L’e-commerce ha sconvolto le nostre abitudini di consumatori.
Se una volta si aspettavano i saldi per fare acquisti, per finalmente comperare le scarpe o il maglione che tanto desideravamo, oggi gli sconti sono presenti quasi tutto l’anno.
L’unico mercato in cui gli acquisti online non hanno ancora “sfondato” è quello dell’alimentare, nonostante la crescita importante che ha visto il mercato online food&grocery in grande spolvero nel 2018, con una crescita rispetto al 2018 del 39% e 1,6 miliardi di fatturato.
Come detto, il settore resta tuttavia ancora marginale: basti pensare che l’incidenza di questo segmento, sul totale dell’e-commerce B2C italiano (che ammonta in tutto a 31,5 miliardi di euro) è del 5%.
Questi i dati principali dell’Osservatorio e-commerce B2C, promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano e da Netcomm.
In questo contesto è l’alimentare che rappresenta ancora la componente più forte di tutto il comparto, con l’89% degli acquisti, per un valore complessivo di 1,4 miliardi di euro.
I restanti 170 milioni rappresentano invece la parte più strettamente legata a salute e benessere, specie con i nutraceutici.
In tutto ciò il food delivery, almeno nell’universo dell’alimentare, si conferma primo con 566 milioni di euro di vendite e un tasso di crescita del 56% anno su anno.
“Il food&grocery online è il settore che nel 2019 cresce con il ritmo più sostenuto: +39% a fronte del +15% dell’e-commerce nel suo complesso. Gli acquisti dei consumatori italiani incidono però ancora in modo scarso sul totale degli acquisti retail: la penetrazione infatti supera di poco l’1% ed è pari a circa un sesto di quella media dei prodotti (6%). Per fare un confronto con altri comparti, l’informatica ed elettronica hanno una penetrazione del 27%, l’editoria del 20%, l’abbigliamento del 9%, l’arredamento dell’8%, ha spiegato Riccardo Mangiaracina, responsabile scientifico dell’Osservatorio.
Se la componente più rilevante in tutto il settore è quella rappresentata dall’alimentare, il merito è per i tre segmenti che racchiude al proprio interno.
Quello più economicamente rappresentativo con 566 milioni di euro di fatturato, è il food delivery, alle cui spalle si piazza il grocery food (476 milioni) e infine l’enogastronomia (383 milioni).
“I numerosi progetti, avviati e consolidati, hanno potenziato un’offerta fino a qualche tempo fa piuttosto limitata, ma la strada da percorrere è ancora lunga. Oggi poco più di due terzi degli italiani (68,5%, era il 64% due anni fa) possono fare online la spesa da supermercato, ma con un livello di servizio non sempre adeguato alle aspettative, e quasi la metà degli abitanti (47% contro il 31% nel 2017) è coperta potenzialmente dal servizio di consegna a domicilio di cibo pronto. Per comprendere quanto sia in crescita questo servizio, basti pensare che la previsione di fatturato per il 2019 è di 1,4 miliardi di euro”, conferma Valentina Pontiggia, direttore dell’Osservatorio.
È importante attivare un’iniziativa di e-commerce in questo contesto, ma non dev’essere l’unica attività a cui tendere, ma parte di una strategia più complessa, lunga e integrata tra diversi canali.
“Solo così è possibile superare i connotati, ancora sperimentali, di molte decisioni di management, garantire una copertura territoriale sempre più estesa e offrire un livello di servizio idoneo. Ed è proprio nello sviluppo di questo settore, il primo nel paniere degli acquisti totali degli italiani, che si gioca il futuro dell’e-commerce nel nostro Paese”, conclude Pontiggia.
In questo senso, internet sta cambiando certamente l’accesso e l’acquisto dei prodotti alimentari, ma non solo.
Tutto attorno stanno anche nascendo nuovi servizi per usufruire di questi beni, tra cui metodi di consegna innovativi come il click&collect o drive, con anche soluzioni particolarmente semplici, come l’abbonamento o l’utilizzo di liste di spesa preimpostate.
Alcuni di questi esempi, come spiega sempre Valentina Pontiggia, vedono la crescita dei meal-kit, che permettono di ricevere un box con tutto il necessario per realizzare una cena a casa.
Un servizio che punta dunque non solo al ricevimento del bene, ma anche alla promozione di una vera e propria esperienza diversa.
Per la natura del prodotto e del servizio stesso, va da sé che tutto ruota attorno alla copertura nei centro di medio-grandi dimensioni delle consegne a domicilio di beni degradabili come il cibo.
“In questi anni gli operatori hanno investito per attivare il servizio in nuove città e per aumentare l’offerta disponibile. Oggi infatti il 93% dei nuclei urbani, con popolazione superiore ai 50.000 abitanti, dispone di consegna a domicilio (era il 74% nel 2017) e circa un abitante su due (47%) può ordinare online piatti pronti, in confronto agli uno su tre del 2017”, conclude Samuele Fraternali, senior advisor dell’Osservatorio.
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