Premessa
Il settore cargo, questo sconosciuto: da sempre ritenuto non strategico per il nostro Paese, più di metà della domanda viene oggi intercettata dai vettori stranieri, che imbarcano le merci nei loro hub europei dopo che queste hanno attraversato le Alpi su camion.
Ci siamo chiesti quali effetti abbia avuto la contrazione del mercato su questo settore, quali siano le dinamiche oggi in atto, e infine quali siano le prospettive di sviluppo per l’Italia: a risponderci è stato Roberto Gilardoni, responsabile commerciale di Cargoitalia, in un’intervista che vogliamo qui proporvi.
Il cargo aereo secondo Roberto Gilardoni, responsabile commerciale di Cargoitalia
Roberto Gilardoni opera nel settore trasporti da 15 anni, ha ricoperto vari incarichi di alto livello tra cui head of global operations performance per DHL, lavorando in Asia, Medio Oriente e nelle Americhe.
Prima di assumere questo ruolo, è stato hub e gateway manager di DHL Aviation (Turchia, Russia, Israele e Portogallo), in seguito è stato responsabile dello sviluppo delle attività cargo dell’aeroporto di Brescia Montichiari.
L’abbiamo intervistato in qualità di direttore commerciale di Cargoitalia, azienda presso la quale opera dal 2009, per conoscere le dinamiche inerenti al settore cargo e tentare di capire quali conseguenze abbia avuto la recessione economica e quale sarà la direzione da prendere, con particolare riferimento al contesto del nostro Paese.
Se ci confrontiamo con il 2009, indubbiamente i segnali di ripresa ci sono: nei primi quattro mesi del 2010 la domanda è salita, e stanno crescendo anche le tariffe, vista la chiusura di molte compagnie e il ridimensionamento delle flotte in seguito alla crisi, con conseguente riduzione dell’offerta di trasporto.
Occorre però considerare che il settore cargo aereo ha perso circa il 25%, e sebbene oggi si possa dire che la tendenza si sia invertita, per tornare ai livelli di pre crisi occorrerà aspettare almeno il 2012.
E’ difficile indicare un settore in particolare, anche perché l’incremento dei traffici dipende molto dalle direttrici, e dal fatto che si tratti di merci in esportazione oppure in importazione.
Posso dire che, per quanto ci riguarda, abbiamo notato una ripresa trasversale di tutte le commodity, aggiungendo che – ma non credo sia una sorpresa – il settore che ha risentito meno della crisi è quello dei deperibili: non mi riferisco solo agli alimentari come pesce, frutta e verdura, ma anche a prodotti come i fiori.
In ogni caso, i livelli di merce trasportata sono ancora ben al di sotto di quelli precedenti alla crisi economica.
Per quanto riguarda il cargo aereo, come è stato già anticipato, il settore ha subito una contrazione di circa il 25%.
Le mie competenze, focalizzate ovviamente sul cargo aereo, non mi portano ad avere dati precisi sull’andamento delle altre modalità di trasporto, certo è che la crisi ha colpito tutti i settori.
Per quanto riguarda l’Italia, in cui il trasporto su gomma la fa da padrone, anche senza avere statistiche precise, chi viaggia spesso in autostrada come me si è reso ben conto della riduzione dei trasporti: ad esempio, percorrendo la A4, nel 2009 non si vedevano le solite code di mezzi pesanti, code che hanno cominciato a ricomparire solo di recente.
Probabilmente il trasporto su ferrovia ne ha risentito ancora di più: a mio modo di vedere però, in questo caso occorrerebbe distinguere il fattore crisi da quello inerente alla carenza di infrastrutture ferroviarie, che molto verosimilmente si sono sommati penalizzando pesantemente il settore.
Come è noto, la recessione economica si è fatta sentire nei trasporti in generale.
La competizione fra i trasporti via mare e quelli via aria esiste ma in modo marginale, e riguarda quella tipologia di merce che può utilizzare entrambe le modalità.
Chi si avvale del cargo aereo, essenzialmente lo fa considerando tre fattori: la sicurezza del trasporto, la velocità di consegna, e infine il valore aggiunto della merce, che è solitamente elevato.
