Per garantire la sopravvivenza dell’economia italiana e fronteggiare la dura crisi portata dall’ondata Coronavirus, molti imprenditori, esercizi commerciali e attività si sono dovuti reinventare.
Mai nessuno si aspettava che, da un giorno all’altro, le saracinesche dei negozi sarebbero rimaste chiuse e che per due interi e lunghi mesi la vita quotidiana avrebbe subito uno stravolgimento così radicale.
Di certo è invece che con il lockdown sono aumentati gli acquisti online e che il settore della logistica per l’e-commerce ha avuto un grande slancio positivo.
Molte aziende che si sono trovate a dover rimanere chiuse attenendosi alle normative introdotte dal Governo, hanno messo in atto il piano B, ovvero cercare dei canali digitali alternativi per non fermarsi e poter operare in piena sicurezza.
Se il lavoro d’ufficio si è trasformato immediatamente in uno smart working un po’ improvvisato e i dipendenti hanno potuto continuare il proprio lavoro all’interno delle mura domestiche, diverso è stato per le PMI italiane che, non potendosi recare sul luogo di lavoro per ragioni di sicurezza e non potendo operare da casa, per andare avanti hanno puntato sull’unico mezzo che avevano a disposizione: le piattaforme di e-commerce.
Nonostante il basso livello di digitalizzazione e conoscenza dei sistemi innovativi che le piccole imprese avevano a disposizione, la ricerca di canali alternativi non si è fermata. Soprattutto nei settori di ristorazione e commercio al dettaglio.
Sicuramente il primo passo verso la digitalizzazione è l’apertura di un sito web, ma non tutte le aziende sono in grado di portare avanti questo percorso.
Per farlo possono rivolgersi alle autorità competenti che attraverso l’utilizzo dei piattaforme – e con i giusti strumenti – sono in grado di farli approdare sul web.
I dati però non sono rincuoranti, si registra che: solo il 41% riesce ad utilizzare un sito web che fa da vetrina alla propria attività in maniera funzionale e di queste, solo il 27% riesce ad attrarre volumi di traffico rilevanti sul proprio sito web, registrando più di 500 visite al mese.
A riguardo è stata condotta una ricerca da GoDaddy Inc., il più grande provider al mondo di domini che supporta gli imprenditori, fornendo aiuti e strumenti necessari per avere successo online.
L’analisi ha preso in considerazione un campione di micro imprese, appartenenti ai settori di ristorazione, studi professionali e commercio al dettaglio, con un fatturato medio di 200.000 euro l’anno e ha analizzato i loro comportamenti online durante i mesi relativi al lockdown.
I focus della la ricerca, “Trasformazione digitale durante il lockdown: le micro imprese italiane”, sono state le micro aziende con sito web rilevabile e su queste sono stati analizzati quattro parametri:
Ma non per questo bisogna abbattersi. “Il fatto che il 63% delle piccole aziende con sito rilevabile riesca a generare meno di 500 visite mensili dimostra che esiste un enorme potenziale miglioramento”, spiega Gianluca Stamerra, Regional Director di GoDaddy per Italia, Spagna e Francia.
La ricerca ci mostra che attuare degli strumenti in grado di portare online un’azienda al fine di essere trovata sul web, ad oggi è essenziale.
Adottare dei piani strategici e migliorare il proprio business dovrebbero essere gli obiettivi di ogni PMI.
Oltre a fornire questi dati, GoDaddy è andata avanti con la seconda edizione del PMI Digital Index, condotta con il supporto della Business Unit Consultancy & Performance (guidata da Enrico Meacci Managing Director) di Alkemy.
Questa ulteriore ricerca dimostra il grado di maturità digitale delle PMI, prendendo in analisi 120 parametri di 4.000 PMI.
Le categorie analizzate sono state:
L’indice di digitalizzazione delle PMI che hanno un sito web si attesta a 56/100, registrando un aumento di 2 punti rispetto all’anno precedente: questo è ciò che emerge secondo il PMI Digital Index 2020.
Rispetto al 2019 la qualità delle digital properties delle PMI italiane è notevolmente migliorata. Grazie ad una migliore struttura del sito e al posizionamento SEO la “Digital Presence Quality” è cresciuta di 11 punti percentuali (dal 45% al 56%).
In crescita (di 10 punti) anche il “Digital Marketing Index” avvenuto grazie all’impiego di strumenti come Display Ads, utilizzati dal 10% delle PMI rispetto al 5% dello scorso anno, e di servizi di Web Analytics (dal 56% delle PMI nel 2019 al 62% nel 2020).
Peggiora invece il “Reputation Index”, lo strumento in grado di valutare i like alla pagina Facebook, la quantità di recensioni e in generale l’interazione organica sui social.
I dati delle ricerche dimostrano che: da parte delle PMI c’è una moderata propensione verso la digitalizzazione del futuro.
Anche se molte aziende non sono ancora digitalizzate e non attuano un piano strategico degli strumenti di digital merketing, non è detto che non possono migliorarsi per supportare le proprie attività, far crescere la visibilità e mantenere più solidi i rapporti con i clienti.