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Il controllo del codice identificativo comunitario
Di norma l'azienda che inizia un rapporto commerciale con un cessionario intracomunitario chiede che lo stesso confermi, in forma scritta, il proprio codice identificativo comunitario, chiamato impropriamente partita iva.


Consulenza e Formazione

Il controllo del codice identificativo comunitario

13 Dicembre 2010

L’articolo 41 delle legge 427/93 recita: «Costituiscono cessioni non imponibili le cessioni a titolo oneroso di beni trasportati o spediti nel territorio di altro stato membro, dal cedente o dall’acquirente, o da terzi per loro conto, nei confronti di cessionari soggetti di imposta».
Ed è appunto questo ultimo requisito che sta turbando, non poco, i nostri operatori.
Di norma l’azienda che inizia un rapporto commerciale con un cessionario intracomunitario chiede che lo stesso confermi, in forma scritta, il proprio codice identificativo comunitario, chiamato impropriamente partita iva.
Ottenuto il codice risulta indispensabile eseguire un controllo sulla validità dello stesso; può infatti accadere che non risulti attivo o che sia stato assegnato ad altro soggetto.
Per evitare rischi è quindi opportuno anzi indispensabile eseguire la verifica dello stesso con specifica richiesta scritta all’Agenzia delle Entrate che, giusto quando disposto dal D.M. 28.01.93, può ottenere la conferma sia della validità sia del giusto abbinamento al codice.
Va però ricordato che pur ottenendo detta conferma i nostri operatori non possono considerarsi assolutamente tranquilli per tutte le spedizioni da effettuare dopo il controllo.
Il cessionario, infatti, all’insaputa del cedente potrebbe in qualsiasi momento cancellare la sua posizione di operatore intracomunitario con la conseguenza che il cedente non possa più beneficiare della non imponibilità dell’imposta.

I metodi di controllo fra difficoltà e…creatività

Considerate le numerosissime richieste di conferma presentate all’Agenzia delle Entrate, alcuni uffici hanno segnalato che, in alternativa, si poteva interrogare il sito internet dell’Agenzia delle Dogane dimenticando due fattori decisamente importanti: il primo relativo all’impossibilità di verificare se il codice sia stato realmente assegnato al cliente, il secondo perché, come già evidenziato in un articolo pubblicato sul Sole 24 Ore firma dello scrivente, i dati contenuti in internet risultano inaffidabili e in ogni modo l’interrogazione non può considerarsi valida ai fini della possibilità di fatturare senza l’iva.
I nostri operatori sono stati costretti perciò ad attivare la solita fantasia italica e sono venuti nella determinazione, pur conoscendo le eventuali conseguenze, di procedere come segue.
All’inizio del rapporto viene eseguito il controllo sistematico con la collaborazione dell’Agenzia delle Entrate; successivamente ed almeno entro la fine dell’anno viene eseguita la verifica sul sito dell’Agenzia delle Dogane.
Se la data di inizio attività risulta essere la stessa indicata nella risposta del Pubblico Ufficio c’è un’alta possibilità che nessuna variazione sia intervenuta.
In caso contrario viene contattato il cliente per chiedere informazioni sul codice a suo tempo segnalato per aver così la possibilità di eseguire spontaneamente le eventuali rettifiche dei modelli intrastat presentati.

Controllo gratuito o a pagamento?

Alcuni anni fa, operatori residenti in varie province avevano segnalato che alcune Agenzie delle Entrate chiedevano la bollatura della domanda e della risposta, per questo motivo era stato sensibilizzato l’Ufficio Centrale che con Circolare n.85 del 15.04.99 aveva chiarito che la bollatura non era dovuta.
Purtroppo recentemente alcuni uffici, facendo riferimento ad una tabella interna, hanno chiesto il pagamento di circa 5 euro per ogni singola interrogazione con rilascio della prevista attestazione con la causale: diritti amministrativi.
E’ quindi doveroso manifestare alcune perplessità su questa decisione.
Risulta infatti strano che un operatore debba sostenere una spesa così elevata per ottenere una conferma di un dato detenuto «in regime di monopolio» dall’Amministrazione, dato indispensabile per fatturare senza l’imposta.
In più non risulta corretto che un soggetto residente in una determinata città venga trattato diversamente da altri.
Per fortuna, infatti, molti Uffici forniscono la presentazione gratuita mentre altri richiedono compensi differenti.
Tanti regni in una sola nazione.

Considerato che la Comunità ha più volte impedito che qualsiasi soggetto possa verificare i codici e gli indirizzi di tutti gli operatori comunitari, riteniamo che l’unica soluzione possa essere quella di inserire in internet ciò che già è inserito nel sistema informatizzato della Pubblica Amministrazione, con la sola impossibilità di accedere al nominativo.
E’ certo però che almeno la prima verifica dovrebbe essere comunque eseguita tramite l’Agenzia delle Entrate, che dovrebbe offrire il servizio gratuito in tutte le sedi.





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