Ci sono merci che viaggeranno sempre in aereo: non mi riferisco solamente ai deperibili, ma anche a prodotti tecnologici di alta gamma, in continua e rapida evoluzione, come pc e telefoni cellulari.
Si tratta infatti di prodotti dalla vita molto breve, che devono raggiungere i punti vendita ed essere proposti al cliente finale in tempo utile, visto che spesso il modello successivo e più evoluto viene messo sul mercato a distanza di pochi mesi, rendendo obsoleto quello precedente.
Un caso particolare di sovrapposizione fra trasporto via mare e trasporto via aria è avvenuto negli ultimi mesi del 2009: a causa della contrazione della domanda, le aziende avevano pianificato un livello di scorte molto basso; poi, nei mesi estivi, accorgendosi che c’era carenza di inventory, in vista nel Natale hanno richiesto capacità di navi per reintegrare le scorte nel proprio magazzino.
Vista la riduzione della capacità di trasporto delle flotte, e considerato che la merce via mare impiega in media otto settimane per giungere a destinazione, nei mesi di ottobre e novembre c’è stato un massiccio ricorso al cargo aereo, specie da Cina e Hong Kong, per merci, tipo i giocattoli, che generalmente viaggiano in nave: si è trattato però di un fatto congiunturale, non di uno spostamento di quote di mercato.
La riduzione delle flotte, poi, non ha riguardato solo le navi, ma anche gli aerei, e in questo caso occorre dire che, se da un lato la crisi ha avuto un impatto molto pesante, dall’altro ha anche contribuito a fare pulizia, con il risultato che oggi non sono affatto pochi gli aerei parcheggiati nel deserto del Nevada.
Prima della crisi, molti operatori ‘all-cargo’ entravano nel mercato con aeromobili vecchi, poco efficienti, generalmente conversioni di aerei passeggeri.
Queste aziende, che già erano state messe in forti difficoltà dall’impennata del prezzo del petrolio nel 2008, non sono riuscite a superare anche le complicazioni originate dalla contrazione dei consumi.
Le compagnie tradizionali oggi stanno aspettando che la domanda renda sostenibile l’attivazione di servizi specifici per il cargo aereo.
Sempre in merito alla riduzione delle flotte, occorre inoltre considerare che ci sono altri fattori in gioco, come ad esempio il costo della manodopera in Cina, che si sta innalzando, facendo propendere le aziende verso il trasporto via mare, o quantomeno verso soluzioni che implichino il combinato aria-mare, bilanciando costi e livello di servizio: è piuttosto comune, ad esempio, che le merci viaggino in nave dalla Cina a Dubai, per poi essere imbarcare sull’aereo e giungere finalmente in Europa.
La soluzione principale è dotarsi di aerei tecnologicamente avanzati, operazione alla quale le compagnie dovranno pensare concretamente anche in vista delle normative piuttosto severe che verranno approvate fra breve, introducendo una tassa, una sorta di ecopass, per chi utilizza aeromobili di non recente fabbricazione.
Qui dobbiamo fare un discorso specifico sul cargo aereo: occorre infatti considerare che, stando all’usura del mezzo, un aereo che vola da 20 anni non viene considerato ‘vecchio’, come ad esempio accade per un camion o un convoglio ferroviario.
Ciò non toglie però che un aereo costruito 20 anni fa, sebbene ancora adatto al volo, sia tecnologicamente obsoleto per quanto riguarda i tre fattori chiave dell’inquinamento: emissione di rumore, emissione di gas nocivi, consumo di carburante.
In questo, anche al di là del fattore etico correlato alla salvaguardia dell’ambiente, oppure dei vincoli che verranno imposti a breve dalla normativa, si tratta di considerare che sostenibilità ambientale e convenienza economica non sono affatto esigenze in conflitto tra loro: fondamentalmente, utilizzare aerei tecnologicamente obsoleti significa innanzitutto sostenere costi di esercizio molto più elevati, e quindi perdere competitività.
