La Russia, un mercato con un bacino di 146 milioni di potenziali consumatori, costituisce uno dei principali sbocchi per il fashion Made in Italy.
Si tratta però di un’area geografica caratterizzata da importanti specificità di tipo legislativo e doganale, pertanto le imprese interessate a portare i propri prodotti in Russia e nei paesi dell’area CIS devono affidarsi a partner qualificati per tenere sotto controllo tutta la filiera logistica e non incorrere in criticità che possano essere di impedimento alla penetrazione del marchio in questi mercati.
Questo il principale messaggio emerso dal Convegno “Le Strade del Fashion in Russia. Come diffondere il Made in Italy”, organizzato da GEFCO, Gruppo leader nella logistica industriale, e IC&Partners, società di consulenza che supporta le imprese nel processo di internazionalizzazione.
Il mercato del fashion in Russia tra il 2012 e il 2014 è cresciuto del 32,5%, per un totale 1.327 miliardi di capi di abbigliamento venduti.
Circa l’85% dei prodotti di fascia medio-alta è rappresentato da importazioni dall’Unione Europea, di cui il 13% proviene dal nostro Paese (dati riferiti al 2014).
Il valore dell’import di abbigliamento e accessori dall’Italia alla Russia nel 2015 è stato pari a 421 milioni di euro ed il nostro Paese figura al secondo posto tra i principali fornitori dopo la Cina.
Le potenzialità del mercato russo tuttavia si intrecciano con alcuni elementi peculiari che rendono necessaria una conoscenza specifica dell’area, ad esempio l’esistenza di contro-sanzioni relative ad alcuni comparti, la presenza di barriere tariffarie, l’attuale svalutazione del rublo e la creazione dell’Unione Doganale Euroasiatica, che introduce nuove regole in materia di certificazioni.
“Le aziende che si trovano a dover scegliere la tipologia di Incoterms – ha ricordato Sabrina Morato, Key Account Manager settore Fashion di GEFCO Italia, che da anni supporta le aziende clienti nell’approcciare questo specifico mercato – devono tenere conto di fattori spesso determinanti per il proprio business.
Le soluzioni infatti che comportano bassi livelli di responsabilità (resa EXW), in cui il venditore demanda l’organizzazione del trasporto e l’espletamento delle procedure di esportazione interamente al compratore, possono comportare criticità in termini di controllo della correttezza della spedizione, di tempi di consegna e soprattutto di tracciabilità dello sdoganamento (uscita dalla CE).
È opportuno invece valutare soluzioni in grado di garantire l’azienda venditrice e consentendole un presidio di tutte le fasi di trasporto e sdoganamento (rese CPT , DAP, DAT)”.