(Comunicato stampa)
Negli ultimi decenni sono stati fatti evidenti passi in avanti sul tema della parità di genere ma, dall’indagine “Donne e mondo del lavoro” realizzata da SWG e commissionata da Amazon, emerge come lavoratrici e lavoratori italiani abbiano una percezione molto differente della propria condizione lavorativa all’interno del luogo di lavoro.
Di fatti, quasi una donna lavoratrice su due si dichiara sistematicamente meno soddisfatta della propria posizione professionale ma anche della corrispondenza tra posizione e competenze e, in generale del livello di valorizzazione delle proprie competenze.
Dallo studio si evidenza però un dato paradossale con la prevalenza della percezione di maggiore efficacia della leadership al femminile, convinzione radicata nel 65% delle donne e nel 47% degli uomini.
Inoltre, per quanto solo un intervistato su quattro dichiari di avere attualmente un capo donna, quasi la metà preferirebbe rispondere a una responsabile donna.
In linea generale, rispetto alla leadership maschile quella femminile risulta predominante su tutto ciò che riguarda non solo le soft skills, ma anche la capacità di raggiungere gli obiettivi di business e il carisma.
Le caratteristiche che connotano la leadership femminile sono in particolare empatia e gentilezza (78%), comunicazione efficace (67%), capacità di incentivare e stimolare il cambiamento (67%), maggiore attitudine al problem solving (66%), capacità di portare fiducia e positività all’interno del team (65%).
In questo contesto emergono alcune figure iconiche tra le imprenditrici italiane che gli intervistati vorrebbero come proprio leader: il 20% delle donne sceglierebbe Mariangela Marseglia, Amministratore Delegato di Amazon Italia, mentre tra gli uomini il primo gradino del podio è condiviso tra la Presidente di Fininvest Marina Berlusconi (19%) ed Emma Marcegaglia, Presidente e Amministratore Delegato del Gruppo Marcegaglia Holding S.p.A (19%).
Il sondaggio mostra come ci sia ancora una sistematica sottovalutazione del ruolo e delle competenze professionali delle donne che chiaramente rende più difficile per loro il raggiungimento di posizioni dirigenziali.
Le intervistate hanno infatti dichiarato che, su una scala da 1 a 10, valutano con 5,7 la loro soddisfazione rispetto alla posizione ricoperta e alla valorizzazione delle loro competenze tecniche e professionali.
Questo valore supera il punteggio di 6 nel caso degli uomini.
A questo atteggiamento di fondo, che ancora oggi fa associare alle donne il ruolo di caregiver familiare piuttosto che quello di lavoratrice e professionista, si aggiunge una diffusa debolezza delle aziende sia in termini di parità di genere, che di servizi che favoriscono la conciliazione tra vita privata e lavoro. L’associazione della figura della donna al ruolo di caregiver familiare emerge sin dalla fase dei colloqui di lavoro: dalla ricerca emerge che a tre donne su cinque è stato chiesto se avessero o intendessero avere dei figli; dato che scende a uno su quattro nel caso degli uomini.
Guardando più nel dettaglio al mondo delle imprese, sebbene oltre il 27% degli intervistati occupati abbia dichiarato che la propria azienda stia valutando l’implementazione di nuovi servizi, sono ancora poche le azioni poste in essere per ridurre il gender gap o introdurre dei servizi a favore della genitorialità e del caring.
Ad esempio, se si guarda alla formazione e alla crescita professionale delle donne, il 38% degli intervistati occupati ha dichiarato che non sono presenti e non saranno attivate in futuro iniziative di questo tipo.
Inoltre, solo nel 23% dei casi le aziende hanno creato delle strutture che si occupano dell’inclusione delle donne e nel 22% sono stati attivati servizi di cura come nidi aziendali, convenzioni e baby-sitting.
Questi dati diventano drammaticamente differenti nella visione che uomini e donne forniscono in merito ai servizi introdotti dalle aziende: infatti, mentre i primi appaiono molto più positivi nei loro giudizi, forse anche a causa di un livello di consapevolezza significativamente più basso, tra le donne le criticità emergono con una forza decisamente superiore.
Amazon promuove la formazione, l’assunzione e la promozione delle donne in posizioni di responsabilità e anche in ruoli qualificati e ad elevata professionalità.
In Italia, le donne rappresentano il 53% dei dipendenti presso gli uffici corporate a Milano, Torino, Roma e del customer service di Cagliari.
All’interno della rete logistica sono il 35%, una percentuale superiore rispetto alla media nazionale del settore del trasporto e magazzinaggio pari al 21,8% secondo gli ultimi dati Istat. Inoltre, l’azienda registra un numero sempre crescente di donne che ricoprono ruoli tecnologici.
In Amazon è stata introdotta la figura del dei Manager per ogni linea di business il cui compito è quello di promuovere, monitorare e supportare attività e iniziative finalizzate alla diffusione e affermazione della cultura inclusiva nell’ambiente di lavoro.
L’impegno nel promuovere una cultura inclusiva tra tutti i dipendenti, parte dal linguaggio corretto da utilizzare sin dai primi colloqui e arriva ad analizzare le pratiche migliori da adottare, le modifiche a processi e strutture da adottare, fino ai software da utilizzare.
Le opportunità di crescita e inclusione delle donne in azienda, l’equità retributiva di genere, la tutela della genitorialità e la conciliazione vita-lavoro sono alcuni dei fattori che hanno consentito ad Amazon di essere la prima azienda del settore e-commerce ad ottenere la Certificazione per la Parità di Genere prevista dal PNRR in Italia.
L’indagine è stata condotta su un campione rappresentativo della popolazione italiana maggiorenne di 800 soggetti intervistati online con metodologia CAWI (Computer Assisted Web Interview).
Le interviste sono state raccolte tra l’1 ed il 3 marzo 2023.
Per garantire la massima rappresentatività i dati sono stati ponderati secondo i parametri di macroarea di residenza, genere, età, titolo di studio conseguito e partito votato alle elezioni nazionali dagli intervistati.