Premessa
L’aumento dell’e-commerce, e quindi la gestione da magazzino di piccoli oggetti, ha portato alla necessità di ampliare le potenzialità logistiche, in particolar modo per quello che concerne la robotica della supply chain.
Ricerca e sviluppo in questo ambito stanno quindi fortemente aumentando, come illustra il report di DHL Trend Research “Robotics in Logistics – A DPDHL perspective on implications and use cases for the logistics industry”, che parte dal presupposto che per ora solo il 15% dei magazzini sono automatizzati e solo il 5% utilizza robot affiancati da operazioni manuali.
Come può cambiare il magazzino: i nuovi investimenti
Diffusi solo in determinati settori, come ad esempio le catene di montaggio dell’automotive, i robot sarebbero utili per diverse applicazioni di gestione, trasporto e consegna merci all’interno degli ambienti distributivi e logistici.
Tali ambiti però non sono semplici da automatizzare, motivo per cui la meccanizzazione per ora è diffusa solo rispettivamente ai nastri trasportatori, smistatori etc, una robotica industriale che si limitata alle linee di produzione e montaggio, con macchine statiche, cieche e a bassa intelligenza.
Tali ambienti infatti richiedono complessità di notevole livello per un robot che deve muoversi all’interno di un magazzino e che «deve – si legge nel report – poter vedere e individuare oggetti, afferrarli, muoversi per trasportarli da un luogo a un altro, e avere una mente capace di coordinare tutto questo».
Questo il motivo per cui gli investimenti nella ricerca rispetto all’ambito della robotica, se prima erano presenti solo nel mondo accademico e di nicchia, oggi si stanno incrementando in modo sostanzioso alimentati da startup specializzate, venture capital, programmi di stimolo governativo in diversi paesi, tra cui Usa, Russia, Giappone o Cina e da colossi come Google o Amazon.
L’esempio di Google
Da anni protagonista della scena hi-tech ai massimi livelli, il lavoro di ricerca di Google nell’ambito della robotica è uno dei più finanziati e noti: l’ultima creatura della Boston Dynamics, società controllata da Google dal 2013, ha sembianze antropomorfe e viene messa alla prova proprio in operazioni legate alla gestione di magazzino.
Un metro e ottanta per ottanta chili circa, Atlas, questo il nome del robot di ultima generazione presentato a inizio 2016, cammina anche su terreni scivolosi, addirittura sulla neve, ed è in grado di trovare e maneggiare pacchi fino a quattro chili e mezzo.
Le sue capacità motorie sono notevoli grazie a marinetti idraulici, arti in grado di maneggiare utensili pensati per l’uomo, sensori posti sulle gambe e sensori LIDAR e stereo che gli consentono di evitare gli ostacoli e gli forniscono la consapevolezza del terreno.
Un esempio delle sue capacità in questo video:
Amazon ha addirittura organizzato nel 2015 la prima edizione dell’Amazon Picking Challenge: una competizione su scala mondiale indetta per la scelta di un robot in grado di gestire l’automatizzazione dei magazzini, stimolando quindi un percorso di ricerca e sperimentazione.
A gareggiare c’erano 32 dei maggiori laboratori di ricerca del mondo, che a Seattle si sono sfidati per escogitare soluzioni avanzate, automatizzate, per prendere dagli scaffali gli oggetti ordinati dai clienti online – dai libri ai dvd – e riporli in pacchi pronti per la spedizione.
Il contest è stato vinto dalla Technical University of Berlin, con un robot che ha riconosciuto 10 diversi tipi di pacchi, e anche se siamo ancora lontani dalla sostituzione degli addetti umani specializzati (alla domanda dei quali i paesi avanzati come Europa e Nord America non riescono a far fronte) continuano ricerca e sviluppo nell’ambito della robotica per compensare tale domanda con l’automazione, almeno per quanto concerne alcune attività.
Amazon ha infatti deciso di replicare il contest, quest’anno un po’ più difficile per i partecipanti, in collaborazione con il Robocup 2016 che si svolgerà in Germania tra il 30 giugno e il 3 luglio.
Quest’anno ci saranno due competizioni parallele: il Pick Task, che sarà appunto una versione un po’ più difficile dell’edizione 2015, e il nuovo Stow Task che introdurrà la sfida nel prendere oggetti da delle borse per inserirli in unità di scaffalature.
L’Italia e la robotica
Non molti sanno che l’Italia ricopre nel mondo, grazie a una tradizione radicata nel tempo, un ruolo di primo piano nel panorama internazionale per quello che concerne la costruzione di macchine utensili ed è competitiva anche nell’esportazione di queste ultime.
Sono circa cinquanta le imprese che costituiscono il comparto della robotica e automazione in Italia: tra loro aziende come Comau, produttrice di robot per le catene di montaggio Fiat, ma anche molte imprese medio-piccole, distribuite principalmente in Piemonte e Lombardia, con un fatturato che nel 40% dei casi non supera i cinque milioni di euro.
L’Ucimu, l’Unione dei Costruttori italiani di macchine utensili e robot, ha rilevato dei dati, attraverso il suo Centro studi e cultura d’impresa, che dimostrano che dal 1990 ad oggi la produzione in Italia è raddoppiata, il “consumo” triplicato e il settore della robotica è in forte crescita.
Il trend, secondo l’Ucimu, confermerebbe l’incremento della diffusione di sistemi ad alta innovazione nell’industria manifatturiera del Paese, alla quale è destinato circa il 70% della produzione nazionale del comparto robotica.
Più informazioni sono reperibili sul sito dell’Ucimu, una delle realtà italiane più autorevoli per il supporto e le crescita delle imprese e dei costruttori italiani di macchine utensili, robot, automazione, insieme all’Associazione italiana di robotica e automazione Siri.
Proprio in collaborazione con Comau al contest di Amazon 2015 era stato presentato il progetto del Politecnico di Torino, uno dei due progetti italiani in concorso, che consisteva in un braccio robotico capace di muoversi in sei direzioni e dotato di due “mani”, una addirittura del tutto inedita nel mondo della robotica.
Questa soluzione, come aveva spiegato uno dei ricercatori del Politecnico, Manuel Del Verme, impiegava un robot Comau (il Racer 999) per realizzare un “braccio” con sei gradi di libertà, ovvero in grado di muoversi in sei dimensioni “con precisione al millimetro e una grande velocità di movimento”.
Il secondo progetto Italiano era stato presentato dal Centro di Ricerca “E. Piaggio” dell’Università di Pisa e dal IIT (Istituto Italiano di Tecnologia) con sede a Genova, ed anche qui si basava su un’inedita mano robotica, in grado di muoversi in modo del tutto simile ad una mano umana e collegata ad un singolo motore in grado di muovere tutte le falangi, permettendo di adattarsi ad oggetti differenti.
Esempi di applicazioni pratiche
Quali sono le nuove possibilità per la gestione del magazzino, quindi?
Il report di DHL ne porta alcuni esempi e gli sviluppi pratici che ne conseguono:
Se ancora dunque non siamo pronti alla diffusione di massa della robotica, è certo che si tratta solo di una questione di tempo.
Non manca molto perché si trovino robot a lavorare nei magazzini e nell’ambito delle consegne, e rappresenteranno, probabilmente, la soluzione alle difficoltà sempre più in aumento del supply chain management.