La sospensione temporanea dei dazi tra Stati Uniti e Cina, annunciata il 12 maggio, ha sollevato più dubbi che certezze nel mondo della logistica. Nonostante la riduzione delle tariffe al 30% per gli USA e al 10% per la Cina – rispetto ai picchi del 145% e 125% – l’instabilità rimane alta, e con essa la pressione su operatori, armatori e spedizionieri.
Secondo il report di Drewry, la crisi commerciale ha già comportato una riduzione del 50% dei volumi in uscita dalla Cina verso gli USA. Il calo della domanda ha spinto gli armatori a cancellare oltre 100 traversate tra aprile e maggio, riducendo del 20% la capacità su una delle rotte marittime più trafficate al mondo. Le conseguenze si sono riversate anche sull’export americano: la mancanza di container vuoti e navi in partenza ostacola la spedizione di prodotti agricoli verso l’estero.
I porti statunitensi iniziano a sentire gli effetti del blocco. Los Angeles prevede un calo del 35% nel traffico merci rispetto all’anno precedente; Long Beach del 30%. Le cancellazioni di navi si moltiplicano, mentre il costo del trasporto crolla: da 5.500 a 2.600 dollari per container da 40 piedi sulla rotta Shanghai-Los Angeles in soli quattro mesi. Una contrazione che ricorda i momenti più duri della pandemia.
In parallelo, la lentezza del riposizionamento delle navi, riassegnate a rotte intra-asiatiche più redditizie, ostacola ogni tentativo di normalizzazione. La finestra di 90 giorni offerta dall’accordo è troppo breve per ristabilire fiducia e riorganizzare efficacemente i flussi.
Il settore logistico teme che la tregua sia solo una proroga mascherata. «Non sappiamo se questi novanta giorni siano una falsa tregua o una proroga», ha dichiarato Anne-Marie Idrac (France Logistique), sottolineando la necessità di un riequilibrio operativo nei porti e nelle supply chain.
Nel frattempo, nuovi provvedimenti americani minacciano di complicare ulteriormente il quadro. Una tassa fissa di 50 dollari per container sulle navi costruite in Cina (indipendentemente dalla bandiera) è in arrivo. Questa misura protezionistica rischia di danneggiare anche gli armatori europei e asiatici, aggravando ulteriormente la già precaria stabilità del commercio internazionale.
Nel primo trimestre del 2025 si è registrato un boom di spedizioni anticipate (“front loading”), finalizzato ad aggirare l’impennata dei costi prevista. Ma i benefici sono stati solo temporanei: la domanda di trasporto containerizzato è cresciuta dal 3,5% al 5,5%, trainando gli utili delle grandi compagnie come Maersk (1,2 miliardi di dollari) e CMA CGM. Tuttavia, le prospettive per il secondo trimestre si fanno meno rosee, con un commercio mondiale in frenata.
L’Organizzazione Mondiale del Commercio ha stimato un possibile calo dell’1,5% del commercio globale in volume nel 2025, direttamente collegato alla politica doganale americana. Questo scenario potrebbe invertire i segnali positivi registrati nei primi mesi dell’anno e costringere il settore logistico a rivedere piani e strategie di investimento su scala globale.
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