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India o Cina? Due paesi a confronto, logisticamente parlando
Fra Cina e India, quale dei due paesi ha migliori infrastrutture e offre migliori servizi logistici? Cerchiamo di capirlo meglio in questo articolo di Tiziana Cantoni (PTL Group)


Outsourcing

India o Cina? Due paesi a confronto, logisticamente parlando

13 Dicembre 2010

Quale dei due paesi ha migliori infrastrutture e offre migliori servizi logistici?
Un articolo pubblicato recentemente concludeva che sia India sia Cina dovrebbero essere prese in considerazione dalle aziende che intendono investire in Asia, ma mentre l’India sarebbe da preferirsi nel settore dei servizi informatici, la Cina sarebbe maggiormente adatta all’industria manifatturiera grazie a infrastrutture più evolute che permettono migliori performance logistiche.
Zvika Shalgo, Presidente di PTL Group, azienda che opera in Cina da più di 10 anni, traccia un panorama della situazione basandosi sull’esperienza propria e dei clienti che assiste.

I dati macroeconomici

Prima di arrivare alle conclusioni è utile dare un’occhiata ai numeri delle due economie.
L’India ha un Prodotto Interno Lordo di 3.500 miliardi Usd, la Cina di 8.700 miliardi Usd.
Il reddito pro capite in India è di 3.100 Usd, in Cina è di 6.600 Usd. La crescita annua nel 2009 è stata del 7,4% in India, mentre la Cina è cresciuta del 9,1%.
L’India ha un’inflazione dell’11%, la Cina ha un’inflazione negativa dell’1%.
L’India conta su una forza lavoro di circa 470 milioni di persone, la Cina ha una forza lavoro di più di 800 milioni di persone e la prima ha un tasso di disoccupazione del 10,7%, la seconda del 4,3% (dati presi dal sito ufficiale della CIA The world fact book e relativi al 2009).
Se leggiamo i numeri relativi a importazioni e ad esportazioni il panorama è simile: l’India ha esportato beni nel 2009 per 164 miliardi di dollari, la Cina per 1.200 miliardi di dollari.
Nello stesso periodo l’India ha importato beni per 268 miliardi di dollari, la Cina per 954 miliardi di dollari.
L’analisi delle infrastrutture e delle capacità logistiche dei due paesi è in linea con i numeri sopra indicati: la capacità portuale in Cina è di 5,6 btpa (billions tons per annum)in India è di 0,75 btpa.
La capacità dei terminal container in Cina è di 100 mila teus (twenty feet equivalent unit), in India di 8,6 mila teus.
E ancora la nave container più grande che attracca nei porti cinesi ha una capacità di 13.000 teus, mentre nei porti indiani è di 6.000 teus.

Cina e India a confronto

Anche se entrambi i paesi stanno vivendo, a differenza dell’Occidente, un periodo economico favorevole, i numeri dicono che la macroeconomia cinese è più forte al momento.
Questa è la situazione attuale, ma anche gli investimenti che la Cina intende sostenere in futuro sono più promettenti rispetto a quelli previsti dall’India.

Nel settore delle infrastrutture, ad esempio, la Cina intende investire una cifra pari al 14% del proprio PIL, l’India ha invece messo sul piatto degli investimenti una somma pari al 10% del PIL.
Una cifra di tutto rispetto, ma l’India investe meno rispetto alla Cina e parte da più lontano.

Pertanto, riferendosi al settore manifatturiero, al momento la Cina è da preferirsi all’India.
I nostri clienti confermano questa affermazione. Molti di loro hanno operato sia in India che in Cina e hanno toccato con mano l’evoluzione che i due paesi stanno vivendo.
Oggi hanno scelto di stabilirsi in Cina.

Non è sempre stato così. Anche se la Cina si è aperta agli investimenti stranieri prima rispetto all’India (la Cina ha aperto le frontiere economiche negli anni 80, l’India negli anni 90) le aziende straniere preferivano operare in India. Le ragioni erano di carattere sia socio-culturale che tecnico.
L’India era meno lontana: non c’erano reali barriere linguistiche, un passato europeo rassicurante, una politica più “comprensibile” di quella cinese.

Dal punto di vista tecnico l’India era in grado di produrre prodotti sofisticati che la Cina non era ancora in grado di fornire, le tasse d’importazione erano più basse e si produceva a cicli più brevi.
E poi i costi logistici in India, anche se alti paragonati agli altri paesi europei, erano più bassi dei costi logistici in Cina.

La situazione è cambiata rapidamente: oggi l’inglese in Cina non costituisce un problema, e il governo autoritario cinese offre alcuni vantaggi che la democrazia indiana non si può permettere.

