Capita spesso che la scelta di un processo produttivo venga effettuata non tenendo in considerazione diversi fattori chiave. Ne consegue una gestione operativa carente e soprattutto un servizio al cliente insoddisfacente.
Una chiara comprensione degli scenari competitivi e dei volumi richiesti dal mercato è un pre-requisto fondamentale per implementare il processo produttivo più adatto.
I processi produttivi sono classificabili attraverso diversi parametri, ma quelli di uso più comune sono legati ai volumi produttivi ed alla varietà dei prodotti finiti.
I volumi produttivi si riferiscono in particolare alla dimensione del lotto economico, all’interno della stessa famiglia di prodotto. L’accrescimento dei volumi richiede generalmente una spinta alla standardizzazione ed all’automazione, impiegando quindi maggiori investimenti, al fine di produrre a minori costi unitari.
La varietà, invece, si riferisce al numero di prodotti finiti sempre appartenenti alla stessa famiglia di prodotto.
Una classica rappresentazione è costituita dalla matrice varietà-volume, che evidenzia in che modo la crescita dei volumi è inversamente proporzionale ad una riduzione della varietà del prodotto.
La figura mostra la suddetta relazione varietà-volume e la conseguente classificazione dei processi produttivi da prendere in considerazione.
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Ai due estremi troviamo i “pezzi unici” e il “ciclo continuo”.
Le industrie che lavorano per progetto producono essenzialmente dei “pezzi unici“, non ripetibili. Il lotto di produzione è solo uno.
All’altro estremo vi sono le industrie che producono a “ciclo continuo”, dove i volumi sono ovviamente elevatissimi, la standardizzazione e la ripetitività del prodotto molto spinta.
Non esistono i lotti di produzione, ma c’è una continuità produttiva non essendovi una produzione “discreta”.
Alcuni esempi generici di industrie in cui si applicano i processi sopra indicati sono:
Focalizziamo adesso la nostra attenzione su job-shop, batch e linea, mettendo in evidenza la loro intrinseca complessità, le relazioni tra di essi e quando conviene usare una soluzione anziché l’altra.
Questi tre processi hanno in comune una produzione di tipo “discreto”, ossia hanno la presenza di lotti di produzione, e quindi pezzi.
Vediamo ora quali sono i parametri che li differenziano.
Il job-shop ha fondamentalmente la caratteristica di svolgere dei cicli produttivi in una locazione fisica fissa e ben definita, con l’utilizzo di centri di lavoro di utilizzo generico.
Il batch, invece è la tipica produzione a lotti, laddove il lotto è una quantità “standard”, ma durante il processo produttivo il lotto standard può anche essere ulteriormente suddiviso in lotti più piccoli.
Nella “linea”, invece, le attrezzature ed i centri di lavoro sono disposti, per l’appunto, in linea, ossia in sequenza secondo le operazioni previste a ciclo, e collegate tra di loro con tubazioni o passerelle per il transito dei materiali.
Vediamo ora quali sono i parametri che differenziano il job-shop, dal batch alla linea:
Nel Job-shop il lancio di nuovi prodotti avviene più rapidamente rispetto al batch ed alla linea, grazie alla flessibilità ed alla specializzazione del personale. La linea è generalmente dedicata a prodotti “maturi”, laddove il mercato richiede volumi elevati.
Nel Job-shop vi è maggiore flessibilità sia in termini di attrezzature, che di macchinari e personale, laddove modifiche di ingegneria, esigenze molto specifiche del cliente possono essere soddisfatte; a differenza della linea dove, invece, sono previsti impianti e forza lavoro dedicata e specializzata.
A causa di ciò, i prodotti in fase di lancio vanno sviluppati in ambienti di tipo job-shop. Lo stesso job-shop può essere nuovamente adeguato quando il prodotto entra nella fase di declino, laddove la maggiore flessibilità è necessaria per differenziare il fine vita del prodotto stesso.
Il job-shop ha un’elevata frequenza di set-up, dovuta alla notevole varietà dei prodotti. Tale frequenza diminuisce verso il batch e la linea.
Nel job-shop e batch i centri di lavoro sono distanti, ed essa viene coperta da un flusso di materiali che a volte diventa tortuoso e dispersivo.
Al contrario, distanze minime tra i centri di lavoro sono tipiche della linea, a causa della disposizione sequenziale dei centri di lavoro secondo il flusso di lavoro ed i cicli.
Nel job-shop la manodopera diretta è molto versatile, effettua operazioni manuali, ed è quindi più costosa, se rapportata in percentuale al costo del prodotto finito. Tale costo diminuisce verso il batch e la linea.
Al contrario della manodopera, la percentuale del costo dei materiali diretti sui costi totali cresce dal job-shop alla linea, a causa della contemporanea diminuzione dell’incidenza della manodopera diretta.
La linea richiede elevati investimenti in impianti e macchinari per ottenere costi produttivi molto competitivi. Gli investimenti sono bassi invece nel job-shop, dove prevale l’apporto “artigianale” della manodopera.
Da quanto esaminato, la sfida odierna sui processi produttivi consiste nel rendere i processi di linea e batch i più flessibili possibili, facendo accrescere maggiori competenze e capacità, utilizzando macchinari ed impianti meno costosi, e così via.
L’applicazione dei principi della lean production costituisce spesso la soluzione alle accresciute esigenze di flessibilità richieste dal mercato.