Le falle sistematiche dei porti del Regno Unito, prede favorite delle frodi delle organizzazioni criminali, costano ben 2,3 dei 5,2 miliardi totali di mancate riscossioni da dazi e Iva.
Il dato è riportato da BBC online, che aggiunge che la parte più consistente della cifra deriva dal movimento di merci nei settori dell’abbigliamento e delle calzature esportate soprattutto dalla Cina.
La questione pesa direttamente sui conti europei e potrebbe essere un importante argomento di dibattito all’interno delle trattative principiate lo scorso 29 marzo nell’ottica della Brexit.
L’Unione Europea potrebbe infatti chiedere direttamente al Governo di Theresa May di rifondare i 2,3 miliardi di euro alle casse dell’Unione.
Secondo quanto dichiarato da Ernesto Bianchi, direttore ricerche per l’OLAF– Ufficio antifrode europeo – nell’ultimo anno vi è stato un incremento delle frodi, ed è stato calcolato che “circa il 79,9% delle perdite dei dazi doganali sono effettuate tramite le dichiarazioni fatte nei porti del Regno Unito”.
I porti maggiormente incriminati per questa situazione sono quelli di Dover e Felixstowe, dove un’ingente quantità di merci arriva passando per Amburgo proprio per essere registrata attraverso gli uffici delle dogane di Sua Maestà.
L’OLAF ha inoltre criticato il dipartimento governativo britannico responsabile per la riscossione delle imposte per la mancanza di contromisure messe in atto.