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La gestione logistica della carne
Già nelle prima metà degli anni '70 le catene della GD si erano rese conto che occorreva differenziare l'offerta e questo venne realizzato inserendo nei punti di vendita nuove merceologie tra le quali la carne.


Non si può non sapere

La gestione logistica della carne

13 Dicembre 2010

Nella Grande Distribuzione vi è un settore che ha iniziato a beneficiare delle “cure” della Logistica solo a partire dalla prima metà degli anni ’90.
Ci riferiamo al settore della carne, con particolare riferimento a quella di bovini, suini e ovini.

Già nelle prima metà degli anni ’70 i responsabili delle grandi catene della GD si erano resi conto che con la sola offerta di prodotti “grocery, che richiedevano grandi risorse umane e tecnologiche per lo stoccaggio e la movimentazione, garantendo margini di vendita molto limitati, non si sarebbe andati molto lontano.

Occorreva quindi differenziare l’offerta e questo venne realizzato inserendo nei punti di vendita nuove merceologie tra le quali, appunto, la carne, il che consentiva ai clienti, tra l’altro, di effettuare l’intera spesa settimanale all’interno del supermercato, senza più doversi rivolgere al commercio tradizionale, con un notevole risparmio di tempo.

Iniziò in tal modo la corsa all’apertura dei reparti “deperibili”, in particolare quelli per la vendita della carne bovina, creando delle vere e proprie macellerie interne e rilevando le licenze commerciali di quelle preesistenti, spesso assumendo i relativi macellai.

La lavorazione aveva luogo con modalità identiche a quelle delle macellerie “tradizionali”, partendo dalle cosiddette “mezzene”, vale a dire mezzi animali già macellati e privati delle interiora, del sangue e della pelle.

Limitando il discorso alla sola carne bovina (manzo e vitello), più complessa da gestire per la grande varietà dei “tagli” (circa 30) che presenta, le fasi che contraddistinguevano la gestione di questo prodotto presso i reparti macelleria erano:

  • Richiesta: solitamente effettuata per mezzene intere e con cadenza settimanale.
  • Consegna: poteva avere luogo in un’unica o in più soluzioni.
  • Lavorazione: comprendeva le fasi di disosso, taglio e confezionamento
  • Messa in vendita: il responsabile del reparto macelleria periodicamente verificava la situazione dei banchi di vendita, provvedendo al loro rifornimento quando determinati “tagli” iniziavano a scarseggiare per effetto del prelievo da parte dei clienti.

Questo tipo di gestione, con caratteristiche del tutto artigianali, comportava un insieme di problemi, tra i quali si possono indicare:

  • Difficoltà nel reperire il personale specializzato
  • Tempi morti a livello giornaliero e settimanale
  • Livello qualitativo del prodotto non omogeneo
  • Difficoltà di smaltimento dei “tagli” poco richiesti (ad es.: bollito) in determinati punti di vendita
  • Attrezzature sottoutilizzate
  • Norme di igiene più difficili da applicare

Risultò quindi evidente, assai presto, che l’unico sistema per risolvere i problemi sopra indicati era quello di procedere all’accentramento delle varie lavorazioni in apposite strutture di tipo “industriale” da gestire direttamente o in outsourcing, ottenendo sensibili economie di scala senza compromettere più di tanto il livello di servizio ai clienti.

Il grosso problema che doveva essere affrontato tra gli anni ’80 e ’90 dello scorso secolo era però rappresentato dalla quasi totale assenza sul mercato di aziende non tanto in possesso di particolari attrezzature specializzate, quanto di una vera e propria mentalità industriale, che consentisse di razionalizzare le varie fasi della lavorazione, di ridurre al massimo i costi e, in particolare, di garantire il massimo livello di servizio ai punti di vendita.

Quella dell’outsourcing, ad esempio, fu la scelta operata da una tra le maggiori catene della GD all’inizio degli anni ’90.
In particolare, l’accento venne posto sulla nuova organizzazione che l’azienda incaricata del servizio avrebbe dovuto darsi, fornendo alla stessa una consulenza sulle tecniche dei “tempi e metodi” da applicare in fase di lavorazione.

