Consulenza e Formazione
27 Marzo 2014
Da sempre la cosa più difficile nelle organizzazioni di qualsiasi tipo e dimensione è cambiare.
Cambiare l’organizzazione e le routine delle persone è sempre ostico perché incide sui comportamenti dei singoli in molti casi ossificati da abitudini a lungo sedimentate.
Cambiare è difficile anche perché significa stravolgere gli equilibri “politici” di un gruppo che ha trovato un compromesso sugli standard di performance sostenibili.
Ogniqualvolta penso alla difficoltà di cambiare, mi viene in mente la massima di Albert Einstein: “Insanity is making the same thing over and over again and expecting different results“.
Ognuno può constatare la verità, al limite della banalità, di questa frase per poi accorgersi che molte imprese, anche in tempo di crisi, non cambiano.
Al contrario preferiscono una rischiosa modalità di “stand-by” quasi in attesa di tempi migliori.
Frasi del tipo “è sempre stato fatto così” oppure “è troppo complicato cambiare” oppure “il capo ha deciso così” uccidono ogni tentativo di cambiamento.
Oltre a queste imprese, tuttavia, ho spesso la fortuna di venire a contatto con realtà che cambiano continuamente le proprie routine e la propria organizzazione.
Mi chiedo allora “Quale è il loro segreto?”
L’articolo di Hirotaka Takeuchi, Emi Osono e Norihiko Shimizu “The contradictions that drive Toyota success” apparso in Harvard Business Review del Giugno 2008 dà degli interessanti spunti per provare ad abbozzare una risposta.
Secondo gli autori le contraddizioni sono al centro della cultura del miglioramento continuo di Toyota.
L’organizzazione crea contraddizioni e spinge i propri membri a risolverle per non arenarsi in processi e pratiche non più efficaci.
La tensione generata in questo modo è fonte di innovazioni necessarie per stare un passo (o due) avanti ai concorrenti.
Toyota è piena di contraddizioni.
La crescita stabile dell’azienda è unita alla paranoia del “mai essere soddisfatti” o del “ci deve essere un modo migliore”.
La frugalità si coniuga con spese altissime in diversi ambiti come lo sviluppo delle risorse umane.
La comunicazione è semplice, i meeting brevi guidati da formati standard eppure il network sociale è complesso e lega tutti membri.
La struttura gerarchica è chiara ma i dipendenti hanno il diritto e il dovere di criticare il boss quando non sono d’accordo.
Alla base di queste contraddizioni ci sono forze che tengono viva la tensione al cambiamento.
La visione irraggiungibile del “one piece flow-zero difetti-zero scorte” spinge l’impresa a cercare di migliorare continuamente le proprie routine operative.
La cultura della sperimentazione basata sul metodo scientifico porta i dipendenti ad uscire dal territorio conosciuto per spingersi verso l’ignoto e l’incertezza tipici dei percorsi di cambiamento.
L’obiettivo ultimo di lungo periodo viene scomposto in tanti sotto-obiettivi di più breve periodo.
Applicando il PDCA si chiarisce lo status quo del problema, si definisce un target, si analizzano le cause che impediscono il raggiungimento del target, si sviluppano delle contromisure, si sperimentano le contromisure, si monitorano i risultati e, alla fine, si standardizzano i nuovi processi.
Le imprese che hanno il miglioramento continuo nel proprio DNA condividono con Toyota questi aspetti “soft”.
Un’organizzazione e un management che generano tensione al cambiamento.
Una comunicazione chiara, efficace e aperta che coinvolge tutti.
Una gerarchia stretta ma che tollera l’errore e la critica. L’attenzione al buon processo e non al buon risultato.
Lo sviluppo di una serie di routine per risolvere le contraddizioni e i problemi.
La domanda “c’è un modo migliore di fare questa cosa?” diventa quindi una costante nel modo di fare impresa a qualsiasi livello.
Tutto questo non è semplice e richiede convinzione, impegno, tempo e risorse. Una sfida difficile ma, dato i tempi in cui viviamo, inevitabile.
Il Master in Lean Management 8° edizione della Fondazione CUOA partirà il prossimo 13 giugno 2014.