E’ un discorso ovvio: il cargo inquina nella misura in cui si fanno viaggiare gli aerei, e pensare di farli decollare senza ricorrere a carburanti fossili è oggi impossibile, contrariamente a quanto sta accadendo ad esempio per i trasporti su strada, settore in cui si stanno facendo grossi passi avanti nel mettere a punto motori a trazione ibrida.
Fatto salvo quindi il ricorso a mezzi meno inquinanti, stiamo lavorando molto sulla catena logistica che precede e segue il trasporto: si stanno utilizzando materiali riciclabili per il packaging, così come stanno progressivamente scomparendo i pallet in legno grazie all’ultilizzo di supporti fabbricati con materiali riciclabili e molto più leggeri.
Rispondere compiutamente a questa domanda implicherebbe un discorso molto lungo e articolato: partirò col dirle cosa non fuziona, facendo presente che il settore cargo può ‘prendere quota’ proprio ponendo rimedio a queste carenze, con a mio modo di vedere ampi margini di miglioramento.
In sostanza, il cargo aereo è sempre stato visto come non strategico per l’Italia: di fatto i vettori stranieri hanno potuto intercettare la domanda del nostro Paese, con il risultato che oggi le merci viaggiano su strada sino ai loro hub, per poi essere imbarcate sugli aerei e da lì raggiungere poi le destinazioni internazionali.
Occorre inoltre considerare che le nostre infrastrutture e i servizi a terra non erano, e parzialmente non sono ancora oggi, all’altezza di quelli degli altri aeroporti europei.
Per farle un esempio molto indicativo nel settore delle merci deperibili, pensi ai vari controlli ai quali devono essere sottoposte merci come la carne o il pesce per essere poi rilasciate sul mercato.
Ebbene, com’è possibile fornire risposte efficaci al mercato, se i controlli veterinari sono disponibili sino alle 17 del venerdì per riprendere poi il lunedì mattina alle 8, quando il picco delle attività di cargo aereo è situato nei fine settimana?
La buona notizia è che la situazione, almeno a Malpensa, è molto migliorata, e si cominciano a vedere concreti interventi per ridurre i tempi per le procedure a terra.
Certo è che il gap da colmare è ancora rilevante rispetto ai servizi offeri da molti aeroporti stranieri.
Questi fattori che ora rendono difficoltoso il cargo aereo nel nostro Paese sono ampiamente migliorabili, e va considerato molto attentamente il fatto che più della metà della domanda in Italia viene inoltrata da aeroporti esteri, e che il mercato italiano costituisce per molti vettori europei quello più importante dopo il proprio mercato nazionale: per questo motivo ritengo che per il cargo aereo e ovviamente per Cargoitalia ci siano ottime possibilità di sviluppo.
Cargoitalia: un’impresa italiana al servizio delle imprese italiane
Cargoitalia è stata fondata nel novembre 2003, acquistata poi nel dicembre 2008 da Alis Aerolinee Italiane (che ha acquistato anche alcuni asset della divisione ‘full cargo’ di Alitalia), compagnia creata da Alcide Leali già fondatore, nel 1989, di Air Dolomiti.
La flotta di Cargoitalia è composta da tre MD11-SF, che saranno successivamente sostituiti da aeromobili nuovi a partire dal 2012.
Base di armamento della nuova società è Milano Malpensa, aeroporto baricentro del traffico aereo italiano, da dove Cargoitalia opera con la propria flotta di aeromobili.
Cargoitalia collega il mercato italiano con le sue principali destinazioni di import ed export in Nord America, Sud-Est Asiatico ed Estremo Oriente e prevede una continua espansione del proprio network nei mesi futuri.
Come si potrà leggere anche nell’intervista qui di seguito, Cargoitalia intende colmare quella carenza di servizi cargo che da sempre c’è in Italia: un progetto industriale che costituisce un importante segnale di inversione di tendenza nel settore della logistica e dei trasporti, che ha assistito negli ultimi anni al migrare verso l’estero della proprietà di alcune delle principali aziende italiane; un mercato oggi al terzo posto in Europa per dimensioni di import ed export aereo.