Limitare la supremazia del tutto strada e favorire lo sviluppo delle altre modalità di trasporto: è questo l’invito che da tempo l’Europa rivolge, con sempre maggiore insistenza, ai Paesi Comunitari.
Tra questi l’Italia dove l’autotrasporto rappresenta, oggi come ieri, la “spina dorsale” del settore dei trasporti senza il quale di certo le nostre aziende manifatturiere non disporrebbero ogni giorno delle materie prime necessarie per la produzione e noi consumatori, visitando un qualsiasi esercizio commerciale, non troveremmo gli scaffali colmi di prodotti appena arrivati.
Ma d’altro canto non possiamo ignorare che la situazione del traffico sulle strade italiane, attualmente già difficile, peggiorerà ancor di più in futuro quando gli scambi commerciali, come previsto, aumenteranno.
Togliere i mezzi pesanti dalle strade quindi: facile da dirsi ma non altrettanto facile da farsi.
Una soluzione possibile potrebbe venire dal trasporto combinato gomma-rotaia, di cui tanti ne decantano le lodi ma che, nonostante questo, non riesce ad imporsi come valida alternativa alla strada.
Perché il combinato ha raggiunto negli ultimi anni solo modesti risultati? Quali sono i fattori che ne impediscono l’effettivo decollo? Su tali argomenti hanno esposto le loro considerazioni alcuni importanti addetti al settore del trasporto intermodale.
Perché l’intermodalità terrestre non è riuscita ad imporsi?
Secondo il parere degli esperti interpellati tanti sono i fattori che oggi concorrono a frenare un più significativo sviluppo del trasporto combinato e tra questi:
– la conformazione geografica dell’Italia, una penisola lunga e stretta;
– una “cultura della strada” difficile da sradicare anche perché è quella che attualmente meglio risponde alla crescente richiesta, da parte del mercato, di consegne “just in time”, frequenti e rapide;
– la carenza strutturale ed infrastrutturale che non consente al settore ferroviario di garantire un’elevata qualità di prestazione soprattutto per i prodotti più ricchi (collettame, deperibili, ecc.). La rete ferroviaria, per lo più nel sud Italia, è inadeguata al trasporto di unità di carico con determinate altezze, limitata nella portata dei treni e insufficiente nel numero dei locomotori (spesso anche con scarsa capacità di traino) e dei terminal intermodali, in particolare di quelli di ultima generazione quasi del tutto assenti da Ravenna a Bari. In verità, quanto ora affermato vale soprattutto nei riguardi dei traffici nazionali in quanto nei trasporti fuori confine l’intermodalità, potendo contare su più lunghe distanze e più grandi bacini di traffico, riesce ad operare con maggiore efficienza;
– le tariffe del trasporto strada-rotaia, ottenute sommando i costi delle diverse fasi operative, sono troppo elevate e quindi non competitive con quelle stradali, al contrario molto convenienti. Sicuramente la prevista liberalizzazione del settore porterà notevoli benefici sia sui costi sia sugli standard qualitativi del servizio ferroviario.
Come può l’intermodalità contrastare il trasporto su gomma?
E’ opinione diffusa fra gli addetti ai lavori che per un rilancio dell’intermodalità sia essenziale la collaborazione ed integrazione fra operatori, reti e sistemi.
Il trasporto combinato è infatti, per definizione, una catena composta da tante maglie quanti sono gli operatori coinvolti: se una delle maglie si allenta anche l’intera catena si indebolisce.
Per assicurare un servizio intermodale efficiente è dunque fondamentale che ogni operatore svolga al meglio il proprio compito, le imprese ferroviarie offrendo agli operatori intermodali prestazioni qualitativamente più regolari, affidabili e economicamente concorrenziali e gli operatori ferroviari intermodali, dal canto loro, aumentando il numero delle corse giornaliere sui grandi assi di traffico in modo da sfruttare al meglio vagoni e terminal.
E i sostegni pubblici? Possono favorire lo sviluppo del combinato? E in che modo?
Secondo gli esperti intervistati i cosiddetti “bonus ambientali” (i costi sociali dell’autotrasporto in termini di inquinamento e di sicurezza sono rispettivamente 2,5 e 10 volte quelli del trasporto ferroviario) avranno successo solo se non saranno fini a se stessi ma impiegati in progetti di medio-lungo termine come lo sviluppo delle infrastrutture terminalistiche ed il supporto economico all’esercizio ferroviario almeno fino a quando i criteri del libero mercato non lo renderanno concorrenziale.
Infine, è convinzione degli interpellati che il combinato strada-rotaia potrà avere successo solo se andrà nella direzione del trasporto “non accompagnato”.
Le autostrade viaggianti infatti, comportando l’immobilizzo improduttivo della motrice e dell’autista per l’intera tratta ferroviaria, non potranno mai competere economicamente con il trasporto su gomma, di conseguenza anche in futuro saranno indicate solo in casi eccezionali legati al superamento di vincoli geografici e/o normativi.