ad esempio Albenga, in realtà chiuso da tempo, Aosta, chiuso da due anni di proprietà della regione Valle d’Aosta che ha a sua volta 24 contenziosi legali con la società di gestione e in perenne ristrutturazione, Siena, Fano, in realtà poco più di un aeroclub, Foggia, che è rimasto chiuso alcuni mesi all’inizio dell’anno per il ritiro della compagnia low cost che faceva servizio.

La distinzione tra aeroporti strategici e non non si basa sulla proprietà.
Tutti gli aeroporti italiani sono di proprietà degli enti locali. Lo è stata fin qui Malpensa, lo sono Bergamo, Verona, Bolzano, Olbia, Perugia, e via dicendo.

Sull’asse della autostrada Torino-Trieste, su poco più di 500 km continueranno ad insistere 9 aeroporti, uno ogni 56 km.

I passeggeri per quest’anno dovrebbero essere circa 48 milioni, con Malpensa e Venezia che insieme ne fanno 29.

Ma andiamo con ordine: il grosso del traffico internazionale e intercontinentale passerà dall’hub romano a ridosso del Tirreno, con Adr che ha già predisposto il suo master plan da qui al 2030, mentre Ciampino si trasformerà in city airport, pronto ad accogliere solo traffico nazionale.

Il vero nodo da sciogliere però resta Viterbo.
Sulla carta servono come minimo 1,7 miliardi al netto di pesanti interventi da oltre 250 milioni a carico di Rfi (Ferrovie) sulla rete che collega oggi Viterbo alla Capitale.

All’appello mancano, tra l’altro, il 90% dei finanziamenti (pari a 737 milioni) di competenza Anas finanziati dalla Regione Lazio e dal Cipe.

Buio anche sul 98% dei 303 milioni necessari per il potenziamento e il raddoppio delle corsie sulla statale Cassia.

Come appendice del “complesso del Centro Italia” appaiono pure gli scali di servizio di Ancona (destinato al cargo) e quelli di Perugia e Pescara.

Malpensa si rafforzerà nel suo ruolo di gate intercontinentale e multivettore.
In ballo ci sono in totale poco meno di 7 miliardi in opere infrastrutturali.
Orio al Serio punterà sempre più sul traffico low cost internazionale.

Per Linate è stato invece disegnato un futuro strategico da city airport, al pari di Ciampino, e di snodo privilegiato dalla clientela business diretta in Europa.

Il destino di Brescia è invece sempre più legato al traffico cargo; nel lungo periodo potrebbe diventare nuova valvola di sfogo dell’area lombarda se il traffico passeggeri crescerà oltre le aspettative.

Torino e Genova saranno considerati scali strategici che manterranno collegamenti importanti nazionali e internazionali, mentre per la struttura di Cuneo il Piano nazionale parla come di uno scalo riservato “alle compagnie low cost e potenziale scalo cargo”.
Aosta punterà su una tipologia di passeggeri nazionali e sul “turismo locale”.

Venezia, Treviso e Trieste sono l’ossatura del Nord Est (secondo il piano “la porta di accesso privilegiata” all’Europa Orientale).
Venezia viene definito “nodo intermodale strategico e gate intercontinentale”.

Per Treviso il futuro avrà sempre più i colori delle compagnie a basso costo, e Trieste sarà uno “scalo di frontiera” che servirà il bacino di utenti di Slovenia e Croazia.
Integrano il Nord Est Verona (voli charter) e Bolzano (turismo locale).

Bologna sarà invece lo scalo strategico del Centro Nord con il sussidio di Pisa (low cost) e Firenze (business).
Parma è considerata in prospettiva come struttura di riserva per Lombardia e Emilia; Forlì si specializzerà in “polo tecnologico aeronautico” mentre Rimini manterrà la sua vocazione di traffico turistico e charter.

Sud e Isole

Per lo scalo napoletano, confermato per il momento “strategico“, il futuro passa da una maggiore integrazione con Salerno.

Questo, in attesa della realizzazione del nuovo scalo di Grazzanise su cui ricadrà in futuro tutto il peso dei voli che oggi gravitano su Napoli.

Buona parte del traffico campano sarà dirottato verso la nuova struttura mentre per Salerno si prospetta un futuro fatto di traffico prettamente low cost e cargo.

Gli aeroporti di Bari, Brindisi, Taranto e Foggia costituiranno il “polo dell’area Meridionale adriatica“, con il capoluogo regionale a fare la parte del leone (Bari, infatti, è considerato dal piano uno “scalo strategico”).

L’aeroporto di Brindisi sarà dedicato prevalentemente al traffico low cost che arriva dall’Europa.
Taranto, invece, fungerà da scalo di servizio cargo mentre quello di Foggia sarà limitato al traffico turistico locale.

In Calabria Lamezia Terme rappresenta l’aerostazione strategica con voli internazionali a basso costo e il cargo.
Sono considerati di “interesse locale”, invece, Crotone e Reggio Calabria.

Per Sicilia e Sardegna il nuovo Piano presenta diverse opportunità e disegna un futuro fatto di stretti rapporti commerciali con il Nord Africa.

Catania-Comiso e Palermo-Trapani costituiscono i due poli principali siciliani con Catania scalo strategico orientale e Palermo sul fronte occidentale.
 A Trapani sarà indirizzato il traffico low cost.

In Sardegna Cagliari assume il ruolo di aerostazione strategica, supportata dagli scali primari di Olbia (con “traffico turistico e business di alto profilo”) e Alghero (low cost).

Segnali di disagio anche all’estero

Come si capisce l’intreccio che caratterizza il nostro sistema aeroportuale è forte e dominato da imponenti interessi locali, il piano Passera ambirebbe a sciogliere buona parte di questo intreccio con una certa razionalità.

Oltre al costo della gestione e manutenzione ordinaria e straordinaria degli impianti, infatti, per giustificare la loro esistenza gli aeroporti devono spesso incentivare i vettori per attrarre nuovo traffico ed attivare linee aeree altrimenti in perdita per l’assenza di un livello di domanda sufficiente.

L’insieme di questi costi produce perdite nei bilanci degli aeroporti periferici, coperte dall’apporto di denaro pubblico da parte degli Enti locali proprietari degli scali.

Guardando in generale alla situazione del trasporto aereo italiano e non, al traffico passeggeri e alle vicende di alcune compagnie si nota di fatto una grande fragilità, una grande insicurezza che va certamente colmata e restaurata.

Lo sciopero delle hostess della Lufthansa, per esempio, ha riportato i tedeschi con i piedi per terra.

Da 13 mesi i 20mila assistenti di volo (su 118mila dipendenti del gruppo) reclamano aumenti salariali del 5 per cento.

E se da un lato la conflittualità sindacale alla Lufthansa si svolge entro le regole, rispettando il preavviso per gli scioperi, dall’altra è l’indice di una vulnerabilità del modello economico e sociale tedesco che, in qualche misura, rischia di essere vittima del proprio successo e delle contraddizioni dell’area dell’euro.

Diversi segnali mostrano che la Germania non può pensare di andare avanti da sola ignorando la crisi che colpisce soprattutto i Paesi meridionali di Eurolandia.

Guardando a noi e alle nostre compagnie, la situazione non appare migliore. Si guardi al caso WindJet Alitalia, e a quella ennesima fragilità che riguarda le compagnie low cost messe anch’esse in ginocchio sia dalla crisi, sia dall’aumento del costo del carburante.





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