Con l’espressione “origine preferenziale” si intende l’origine delle merci riferita a specifici accordi commerciali siglati dall’Unione Europea con determinati Paesi in forza dei quali, alle merci che presentano le necessarie caratteristiche, viene consentita l’esenzione o una riduzione daziaria all’atto dell’importazione dei beni nel Paese di destino.
Le regole, va da sé, variano da Paese a Paese, a seconda degli accordi siglati (o non siglati) a livello comunitario.
Ad ogni buon conto, tali regolamentazioni sono più restrittive di quelle previste dal Codice doganale Comunitario in merito all’origine non preferenziale.
Il suddetto Codice è stato modificato tre anni fa circa, entrando in vigore il 1 maggio 2016.
Come già precisato, esso ha il compito di fissare le linee guida dei principi doganali da applicare in tutta l’Unione Europea e rimanda a due successivi regolamenti, rispettivamente il 2446/2015 e 2447/2016 gli aspetti operativi.
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Diverse le novità introdotte dal nuovo regolamento, che è andato a modificare soprattutto il tema dell’origine preferenziale delle merci e la dichiarazione che il fornitore deve rilasciare all’esportatore stesso.
Prima di andare a vedere i capitoli in cui il Codice è mutato, qualche precisazione.
Le regole (reciproche in un senso e nell’altro tra Paese di destinazione e Paese d’origine) possono comunque cambiare in funzione del prodotto oggetto dell’esportazione (quindi della sua voce doganale) e del Paese di destino.
Al fine di poter conferire l’origine preferenziale ad un merce, continua a essere necessario che questa subisca una lavorazione sufficiente.
Inoltre, l’azienda esportatrice, una volta stabilito se il prodotto oggetto della vendita all’estero soddisfa le condizioni per essere definito preferenziale, richiede il rilascio del certificato Eur1 o appone la dichiarazione di origine preferenziale su fattura (che risulta essere libera se l’importo della spedizione è inferiore a 6.000, oppure deve essere autorizzata dalla dogana se l’importo della spedizione risultasse superiore).
Un passaggio in più va effettuato nel caso in cui l’esportatore non fosse anche il produttore dei beni commercializzati.
In questo caso l’esportatore deve richiedere al fornitore una dichiarazione scritta nella quale quest’ultimo attesti o meno se le merci rispondo alle regole per poter essere definite preferenziali se esportati verso il Paese di destino.
Dichiarazione necessaria anche nel caso in cui l’esportatore sia il produttore: in questa occasione si dovrà richiedere al fornitore apposita dichiarazione al fine di poter valutare se la trasformazione apportata alle materie prime (o semilavorati) acquistati sia stata sufficiente o meno al conferimento dell’origine preferenziale.
Le vere e proprie novità contenute nel nuovo codice hanno a che vedere con la dichiarazione del fornitore, che può essere redatta fornitura per fornitura o anche a lungo termine.
Nel primo caso, nel fornire all’esportatore o all’operatore le informazioni necessarie per determinare il carattere originario delle merci ai fini delle disposizioni relative agli scambi preferenziali tra l’Unione e alcuni paesi o territori, il fornitore si deve servire di un’ulteriore dichiarazione del proprio fornitore.
Essa deve essere contenuta nella fattura commerciale o in un bollettino di consegna, o in qualsiasi altro documento commerciale che descriva le merci in questione.
Vi è poi, come già accennato, la possibilità di fornire una dichiarazione a lungo termine del fornitore, di più comodo utilizzo nel caso in cui un fornitore invii regolarmente spedizioni di merci a un esportatore o a un operatore e nel caso in cui l’origine delle stesse sia sempre identico.
Questo tipo di dichiarazione può essere valida per un periodo massimo di due anni a decorrere dalla data della compilazione e per un periodo massimo di un anno prima della data di compilazione, e può essere redatta con effetto retroattivo.
I certificati di origine usati per verificare l’origine preferenziale negli scambi con Paesi legati all’UE da accordi tariffari sono i cosiddetti “certificati di circolazione modello EUR.1”.
Questo documento viene rilasciato dalla Dogana su domanda scritta compilata dall’esportatore, e va da sé che l’ufficio doganale può richiedere documentazione giustificativa dell’origine o procedere a controlli presso l’azienda anche successivamente, a volte sulla base di una specifica richiesta di una Dogana estera.
Vi è poi il certificato EUR.2, emesso direttamente dall’esportatore senza necessità di visto doganale, ed ha lo scopo di documentare il carattere originario delle merci.
Attualmente, è utilizzato, nel limite degli importi previsti, per le sole merci oggetto di spedizioni postali dirette a Cipro, Malta, Egitto e Siria.
Il certificato EUR.1 può anche essere sostituito con una dichiarazione sulla fattura, a condizione che le spedizioni ammontino a massimo 6mila euro.
Non vi sono invece limiti di valori per gli esportatori appositamente autorizzati dalla Direzione Regionale dell’Agenzia delle Dogane competente per territorio.
Infine, la “dichiarazione su fattura” deve essere compilata dall’esportatore, preferibilmente a macchina, o stampata sulla fattura, e deve recare la firma manoscritta in originale dell’esportatore stesso.