Premessa
Si chiama back reshoring, cioè il rientro in patria di siti produttivi precedentemente delocalizzati in altri Paesi.
Un fenomeno a cui ANIE, la Federazione che riunisce le imprese del sistema confindustriale con 1.200 aziende del settore elettrotecnico ed elettronico, ha dedicato uno studio condotto con il contributo del portavoce del gruppo di ricerca italiano Uni-Club MoRe Back Reshoring: il professore di Ingegneria economico-gestionale all’Università de L’Aquila Luciano Fratocchi.
Emerge che il settore rappresentato da ANIE, cioè l’industria elettrotecnica ed elettronica, è al secondo posto nel fenomeno del back reshoring italiano (rimpatrio produttivo), alle spalle dei settori abbigliamento e calzature.
Tra i motivi principali che spingono a questa scelta vi sono il minor controllo della qualità della produzione all’estero, la necessità di vicinanza ai centri italiani R&S e i maggiori costi della logistica all’estero.
“L’ultimo decennio, a causa di due violente recessioni estremamente ravvicinate, ha cambiato la storia dell’industria manifatturiera” ha spiegato Claudio Andrea Gemme, Presidente di ANIE Confindustria, in occasione dell’Assemblea Annuale della Federazione.
“Tuttavia la new economy basata solo sulla finanza e sui servizi è fallita: senza la manifattura il Paese muore.
Il nostro studio ci dice che tornare a produrre in Italia non è utopistico.
Qualcuno ha già iniziato a farlo, altri lo farebbero se si creassero le condizioni per poter lavorare: abbattimento della pressione fiscale e della burocrazia, detassazione degli utili reinvestiti in ricerca e innovazione, valorizzazione del know how tecnologico e della qualità del Made in Italy, promozione degli asset strategici del Paese”.
Pur in uno scenario difficile, le imprese ANIE non si sono rassegnate: dall’indagine presso i nostri soci è emerso che l’industria elettrotecnica ed elettronica continua a distinguersi nel panorama nazionale per una spiccata propensione al cambiamento, all’innovazione e all’approccio industry 4.0.
La forte componente tecnologica delle aziende ANIE è assolutamente pervasiva in tutti i settori industriali, e dunque le soluzioni tecnologiche che sanno esprimere garantiscono, e sapranno garantire ancora di più in futuro, vantaggi competitivi per tutti.”
Il back-reshoring nel mondo e in Italia
Si parte da una visione globale, cioè quale sia stato l’andamento del fenomeno del back-reshoring a livello mondiale, dagli anni ’80 fino alle previsioni per il 2015.
Comincia così lo studio mirato condotto con la collaborazione di Luciano Fratocchi, docente presso l’Università L’Aquila e anche portavoce dell’Uni Club MoRe Back-reshoring.
Dal grafico del gruppo di ricerca si può vedere come, a livello mondiale, questo fenomeno abbia avuto una crescita negli anni ’80, poi una diminuzione negli anni ’90.
Tra il 2000 e il 2004 il fenomeno è aumentato rispetto ai livelli degli anni ’80, ma poi è ritornato, nel 2005, a quelli degli anni ’90.
Dal 2005 c’è stata una graduale ripresa, particolarmente evidente nel 2009.
Il 2010, invece, ha segnato un rallentamento, mentre successivamente il fenomeno è tornato a farsi sentire ben oltre i livelli del 2009, con un picco massimo nel 2013.
Poi, nel 2014, un ritorno ai livelli di poco superiori al 2010, mentre le previsioni per il 2015 registrerebbero un’ulteriore diminuzione.
In questo contesto, il fenomeno è particolarmente significativo per le aziende dei Paesi dell’Europa Occidentale (il 51% del fenomeno a livello mondiale); tra questi, l’Italia si colloca al secondo posto nel mondo e come primo Paese Ue.
Il fenomeno è sviluppato anche nelle aziende del Nord America (47% a livello mondiale), mentre le decisioni di un ritorno della produzione del Paese di origine hanno coinvolto solo in minima parte l’Asia (2%); le produzioni fanno marcia indietro soprattutto dalla Cina: il 60,3% delle decisioni sul totale ha interessato una rilocalizzazione della produzione dalla Cina al Paese d’origine dell’azienda.
La seconda zona “abbandonata” dalla produzione è l’Asia in generale, con il 12,5%, seguita di poco dall’Europa dell’Est e dai Paesi dell’ex Urss.
Si ritorna anche dall’Europa occidentale per il 7,9%, e dall’America Centrale e Meridionale per il 5,1%, dal Nord Africa e dal Medio Oriente solo per l’1,6%, dal Nord America per l’1,2% e dall’Ocenaia per lo 0,2%.
I settori coinvolti dal fenomeno in Italia e la dimensione del rientro delle aziende ANIE
Nel 43,5% dei casi le decisioni di un ritorno della produzione in Italia hanno coinvolto le aziende di settori abbigliamento e calzature.
Al secondo posto – come anticipato – i settori ANIE, per il 18,8% dei casi.
Il fenomeno ha interessato i settori automotive e arredamento per il 5,9% dei casi; i settori biomedico, della salute e della bellezza, e meccanico per il 4,7%; quelli del consumo elettronico, dei Pc, di altre IT e dei macchinari pesanti per il 3,5% dei casi.
Infine, per i settori del food & beverage, farmaceutico, delle costruzioni navali e del tessile per l’1,2% dei casi.
Tra le imprese ANIE sulle quali è stata condotta l’indagine, tra il 2009 e il 2014 il 29% ha rilocalizzato la produzione all’estero, l’8,30% ha effettuato un back-reshoring e il 2,10% lo prevede.
Tra i rientri, il 60% ha interessato imprese con un fatturato oltre i 50 milioni di euro, il 33,3% imprese con un fatturato inferiore ai 10 milioni di euro e il 6,7% imprese con un fatturato tra i 10 e i 50 milioni di euro.
Le aziende ANIE tornano principalmente dall’Europa dell’Est (38,5% delle risposte) e dalla Cina (30,8%).
Il 23,1% delle imprese ANIE ha indicato altri Paesi in generale da cui si ritorna, mentre per il 7,7% è l’Asia (Paesi oltre la Cina) da cui si rilocalizzano le attività produttive.
Motivazioni e suggerimenti per il rientro
Un minor controllo della qualità della produzione all’estero è il principale motivo che nel 33,3% dei casi è stato indicato dalle imprese ANIE per il rientro dell’attività produttiva in Italia.
La scelta è avvenuta per l’esigenza di una vicinanza ai centri R&S italiani per il 25% dei casi (sul totale delle risposte); i costi logistici sono al terzo posto tra le motivazioni del rientro, nel 22,2% dei casi, insieme al costo della produzione.
Il costo del lavoro è la motivazione per l’11,1% delle imprese che hanno risposto all’indagine.
Come favorire i rientri? Riduzione del cuneo fiscale e semplificazione della burocrazia sono le soluzioni principali indicate dalle aziende intervistate, per il 28,8% e il 26,3% dei casi).
Anche la detassazione degli utili reinvestiti in R&S e la diminuzione dei costi dell’energia sono tra le soluzioni indicate (per il 17,9% e il il 15,4%); infine, la maggior tutela del prodotto italiano, soluzione indicata per il 9,6% delle imprese ANIE.