Dal punto di vista tecnico il livello della produzione cinese è molto maturato e beni sofisticati oggi vengono prodotti anche in Cina. Se consideriamo le tasse d’importazione il divario si è ridotto, e dal punto di vista infrastrutturale vale quello che si è già detto: le infrastrutture indiane sono più arretrate e la logistica cinese, anche se c’è ancora molto da fare, è più evoluta.

Questa conclusione trova anche sostegno nel rapporto pubblicato nel 2010 dalla sezione del commercio internazionale e dei trasporti della Banca Mondiale che fa un’analisi delle performance logistiche di 155 paesi.

La Cina si classifica al 27° posto, superando di 20 posizioni l’India che si posiziona al 47° posto.
Ci sono alcune considerazioni interessanti da fare: la prima è che la Cina fa parte della categoria dei paesi più sviluppati, per intenderci la categoria della quale fanno parte Europa e Stati Uniti, l’India rimane invece ad un livello più basso.

La seconda considerazione è che l’India perde 8 posizioni rispetto al 2007, anno dell’ultimo rapporto, mentre la Cina guadagna 3 posizioni (nel 2007 l’India nella classifica occupava la 39a posizione, mentre la Cina occupava la 30a posizione).
Questo significa che la Cina non solo è più avanti rispetto all’India, ma allunga ulteriormente le distanze.

Interessante è anche entrare nel dettaglio delle performance valutate: efficienza dei processi di sdoganamento, qualità delle infrastrutture (strade, porti, servizi tecnologici), competitività, competenze e qualità dei servizi logistici, tracciabilità delle consegne, accuratezza.

In tutti i campi la Cina si posiziona molto bene e non solo rispetto all’India: per dare un punto di riferimento, nelle tre prime posizioni troviamo Germania, Singapore e Svezia, mentre l’Italia si posiziona al 22° posto.

Ci sono però anche i problemi: molte aziende lamentano un eccessivo protezionismo volto ad agevolare le aziende locali cinesi e ad ostacolare le aziende straniere.
In realtà il governo cinese da sempre cerca di controllare le attività sia delle aziende locali che straniere.

Un esempio sono le licenze che le imprese devono avere per poter esportare: le licenze di classe A, che solo le imprese locali o le Joint Venture ottengono (e che solo le grandi aziende possono permettersi), e le licenze di classe B che consentono, seppur con dei limiti, di svolgere attività commerciali e generare profitti.

Ma anche qui le cose stanno cambiando rapidamente.
Recentemente sono stati varati dei provvedimenti che consentono alle aziende straniere di ottenere le licenze “A” senza costituire Joint Ventures.
Sono state istituite “zone franche” dove le merci possono sostare “inbound” ed essere sdoganate al momento della consegna al cliente finale con procedure facilitate.

Sono stati semplificati anche i controlli e le formalità doganali. Per cui oggi operare in Cina è più agevole rispetto al passato e può essere anche economicamente vantaggioso: ma è necessario avere una conoscenza approfondita del mercato e sapersi muovere all’interno di esso.

Al momento se consideriamo infrastrutture e servizi logistici la Cina è più efficiente rispetto all’India. Inoltre la Cina continua ad investire e a migliorare a un passo più veloce.
Non si prevedono inversioni di tendenza nel prossimo futuro. Certo ci sono molte variabili che possono influire sul processo di sviluppo, fattori sociali e politici che potrebbero disturbare e mutare l’evoluzione di entrambi i paesi, ma è impossibile prevedere oggi cosa succederà tra 15 anni.

In ogni caso, approcciare il mercato cinese non è semplice: la Cina è sempre un paese “speciale” dal punto di vista sociale, culturale, politico, e con regole spesso incomprensibili per il mondo Occidentale.
Avere un buon supporto può fare la differenza tra l’avere successo o fallire, soprattutto per le piccole medie aziende.

Se le grandi aziende possono rischiare di più e permettersi investimenti con un ritorno anche sul lungo periodo, le piccole e medie invece hanno bisogno di operatività immediata e ritorni sugli investimenti nel breve.
Il lavoro di PTL Group da più di 10 anni è anche quello di monitorare i cambiamenti e studiare i vantaggi economici che nuove leggi, provvedimenti, regolamenti offrono. Ma non solo.

La crisi economica che sta vivendo l’Europa ha portato molte aziende di piccole e medie dimensioni ad investire in Cina nel tentativo di recuperare nei mercati emergenti i fatturati persi nei mercati tradizionali.
Noi forniamo supporto tecnico e manageriale a tutte queste aziende assistendole nelle fasi produttive, logistiche, di spedizione, ma anche di gestione del personale e nelle varie operazioni finanziarie.

Un altro settore in cui PTL Group è attiva è il Corporate Recovery.
Molte imprese approdate in Cina con grandi aspettative e con discreti successi iniziali hanno sperimentato dopo qualche anno un rallentamento del business se non la paralisi.
Noi mettiamo a disposizione il nostro know-how e i nostri manager per aiutare le aziende in crisi a ritornare produttive.





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