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Smart Working, nell’era del New Normal le aziende ripensano all’organizzazione del lavoro
I risultati della ricerca 2020 dell’Osservatorio Smart Working ci mostrano un mondo del lavoro sempre più orientato a formule agili di collaborazione


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Smart Working, nell’era del New Normal le aziende ripensano all’organizzazione del lavoro

16 Novembre 2020

L’emergenza sanitaria legata al Covid-19 sta spingendo molte aziende a sperimentare formule di Smart Working per i propri dipendenti.
Un nuovo modo di lavorare che per molte aziende è stato utilizzato per la prima volta a marzo 2020.
Le cifre legate allo Smart Working sono molto eloquenti, in Italia dall’inizio dell’emergenza oltre 5,35 milioni di lavoratori hanno sperimentato formule di Smart Working.
Un nuovo modo di lavorare che, nonostante i timori del primo periodo, ha mostrato a molte realtà come il livello di produttività rimanga invariato nonostante tutti i collaboratori non siano presenti in sede.

Da rilevazioni svolte è emerso che nel periodo più difficile dell’emergenza sanitaria il lavoro da remoto è stato adoperato dal 97% delle grandi imprese, dal 94% delle pubbliche amministrazioni italiane e dal 58% delle PMI, coinvolgendo un totale di 6 milioni 580mila di lavoratori, pari a un terzo dei lavoratori dipendenti italiani, oltre dieci volte più dei 570mila registrati nel 2019.

Lo Smart Working, come rilevato dalla ricerca 2020 dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, ha coinvolto nello specifico:

  • 2,11 milioni di lavoratori di grandi imprese;
  • 1,85 milioni di lavoratori delle PA;
  • 1,5 milioni di lavoratori delle microimprese sotto i dieci addetti;
  • 1,13 milioni di lavoratori delle PMI.

Un nuovo modo di lavorare che ha permesso a molti lavoratori di scoprire un nuovo modo per bilanciare vita privata e lavoro.

La ricerca dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano ha mostrato come dal 4 maggio in poi in tutte le organizzazioni si sono attivati processi per favorire il rientro graduale delle persone in sede, ad iniziare già da maggio e giugno.
L’88% delle grandi imprese e l’86% delle PA ha organizzato un piano di rientro del personale che prevede uno scaglionamento degli ingressi oltre alla definizione di nuovi orari di accesso alla postazione.

Per quanto riguarda il lavoro da remoto il 72% delle grandi aziende e il 46% delle PA ha lasciato ai lavoratori la possibilità di lavorare da remoto senza limiti di giornate.
La pubblica amministrazione, a differenza delle aziende private, prevede nel New Normal una percentuale più bassa di lavoro da remoto per garantire un adeguato livello di servizio ai cittadini.

Come mai le aziende prediligono il lavoro in sede?

Bisogna fare una necessaria differenziazione di motivazione tra le aziende private e la PA. La motivazione che spinge le grandi aziende a far rientrare in sede i dipendenti dipende dalla volontà di voler ricreare un senso di appartenenza e di legame delle persone con l’organizzazione.

Molte realtà infatti nel primo periodo del lockdown hanno riscontrato un calo del senso di appartenenza e di legame dei dipendenti con l’organizzazione.
Questo perché i collaboratori si sono sentiti distanti dalla propria realtà lavorativa.
In questa prospettiva il rientro in sede va visto come un modo per rinsaldare il legame verso l’azienda, per questo motivo sono state create occasioni in azienda per incentivare la socializzazione fra le persone, lo scambio informale di idee, momenti di confronto, e la collaborazione.

Per quanto riguarda la pubblica amministrazione la motivazione del rientro dei dipendenti in azienda è legata all’operatività: il 35% delle PA ha dichiarato che il rientro in sede è stato incentivato per favorire la comunicazione interfunzionale e per migliorare la produttività.
Inoltre, nelle PA ha influito il basso livello di dematerializzazione e digitalizzazione di alcuni processi che per essere gestiti richiedono la presenza fisica del personale.

Come funzionerà il lavoro nell’era del New Normal?

Molto importante per le aziende per favorire il rientro dei lavoratori sarà la riorganizzazione degli spazi: il 51% delle grandi imprese, come rilevato dallo studio, ha attivato iniziative di riprogettazione degli spazi, in particolare il 29% sta puntando a creare ambienti diversi in grado di rispondere alle diverse esigenze delle persone, il 38% delle aziende intervistate non interverrà sulle sedi di lavoro limitandosi a definire nuove regole di utilizzo degli spazi.

La ricerca 2020 dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano ha rilevato le attività che verranno privilegiate dalle aziende che prediligeranno il lavoro in sede, queste saranno:

  • il 68% privilegerà le attività di socializzazione con i colleghi;
  • il 58% gli incontri con clienti, fornitori o persone esterne all’organizzazione;
  • il 44% le attività legate al recruiting e all’inserimento dei nuovi nuovi assunti;
  • il 43% le attività di collaborazione o meeting del management più strategici;
  • il 32% le attività di formazione.

Dai dati raccolti dalla ricerca 2020 dell’Osservatorio Smart Working emerge un trend di crescita del numero di lavoratori in Smart Worker anche una volta che questa fase di emergenza sarà superata.
Lo studio prevede un aumento del 5% dei lavoratori da remoto che farà crescere il numero dei lavoratori in Smart Working fino 5milioni e 350mila, di questi un milione e 700mila verranno dalle grandi imprese, un milione e mezzo circa dalla Pubblica Amministrazione, un milione e 230mila dalle microimprese e 920mila dalle piccole e medie imprese.

Dalla ricerca emerge infatti che il 70% delle grandi imprese e il 47% delle PA nel prossimo futuro aumenteranno il numero di giornate in Smart Working per i lavoratori, si passerà da una giornata di lavoro a quasi tre giornate nelle grandi imprese e nella PA da meno di un giorno si arriverà a un giorno e mezzo.

Inoltre, cambierà il numero di dipendenti che avrà accesso ai progetti di lavoro da remoto. Un cambiamento epocale che muta la prospettiva di valutazione del lavoro svolto da quantitativo a performativo.





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