L’importazione dalla Cina di prodotti tessili-abbigliamento anima sempre più i timori e le precauzioni degli Stati europei, soprattutto di Italia, Francia e Portogallo.
Lo dimostra il fatto che il 9 marzo 2005 Euratex ha chiesto formalmente alla Commissione e agli Stati membri di applicare la clausola di salvaguardia speciale per il tessile a 12 categorie di prodotti (che includono pullover, pantaloni, giacche, calzettoni, ecc…) importati dalla Cina.
Euratex, European Apparel and Textile Organisation, è l’organismo di rappresentanza della filiera del tessile-abbigliamento europeo, che raggruppa 50 associazioni di categoria provenienti dai 25 paesi facenti parte dell’UE.
L’associazione, che ha sede a Bruxelles, si fa carico di promuovere gli interessi degli associati a livello sia nazionale sia internazionale, interloquendo con gli organismi istituzionali dell’Unione Europea su temi che riguardano principalmente la politica industriale e commerciale, la ricerca e l’innovazione, le politiche sociali e il rispetto dell’ambiente.
Tutte le azioni coordinate da Euratex hanno, inoltre, l’obiettivo di promuovere e favorire un processo di integrazione mondiale all’insegna di una competitività leale tra tutti i paesi che fanno parte del WTO (World Trade Organisation).
Euratex ha reso noto che la Commissione Europea non ha ancora pubblicato le linee guida per attivare le messe in salvaguardia speciali verso gli articoli tessili provenienti dalla Cina. Cosa gravissima se si considera che l’industria tessile-abbigliamento italiana costituisce, da sola, circa un terzo di quella europea e risulta, quindi, essere tra le più colpite dall’eccesso di offerta della Repubblica Popolare e dall’euro forte compromettendo le esportazioni a favore delle importazioni.
In base al protocollo di adesione della Cina al Wto , art. 241, l’Europa può adottare provvedimenti di salvaguardia, per limitare la crescita delle esportazioni cinesi, qualora la destabilizzazione del mercato rischi di impedire l’ordinato sviluppo del commercio.
Per le 12 categorie di prodotti la combinazione di volumi e di prezzi dimostra, senza ombra di dubbio, l’esistenza di pratiche commerciali inaccettabili.
Euratex, per questo motivo, ha chiesto che Bruxelles intervenisse sulla base delle condizioni stabilite nell’accordo per l’ingresso della Cina nella Wto (2001), secondo cui gli Stati possono chiedere clausole di protezione contro il tessile cinese e limitare il totale delle importazioni del 7,5% sull’anno precedente.
Una possibile soluzione al problema potrebbe essere l’applicazione di un dazio antidumping provvisorio sulle importazioni dalla Cina di tessuti che contengano almeno l’85% di poliestere. Se approvata, la normativa diverrebbe immediatamente operativa e verrebbero applicati dazi oscillanti tra il 20% e l’85%.
Tuttavia sembra improbabile che le linee guida possano essere presentate prima di aprile e questo fa ritenere che, nella migliore delle ipotesi, i provvedimenti non possano arrivare prima dell’estate.
La logistica come può intervenire?
Dalla ricerca effettuata da SDA Bocconi sui “Modelli di Supply Chain Management nel settore moda” emerge che la logistica o, meglio, la gestione della supply chain, tende a convergere e a orientarsi sempre di più verso la domanda e il mercato e a configurarsi così come vere e proprie “demand chains”.
Costo e velocità sono solo due dei fattori che garantiscono il successo delle case produttrici ai quali è comunque necessario affiancare agilità, adattabilità e soprattutto l’allineamento, in termini concreti di obiettivi, incentivi ed altro, di tutti gli attori coinvolti nella supply chain.
Negli ultimi anni le aziende vincenti sono state quelle che hanno capito il valore della logistica, nella riduzione dei lead time di tutti gli attori della filiera, che si sono orientate verso logiche pull di flussi “tirati” della domanda dei distributori e che, per ottenere questo, hanno, quindi, investito nella creazione di nuovi e più efficaci modelli di supply chain.
A livello globale, in considerazione del proprio posizionamento sul mercato, le aziende moda stanno configurando le proprie supply chain sostanzialmente su tre modelli: integrata verticalmente, a rete, ossia integrata orizzontalmente, e virtuale.
La prima è caratterizzata da un controllo totale di tutte le fasi: da quelle produttive a quelle distributive.
Il presidio delle fasi di realizzazione manca nel modello di supply chain a rete, le buone competenze di coordinamento di tutti i soggetti che collaborano alla creazione dei prodotti, tuttavia, compensa il limitato know how produttivo.
Nella supply chain virtuale, infine, l’ottimizzazione estrema della produzione si concretizza in una vera e propria deverticalizzazione della catena sulle diverse fasi della filiera in funzione del tipo di prodotto commercializzato o industrializzato: in questo caso tutto è puntato sul servizio e l’obiettivo da raggiungere è quello di arrivare sul mercato con flussi continui, fino a ventiquattro volte a stagione.
Non si tratta comunque di modelli immobili o congelati. L’ibridazione delle logiche di business ha come effetto una convergenza delle tipologie di supply chain.
Il quadro delineato dal nuovo contesto evidenzia, prima di tutto, la necessità di integrare la gestione di flussi fisici e informativi, costringendo le imprese ad operare un mutamento strategico che va ad impattare sull’organizzazione e sui sistemi aziendali.
In altre parole, i sistemi per il nuovo contesto dovrebbero consentire una lettura delle informazioni nel senso dei flussi (end to end), dovrebbe essere possibile misurare le prestazioni di servizio e il costo del suo mantenimento ai livelli richiesti dal mercato, le aziende dovrebbero dotarsi di una vera figura di Supply Chain Manager.