Come previsto, il ciclo di lavorazione presso la struttura del fornitore venne impostato su base industriale, utilizzando le apparecchiature più potenti e sofisticate disponibili sul mercato del trattamento della carne.
Le fasi di lavorazione all’interno di tale struttura erano quelle di seguito indicate, tuttora in vigore.

  • Macellazione: aveva luogo nell’apposito reparto, della capacità di circa 600 capi giornalieri, nel pieno rispetto della normativa comunitaria. Da questa fase derivavano, da una parte, le mezzene e, dall’altra, le interiora che subivano una lavorazione a parte.
  • Refrigerazione: dopo l’ispezione sanitaria, che aveva luogo immediatamente al termine della macellazione, le carni venivano collocate in apposite celle di raffreddamento veloce, dopodiché venivano fatte sostare in celle a 0/1° C dove aveva luogo la cosiddetta “frollatura” che durava un numero variabile di giorni, a seconda delle caratteristiche dell’animale e del tipo di lavorazione previsto.
  • Sezionamento: aveva luogo in un reparto a temperatura costante di 12° C, e produceva tagli anatomici, che venivano fatti confluire verso il reparto di confezionamento, mentre ossa e grasso venivano raccolti a parte.
  • Porzionamento: i pezzi preparati nella fase precedente venivano ripartiti, manualmente con semplici coltelli oppure mediante apparecchiature automatiche nelle singole porzioni o “tagli” da porre successivamente in vendita.
  • Confezionamento: le porzioni di prodotto venivano poste nelle apposite vaschette in polistirolo, che venivano quindi avvolte automaticamente nel film trasparente.
    Su di esso veniva applicata l’etichetta, emessa da una macchina pesatrice, contenente i dati precedentemente citati.
  • Consegna: le vaschette delle confezioni venivano collocate su appositi carrelli a ruote a più ripiani, che vengono quasi immediatamente caricati sugli automezzi refrigerati diretti ai vari punti di vendita.

Va segnalato che, dopo il primo periodo sperimentale, il servizio, limitato ad un primo gruppo di mercati, venne gradualmente esteso a tutti i punti di vendita della società.

In contrapposizione al sistema di lavorazione “tradizionale” in reparto, del quale abbiamo indicato i principali svantaggi, il tipo di gestione descritto comporta tutta una serie di vantaggi, tra cui si possono indicare:

  • Personale: è sicuramente di livello adeguato alle varie fasi di lavorazione, in quanto specializzato per i singoli tipi di lavorazione.
  • Tempi morti: vengono eliminati sia nel corso della settimana che della giornata, proprio in conseguenza del processo di accentramento della lavorazione.
  • Livello qualitativo del prodotto: risulta decisamente molto più omogeneo, essendo le singole fasi della lavorazione effettuate sempre dalla stessa categoria di addetti e secondo procedure ben precise.
  • Tagli meno richiesti: maggiori possibilità di “gestione”, mediante la “compensazione” delle esigenze di un elevato numero di punti di vendita, che presentano fasce di clientela tra loro disomogenee, nonché mediante la vendita in altri canali, quali ad esempio comunità.
  • Attrezzature: indice di utilizzo molto più elevato, con una ripartizione dei relativi costi su di una quantità di prodotto decisamente superiore.
  • Confezionamento: possibilità di ricorso a forme più efficaci e durature, quali ad esempio le confezioni ad atmosfera controllata, che garantiscono maggiore durata al prodotto, consentendo tempi di lavorazione meno “stressati” in quanto meno condizionati dai ritmi di vendita.
  • Igiene: maggiori possibilità di rispettare le prescrizioni di legge, con particolare riferimento ai minori sbalzi termici a cui il prodotto viene sottoposto rispetto alle lavorazioni “tradizionali.
  • Gestione tipo “grocery: è possibile una gestione della carne alquanto simile a quella di questa merceologia, nell’ambito della quale i singoli “tagli” rappresentano altrettante “referenze” contraddistinte da un proprio codice.




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