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Stampanti mobile: l'innovazione logistica? Questione di strategia, non di settore.
Quale lo stato dell'arte di stampanti mobile e RFID? Lo abbiamo chiesto a Luca Dell'Orto, territory manager di Zebra Technologies.


Hardware e Software per il Magazzino

L’innovazione logistica? Questione di strategia, non di settore.

25 Luglio 2011


Premessa


Zebra Technologies Corporation fornisce un vasto vasto assortimento di soluzioni tecnologiche innovative per identificare, tracciare e gestire l’utilizzo di risorse fondamentali per migliorare l’efficienza del business.

In particolare, Zebra progetta, produce e commercializza dispositivi per la stampa on demand sul luogo di distribuzione di diverse informazioni sul prodotto: utilizzati da aziende produttive, commerciali e logistiche, oltre che dalle amministrazioni pubbliche, trovano applicazione nell’identificazione automatica, nella raccolta dati e nell’identificazione personale, con significativi incrementi in termini di produttività e sicurezza.


Considerata anche la sua lunga esperienza nel settore hi-tech per la logistica, abbiamo intervistato Luca Dell’Orto, territory manager di Zebra Italia, per scoprire quale sia stata l’evoluzione del mercato della stampa on demand negli ultimi 10 anni e quali si prevede che siano le tendenze nel prossimo futuro, sollecitandolo in particolare sulle ultime tendenze del settore food.

Per scoprire, insieme a molte altre cose, che la propensione all’innovazione non è una questione di settore, ma di strategia, e che il mercato oggi èsempre più orientato verso la richiesta di soluzioni personalizzate.

Conversazione con Luca Dell’Orto


Se non vado errato, lei opera nel settore dell’hi-tech per la logistica da almeno 10 anni: in generale, quanto e come sono cambiate le esigenze del mercato, e quali soluzioni vengono richieste oggi?

Sì, in effetti 10 anni nell’ambito tecnologico sono molti, e nel frattempo sono stati compiuti passi da gigante: pensando solo ai terminali, ad esempio, 10 anni fa erano molto più grossi e ingombranti, mentre oggi abbiamo tutte le funzionalità racchiuse nelle dimensioni e nel peso di un telefonino.

Le soluzioni che maggiormente sono richieste oggi riguardano la mobility: nel caso della stampa, la possibilità di stampare dove effettivamente c’è l’esigenza, e questo sia a livello indoor (ambiente logistico e produttivo) che outdoor (delivery, produzioni agroalimentari).

Con l’avvento delle tecnologie WI FI, la possibilità di essere always connected ha portato il vantaggio di poter usufruire di soluzioni di stampa localizzate in tempo reale, e questo porta vantaggi sia di costo sia di processo.

Senza contare poi che la stampa non è un atto concluso e isolato in quanto tale, ma tramite il terminale posso aggiornare il gestionale o il WMS in tempo reale.
Certo, è così. Dico sempre che la stampante produce quella che è la carta di identità del prodotto o del servizio: nel caso del delivery, ad esempio, si emette una ricevuta o una fattura, e si aggiorna il sistema in tempo reale.

Questo mi permette di trovare delle scorciatoie operative che a livello di produttività ed efficienza portano all’industria, qualunque essa sia, notevoli vantaggi.

Sappiamo che tutti i settori hanno le proprie peculiarità: in base alla sua esperienza, quale settore è maggiormente propenso all’innovazione e all’ottimizzazione dei processi?
In Zebra non abbiamo riscontrato differenze fra settori a maggiore o minore recettività: si può affermare che ciclicamente c’è l’azienda che è più innovativa e investe nel miglioramento dei processi, identificando le tecnologie che meglio potrebbero fornire supporto, dando così l’avvio a un trend nel proprio mercato verticale.

In questi tempi, ad esempio, stiamo avendo un grosso successo nel settore sanitario con le tecnologie per l’identificazione dei pazienti, con l’obiettivo di offrire maggiore tutela al paziente stesso.

In sostanza mi sta dicendo che la propensione all’innovazione non dipende tanto da caratteristiche insite in un particolare settore quanto piuttosto da un fattore congiunturale.
Sì: c’è un discorso legato all’identificazione di opportunità di miglioramento, che aziende maggiormente attive in ricerca e sviluppo riescono a cogliere prima delle altre, ricoprendo così il ruolo di ‘opinion leader’.

Nel settore agroalimentare, quali sono le esigenze specifiche e le performance richieste, e quali sono le soluzioni che Zebra propone?
In questo settore stiamo avendo una buona richiesta di soluzioni di stampa in linea automatiche a supporto della produttività: questo sia a livello propriamente produttivo, ovvero etichettatura automatica, sia a livello di etichettatura sul punto di raccolta.

Zebra può fornire stampanti da implementare in sistemi print apply, quindi con performance molto elevate, mentre per quanto riguarda la stampa sul campo di raccolta può fornire stampanti portatili a trasferimento termico, cioè che permettono di lavorare anche in ambienti umidi o con altre particolari criticità.

Devo dire che le soluzioni di stampa portatili e quelle da utilizzare direttamente sul campo di raccolta sono piuttosto innovative, e stiamo implementando le prime soluzioni con la collaborazione dei nostri partner; l’etichettatura automatica invece è ormai una soluzione matura che continua ad essere molto richiesta nel settore agroalimentare.

Stiamo parlando di condizioni di stampa difficili: cosa mi può dire sui magazzini a temperatura controllata?
Per ambienti della logistica del freddo, esistono alcune soluzioni customizzate che permettono di mantenere riscaldata la stampante; in particolare abbiamo delle linee di prodotto per l’etichettatura in ambienti molto freddi, o per semilavorati che entrano ed escono dalle celle frigorifere, per i quali la criticità è che l’etichetta non si stacchi e non subisca variazioni al variare della temperatura.
Questo però è un fattore legato ai consumabili piuttosto che al processo di stampa in sé.

