Negli ultimi anni, la logistica globale sta vivendo una riconfigurazione profonda. Le tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina, il conflitto in Ucraina, la pandemia e il crescente protezionismo hanno evidenziato la fragilità dei modelli “just-in-time” su scala planetaria. In passato, la globalizzazione aveva favorito supply chain ottimizzate sul costo e sull’efficienza. Tuttavia, dazi, barriere commerciali e interruzioni improvvise hanno mostrato un rischio latente: la vulnerabilità sistemica delle catene del valore. La produzione decentralizzata non è più una garanzia di efficienza, ma un potenziale punto debole.
L’era delle filiere iper-ottimizzate e dei magazzini snelli è in crisi. Il nuovo paradigma richiede ridondanza controllata, diversificazione e resilienza. I recenti shock internazionali hanno mostrato che un’interruzione può compromettere l’intera operatività aziendale. I tempi in cui bastava delocalizzare la produzione per abbattere i costi sono finiti. Le imprese devono ora affrontare una nuova realtà fatta di incertezze, vincoli politici e scenari mutevoli. L’organizzazione logistica si trasforma: non si cerca più solo efficienza, ma anche robustezza e capacità di adattamento.
In risposta alle nuove sfide, molte aziende stanno adottando modelli di regionalizzazione e friendshoring. Questo approccio consiste nell’avvicinare la produzione ai mercati di consumo e nel collaborare con fornitori situati in Paesi “affidabili” dal punto di vista politico. In particolare, settori come semiconduttori e batterie per auto elettriche stanno guidando un’ondata di reshoring e nearshoring, sostenuta da politiche industriali come il CHIPS Act statunitense. L’obiettivo? Ridurre la dipendenza da fornitori asiatici e ricostruire capacità produttive domestiche in settori strategici.
La governance della supply chain evolve da una logica basata sul costo minimo a una basata sul rischio e sulla resilienza. Le aziende devono oggi investire in:
Il Supply Chain Management diventa così una disciplina ibrida, che integra competenze logistiche con capacità di lettura dei contesti internazionali.
Nonostante i benefici, la regionalizzazione presenta dei limiti. Costruire filiere multiple comporta costi maggiori, riduce l’agilità e può ostacolare l’innovazione. Inoltre, la corsa globale all’accaparramento di fornitori “sicuri” rischia di inasprire le disuguaglianze tra Paesi e segmenti di mercato. In questo scenario, si profila il rischio di una “deglobalizzazione inefficiente”: prodotti più costosi, meno innovativi, e imprese con margini sempre più compressi. È un equilibrio delicato, in cui la resilienza può compromettere la competitività se non integrata in una strategia di lungo periodo.
La gestione logistica non è più una questione solo operativa. Oggi è un fattore strategico cruciale per la sopravvivenza e la competitività delle imprese. Integrare resilienza, diversificazione e capacità di risposta geopolitica diventa imperativo. Le aziende che sapranno leggere la complessità e agire con visione, adattando le proprie supply chain alle nuove mappe di potere, saranno quelle capaci di prosperare nell’era della geoeconomia permanente.
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