Le norme comunitarie sulla liberalizzazione del mercato dei trasporti
A partire dalla seconda metà del ventesimo secolo e in concomitanza con l’affermarsi delle condizioni di maggiore competitività da parte delle modalità di trasporto stradale ed aereo, il settore ferroviario è stato caratterizzato da una fase di costante declino.
Nel tentativo di risollevare le sorti di questo comparto di strategica rilevanza non solo sotto il profilo economico-sociale,ma anche sotto quello della sostenibilità ambientale, l’Unione Europea, sin dai primi anni novanta, ha avviato un importante processo di riforma che, passando per la liberalizzazione dei singoli mercati ferroviari nazionali, ha puntato alla creazione di un unico grande mercato ferroviario su scala europea.
Il primo e fondamentale intervento di apertura dei mercati ferroviari nazionali è da ricondurre alla Direttiva 91/440/CEE del Consiglio, del 29 luglio 1991, relativa allo sviluppo delle ferrovie comunitarie.
Tale direttiva, oltre ad incidere in maniera determinante sull’assetto organizzativo delle Imprese Ferroviarie dei vari Stati membri, ha individuato specifici, anche se limitati, spazi per l’avvio di un’effettiva liberalizzazione del trasporto ferroviario, in particolare riconoscendo alle associazioni internazionali di Imprese Ferroviarie il diritto di accesso e di transito negli Stati membri di stabilimento delle imprese costituenti l’associazione per la prestazione -tra i medesimi Stati membri- di tutte le tipologie di servizi di trasporto internazionale, trasporto internazionale passeggeri e trasporto internazionale merci tradizionale e combinato, oltre al diritto di transito negli altri Stati membri per la prestazione di tutte le tipologie di servizi di trasporto internazionale.
Alle imprese ferroviarie singolarmente considerate e stabilite in uno Stato membro, (ad eccezione di quelle esercenti esclusivamente servizi di trasporto urbani, extraurbani o regionali) veniva inoltre riconosciuto il diritto di accesso all’infrastruttura degli altri Stati membri limitatamente alla prestazione dei servizi di trasporto internazionale merci combinato.
La situazione del mercato italiano prima del decreto Salva Italia
Quanto al mercato italiano e ai concreti risultati del processo di apertura nel nostro Paese, possiamo affermare che, allo stato antecendente alla Manovra Monti, a fronte del dato formale del rilascio della licenza in favore di ben 46 imprese ferroviarie (delle quali, però, solo poco più della metà in possesso di certificato di sicurezza), il mercato ferroviario italiano si caratterizza di diversi fattori quali:
Per ultimo, occorre evidenziare come nella seconda parte del 2007 l’Italia, attraverso l’emanazione di due decreti legislativi (n. 162 e 163) e dopo l’avvio di una procedura di infrazione da parte della Commissione Europea, ha adottato le disposizioni previste dalle direttive comunitarie.
Nello specifico, il D.Lgs. 162/2007, nel disciplinare le condizioni di sicurezza per l’accesso al mercato dei servizi ferroviari, istituisce l’Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie i cui compiti spaziano dalla definizione del quadro normativo in materia di sicurezza, al controllo e promozione delle disposizioni e dell’emanazione delle prescrizioni di esercizio da parte dei Gestori delle infrastrutture e delle Imprese Ferroviarie, alla verifica dell’applicazione delle disposizione e delle prescrizioni tecniche relative al funzionamento e alla manutenzione.
Il D.Lgs. n. 163/2007, infine, introduceva alcune novità nella definizione delle condizioni necessarie (progettazione, costruzione, messa in esercizio ecc.) a realizzare l’interoperabilità dei sistemi ferroviari transeuropei nazionali ad alta velocità e convenzionali con i corrispondenti sistemi ferroviari transeuropei.
La manovra Salva Italia
La manovra che ha varato il Ministro Passera, definito ormai “superministro”, nominato da Mario Monti, ha incontrato molti pareri favorevoli soprattutto per la creazione dell’Autorità dei trasporti.
Visto l’aumento generalizzato di accise, bolli e tasse provinciali, questa Autorità rappresenta una novità importante che va nella giusta direzione della liberalizzazione del settore dei trasporti.
Questa decisione era attesa da diversi anni e nessun Governo, né di centro-destra né di centro-sinistra era riuscito a superare le resistenze interne dei diversi partiti.
L’Autorità dei trasporti determina un deciso passo in avanti nella direzione da molti auspicata e nei prossimi sei mesi dovrebbe essere già attiva all’interno di una delle autorità esistenti, senza quindi costi aggiuntivi.
Il controllo ex-post delle condizioni concorrenziali era già in atto grazie all’Autorità Garante della Concorrenza e del mercato, ma erano riscontrabili grandi problemi per far sì che la partita si basasse su regole uguali e corrette per tutti i giocatori.
Quali sono i compiti di questo nuovo organo? Uno dei compiti primari sarà quello di vigilare sugli appalti: proprio sulle gare d’appalto l’Italia deve fare dei grandi passi in avanti e il decreto del Governo, all’articolo 37 comma 2, assegna all’Authority il compito di “definire gli schemi dei bandi delle gare per l’assegnazione dei servizi di trasporto in esclusiva”.
Non dovrebbero più ripetersi i casi nei quali l’incumbent era sempre il vincitore.
Vi sarà la possibilità dunque che la concorrenza entri in tutti i settori dei trasporti, ma in particolare nel trasporto pubblico locale, dove oggi esistono solamente dei piccoli monopoli locali come abbiamo già visto in precedenza.
L’autorità avrà inoltre la possibilità di comminare sanzioni che potranno arrivare fino al 10% del fatturato.
L’Autorità potrà inoltre “stabilire le condizioni minime di qualità dei servizi di trasporto connotati da oneri di servizio pubblico o sovvenzionati”.
In questo modo, con la creazione di questa autorità tecnica, dovrebbe terminare la pratica attuale, dove Regioni e Comuni subiscono una forte asimmetria informativa da parte delle aziende pubbliche di trasporto.
Molto dovrebbe essere ancora fatto in termini di vendita da parte dello Stato e degli Enti Locali di tutte le aziende pubbliche, in modo che non continui ad esistere quella commistione tra politica e business che tanti danni ha creato negli scorsi anni, ma per adesso la strada intrapresa sempre quella buona.