Il 1° maggio 2004 l’Unione Europea ha abbracciato dieci nuovi Paesi, molti dei quali situati nell’Europa orientale (Polonia, Slovenia, Ungheria, …) e altri ancora ne abbraccerà nei prossimi anni (Romania, Turchia, Bulgaria, …) contribuendo ad aumentare sensibilmente la domanda di trasporto di persone e merci in tutto il territorio europeo.
Un’apertura verso est che è stata accolta con evidente entusiasmo dagli imprenditori manifatturieri italiani, sia perché tali Paesi rappresentano importanti mercati “di sbocco” dei prodotti finiti sia perché, data la loro grande disponibilità di manodopera a basso costo, può risultare conveniente delocalizzarvi parte delle attività produttive (convenienza sulla quale diverse considerazioni sarebbero opportune ma non in questa sede).
Un entusiasmo non condiviso però dagli operatori del settore dell’autotrasporto (soprattutto del Nord-est). Infatti con la caduta dei confini di molti Paesi dell’ex cortina di ferro, si è andata sempre più affermando in Italia (e non solo!) una forte concorrenza orientale spesso “sleale” che, unitamente alla mancanza di infrastrutture ed a costi in continua crescita (di gasolio, assicurazioni, pedaggi autostradali), rischia di indebolire irrimediabilmente un settore con grandi potenzialità “sulla carta” di crescita e sviluppo.
E’ cosa nota che nel giro di pochi anni la Cina ed il Far East svilupperanno grandi capacità produttive in grado di quadruplicare le esportazioni verso l’occidente. Si tratta di una domanda di trasporto che riguarderà soprattutto l’Italia data la sua strategicità per quanto riguarda la distribuzione dei manufatti orientali in tutta l’area europea. Ma il nostro sistema dei trasporti sarà in grado di sostenere questa sfida?
Attualmente molti sono i limiti che lo affliggono. Sebbene il trasporto su gomma in Italia copra oltre il 70% della domanda totale di trasporto, negli ultimi venticinque anni la nostra rete autostradale è aumentata solo del 10% a fronte di una crescita nel resto d’Europa del 73%.
Ma non solo: la velocità commerciale dei mezzi pesanti italiani, con i suoi 35 km/h che si riducono a 30 in caso di attraversamento delle Alpi, è la più bassa in Europa ed il nostro sistema tariffario è inefficace contro una costante lievitazione dei costi.
In ultimo, a rendere ancor più complicata la situazione dell’autotrasporto italiano, c’è la pesante concorrenza praticata dalle imprese di trasporto estere, comunitarie e non.
Ma quali sono gli elementi che rendono oggi il mercato orientale dell’autotrasporto un pericolo per le nostre imprese? Principalmente i seguenti:
– le tariffe che sono nettamente inferiori a quelle praticate in Italia. Si pensi, a questo proposito, che i camionisti stranieri regolari propongono alle aziende tariffe inferiori anche del 35% rispetto a quelle richieste dagli italiani. Per non parlare poi della concorrenza abusiva: dal 1° maggio 2004 flotte di conducenti romeni, sloveni, bulgari e albanesi sono approdati nel nostro Paese accettando paghe da 10 centesimi/km e vivendo praticamente sul camion. Spesso sprovvisti di documenti regolari, peraltro indecifrabili, usano camion vecchi che l’Italia in passato aveva venduto ai Paesi vicini più poveri e che ora si vede tornare con targhe nuove. Il tutto a vantaggio ovviamente della sicurezza sulle strade!
– la flessibilità delle imprese orientali che sono strutture per lo più snelle, non soffocate dalla burocrazia e che spesso operano in condizioni estreme pur di soddisfare le esigenze del cliente. Così ad esempio, per evitare i vincoli imposti dalla legislazione europea per quanto riguarda i tempi di guida ed i pedaggi autostradali, vettori rumeni ed ungheresi stanno da tempo pensando di dotarsi di veicoli di portata inferiore alle 3,5 ton.
– la fiscalità. Da troppo tempo gli autotrasportatori italiani sono gravati da oneri pesanti soprattutto in termini di fiscalità sul gasolio: infatti la riduzione delle accise non riesce più a tenere il passo all’aumento vertiginoso del costo del carburante, che rappresenta oggi circa il 25% dei costi di esercizio sostenuti da un veicolo commerciale.
Dunque una concorrenza da parte delle aziende straniere molto serrata che, senza un’adeguata armonizzazione degli standard in vigore nel vecchio continente, diventerà ancor più pericolosa con la liberalizzazione, nei prossimi anni, dei nostri trasporti di cabotaggio (a parte la Slovenia, Malta e Cipro che possono già effettuare trasporti con origine/destinazione sul territorio italiano, per i restanti nuovi Paesi dell’U.E. il cabotaggio dovrebbe essere liberalizzato nel 2006).
Una concorrenza che, allo stato attuale delle cose, come afferma l’Unione Nazionale delle Associazioni dei Trasportatori (Unatras): “A differenza di altri settori dove premia i più bravi, nell’autotrasporto produce il contrario: soccombono le grandi aziende che hanno costi insopprimibili e rimangono le più flessibili che grazie all’autosfruttamento abbattono i costi di quelle più strutturate”.