Premessa
L’enorme crescita, o forse sarebbe meglio dire esplosione, della quantità di dati è un fenomeno che sta sicuramente cambiando il panorama IT tradizionale.
Una crescita indotta dal netto arricchimento della varietà delle fonti di provenienza degli stessi, a partire dal cloud e dall’Internet of Things.
La sfida che tutte le organizzazioni oggi si trovano davanti è rendere questa distesa di dati, di primo acchito difficile soltanto da gestire, una risorsa primaria per la definizione delle strategie aziendali.
In questo senso la strada maestra è affidarsi ai moderni sistemi di cognitive computing: questi ultimi valorizzano l’abbondante disponibilità di dati digitali per la comprensione del mercato e dei clienti e per influenzare la creazione o l’evoluzione degli stessi modelli di business.
Come funzionano i sistemi cognitive
La grande differenza rispetto ai classici big data e analytics o, meglio, il passaggio in più è che con il termine cognitive computing si intendono tutti quegli strumenti che consentono di riprodurre a grandi linee il funzionamento del cervello umano, riuscendo ad apprendere e interagire naturalmente con chi li usa.
In questo modo riescono a fornire degli elementi significativi per prendere decisioni di fronte ad una elevatissima quantità ed eterogeneità di dati e di variabili.
Anzi, è possibile dire che più dati hanno a disposizione, più questi sistemi sono in grado di apprendere e fornire risposte “migliori”.
Più tecnicamente, stiamo parlando di piattaforme tecnologiche in grado di apprendere autonomamente, ragionare, comprendere, elaborare e utilizzare il linguaggio naturale dell’uomo, comprese le capacità visive e dialettiche (Nlp – Natural Language Processing), per contestualizzare le informazioni e fornire degli “insight” anche estremamente dettagliati.
In buona sostanza con l’informatica di tipo cognitivo, si esce dalla tipica modalità binaria del “sì o no”: ciò che viene predetto non è un risultato certo, ma un’indicazione basata su punteggi e correlazioni.
Le prospettive di applicazione: customer care e supply chain
Uno degli ambiti a potenziale più elevato è quello della gestione e del rafforzamento del rapporto con la clientela.
Qui le tecnologie cognitive hanno già trovato applicazione pratica per esempio nel campo del cosiddetto “churn management”, ovvero il tasso di potenziale abbandono di un brand (di solito per passare a un concorrente), che può essere controllato e ridotto, rilevando segnali di debolezza a partire dai dati di un Crm o dalle interazioni con i call center.
In effetti, negli attuali ambienti di Business Intelligence e anche in quelli già strutturati per gestire i Big Data, è divenuta consuetudine accumulare ampie quantità di informazioni sui clienti, che però raramente si traducono in una conoscenza in grado di produrre una rapida reazione.
Secondo SB Italia, il cognitive computing consente di automatizzare alcune di queste azioni, grazie alla capacità di imparare dai dati, elaborarli e restituire indicazioni e raccomandazioni.
Ricadute immediatamente percepibili si possono avere, per esempio, nella riduzione del tempo e delle risorse necessarie per risolvere problematiche specifiche dei clienti.
In prospettiva, lungo questa via, è possibile convertire le strutture di customer care in veri e propri centri di profitto, facendo leva sull’efficienza del servizio per attivare azioni commerciali anche durante l’interazione.
I consumatori, oggi, vogliono risposte rapide alle loro richieste e un’esperienza personalizzata sulle proprie attitudini.
Le soluzioni cognitive consentono di individuare rapidamente le preferenze di spesa degli individui, analizzando in modo autonomo dati provenienti, per esempio, dagli andamenti demografici, dallo storico degli acquisti, dalle wish list raccolte online e anche dai social media.
Il rapporto con il cliente può divenire così più diretto e coinvolgente, grazie alla possibilità di usare il linguaggio naturale nelle varie fasi di ingaggio, proporre idee ritagliate sui gusti reali e addirittura fornire consigli di spesa.
Evoluzione nella supply chain
Un altro ambito di concreta applicazione open cognitive computing riguarda l’evoluzione della supply chain.
La trasformazione digitale in corso sta già influenzando un settore nel quale un maggior livello di automazione, velocità ed efficienza può creare fin d’ora un significativo vantaggio competitivo.
Basti pensare a una grande realtà come Amazon, che ha potuto fornire servizi di consegna anche molto rapida alla propria clientela proprio perché ha automatizzato e reso intelligente il proprio sistema logistico.
Ma non occorre essere un gigante per poter sfruttare già oggi ciò che le tecnologie cognitive e l’intelligenza artificiale possono mettere a disposizione.
Ci sono già esempi concreti di realtà che, per esempio, hanno migliorato la gestione del magazzino oppure i percorsi di distribuzione della merce, utilizzando in modo intelligente i dati a loro disposizione.
Per i retailer, l’intelligenza artificiale apre un nuovo mondo di possibilità, consentendo di modellizzare differenti scenari distributivi allo scopo di minimizzare i costi di consegna dei prodotti e creare, allo stesso tempo, un’esperienza uniforme e appagante per i clienti.
La possibilità di prevedere e programmare nei minimi dettagli la logistica, può consentire di trasformare i negozi in piccoli ed efficienti magazzini, comprimendo qualche anello della catena distributiva e preservando i margini.
La manutenzione predittiva è un altro possibile terreno di sviluppo, dove un sistema cognitivo può essere in grado di suggerire le aree di potenziale miglioramento o quelle nelle quali esistono maggiori probabilità che si verifichino anomalie.