Lo scorso anno il costo per i resi, i capi restituiti, aveva raggiunto i 369 miliardi di dollari, pari al 10% delle vendite, per il mercato statunitense. Le previsioni per quest’anno stimano un aumento del 75% rispetto al 2016, arrivando a 550 miliardi di dollari.
I resi hanno un costo sempre più elevato per le aziende, ma anche un peso sull’ambiente. Il trasporto è la prima fonte di inquinamento e l’aumento degli imballaggi significa ogni anno 1 miliardo di alberi abbattuti.
Poter provare comodamente un abito a casa e poi, magari gratuitamente, restituirlo, è uno dei vantaggi più apprezzati dai clienti. Ormai il reso gratuito è uno degli elementi che influenza maggiormente l’acquisto.
Secondo uno studio pubblicato su The Journal of Marketing, le aziende che offrono resi gratis aumentano le proprie vendite del 457%. Così i resi stanno aumentando esponenzialmente, ma per le aziende significa anche un incremento considerevole dei costi.
Negli Stati Uniti, lo scorso anno il valore dei resi è stato di 369 miliardi di dollari, secondo un report di Appriss Retail. Come riportato da GreenBiz, nel 2020 tale valore salirà a 550 miliardi di dollari. Si tratta di un aumento del 75% rispetto al 2016.
I resi implicano una complicata gestione post vendita, perché non possono essere programmati in anticipo, e perché necessitano di un ulteriore trasporto ad hoc.
E sono proprio i trasporti, secondo il New York Times, i maggiori responsabili dell’emissione di gas serra nell’atmosfera.
Il fast fashion è responsabile del 5% delle emissioni globali di Co2 e in 48 ore crea rifiuti che ci mettono 12 anni per essere smaltiti. Oltre al trasporto, infatti, con i resi aumenta anche l’imballaggio.
La rivista Fast Company ha calcolato che, negli Stati Uniti, ogni anno vengono spediti 165 miliardi di pacchi, con l’abbattimento di 1 miliardo di alberi. Più imballaggi significa più rifiuti da gestire per le singole città, tanto che l’amministrazione di San Francisco ha deciso di aumentare la tassa sui rifiuti.
Secondo The Business of Fashion, spesso il motivo per cui viene restituito un capo è perché la taglia non è giusta. Esistono, però, anche dei restitutori “seriali”. Women’s Wear Daily ne ha tratteggiato i profili:
Uno studio riportato da The Telegraph dice che il valore dell’usato dovrebbe superare quello del fast fashion entro il 2028.
Il resale guadagnerà sempre più spazio e, soprattutto, tra i consumatori alto spendenti, che oggi rappresentano il 12% dell’audience e sono pronti a raddoppiare le proprie spese nei prossimi 5 anni.
Con il noleggio è possibile ottimizzare il consumo rendendolo sostenibile, indossando abiti sempre nuovi senza alimentare gli sprechi tipici del fast fashion.
“Il fashion renting può rivelarsi particolarmente utile per ridurre il numero dei resi – spiega Caterina Maestro, fondatrice di DressYouCan – contribuendo alla salute dell’ambiente. Con DressYouCan è possibile sfoggiare capi d’alta moda, senza comprare vestiti che, probabilmente, non verrebbero utilizzati mai più. Inoltre, il fashion renting è candidato a diventare un prezioso alleato di brand e stilisti poiché noleggiare i fondi di magazzino potrebbe rivelarsi la soluzione per diminuire il volume dei rifiuti tessili, un grave problema per l’ambiente dal momento che solo l’1% viene veramente riciclato”.