La filiera agroalimentare, se paragonata ad esempio a quella dei prodotti hi-tech, oppure ai capi di abbigliamento, non è affatto complessa: è costosa. Dal suo punto di vista, cosa si potrebbe fare concretamente per ridurre i costi?
Questa sarebbe una domanda più adatta a un economista… Però secondo me si tratta ancora una volta di processi: in base alla nostra esperienza, vediamo che la tendenza dei produttori è di raggiungere il punto vendita limitando il più possibile i passaggi intermedi.

Dal nostro punto di vista, questo produce business legato alla possibilità di evere clienti che usufruiscono di soluzioni di delivery diverse, con progetti nuovi.

In generale, tornando alla domanda, la bellezza dell’Italia è che ha tante piccole aziende e tante tipicità, cosa che a volte però rende problematico investire in una direzione concorde per avere un unico processo.

Però, in questo contesto, le scorciatoie operative di cui mi ha parlato prima possono essere molto utili.
Sì, soprattutto quando, oltre alla fase di stampa, riusciamo a coinvolgere i nostri partner nella fornitura di un sistema integrato che comprenda stampa, hardware e software: in tal caso i vantaggi sono importanti.

Parliamo ora di RFID. La mia esperienza nel settore logistico è più breve della sua, ma ho comunque fatto in tempo a notare alcune tendenze: in un primo momento sembrava che l’RFID fosse una sorta di panacea logistica, poi c’è stato un cambio di rotta, poi, con la liberalizzazione delle frequenze, un entusiasmo di nuovo crescente… però ad oggi vedo che un utilizzo così massivo come era nelle previsioni ancora non c’è.
In merito a questo argomento ho un’opinione personale, che comunque condivido con alcuni colleghi dell’autoidentificazione: secondo me tutti i produttori di tecnologia RFID hanno soluzioni mature, perché ormai, come ha detto lei riferendosi anche alla liberalizzazione delle frequenze, possiamo affermare che non si tratti di un problema di prodotto o di standard operativi.

Il problema secondo me è stato nel voler implementare una tecnologia considerandola fine a sé stessa, invece di analizzare come una tecnologia così importante potesse essere integrata in processi nei quali vengono applicate soluzioni di identificazione già esistenti.

Insomma, la tecnologia c’è: il fatto che oggi si continui a parlare di progetti pilota – e di non molte applicazioni, che comunque ci sono – credo sia perché, invece di utilizzare una tecnologia per rendere ancora più performante un processo, si utilizza una tecnologia pensando che da sola possa migliorare il processo stesso.

In sostanza è stato confuso il fine con il mezzo.
Sì, direi proprio così: spesso e volentieri l’RFID, che è una tecnologia ad altissimo potenziale, non viene sfruttata appieno.

Estremizzando un concetto, e utilizzando un’immagine forte come esempio: quanto dovremo aspettare secondo lei prima di andare a fare la spesa in un ipermercato, e anziché depositare i nostri acquisti sul nastro di una cassa, far passare direttamente il carrello attraverso un varco RFID?
Penso che se avessi la risposta sarei il nuovo guru dell’autoidentificazione…
A parte gli scherzi, in questo caso occorre ovviamente considerare il valore aggiunto dei prodotti, che sono molto diversi l’uno dall’altro: benché oggi le etichette RFID siano ancora calate in termini di costo, per certi prodotti non sono ancora ritenute convenienti dai potenziali utilizzatori.

Resta comunque quanto abbiamo appena detto: in tema di identificazione, occorre lavorare nel senso della coesistenza di più tecnologie, così come il processo stesso richiede.

Un tempo l’RFID era un grosso obiettivo tecnologico, oggi invece le aziende stanno provando a toccare con mano una tecnologia implementandola nei processi: per cui non so dirle quando potremo avere un carrello della spesa da far passare sotto a un varco RFID, ma posso affermare con certezza che questa tecnologia entrerà sempre più a far parte della nostra quotidianità.

Chiudo con una domanda classica: l’outsourcing in Italia è ancora poco diffuso rispetto al resto d’Europa. Cambieranno le cose secondo lei? E quali soluzioni proponete per le aziende che intendano condividere i propri dati lungo la supply chain?
Anche qui, in base alla mia esperienza, saranno le aziende ‘opinion leader’ a indicare la strada: una volta implementata un’innovazione reale, ci saranno aziende pronte a carpire i vantaggi di tale innovazione, cercando di replicarla nei propri processi.

…’opinion leader’ nel bene ma in certi casi anche nel male direi…
Sì ha ragione, comunque c’è sempre un soggetto che apre la strada: e quando ciò avviene per più volte, a torto o a ragione gli altri tendono a seguirlo.

Comunque oggi, guardando in generale all’azienda Italia, vediamo che, in base alla nostra esperienza, c’è un interesse e una tendenza maggiore all’innovazione: sempre di più i clienti ci chiamano per esporci esigenze specifiche, e questa secondo me è la giusta strada per trovare soluzioni in grado di portare competitività al nostro mercato.

In sostanza avete rilevato un ruolo proattivo nei clienti: credo che sia molto stimolante.
Sì, indubbiamente. Il cliente arriva sempre più frequentemente con un bagaglio di esperienza che si è costituito grazie ai mezzi di informazione e grazie a internet, chiedendoci poi, alla luce di questo, soluzioni dedicate.

In questo ovviamente ci sono i pro e i contro, ma potendo contare su una batteria di partner che propongono soluzioni interessantissime, riusciamo a fornire una risposta valida alle richieste più svariate.





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