L’affermarsi dei nuovi paradigmi e l’emergere di tecnologie innovative come IoT e AI mettono in luce da un lato i limiti di molte infrastrutture IT delle aziende italiane e dall’altro la necessità di nuovi processi tecnologici e software in grado di supportare i processi digitali riducendo i costi operativi e rispondendo ai nuovi requisiti di sicurezza e di compliance.
Molte aziende si stanno già muovendo in questa direzione, e lo stanno facendo in autonomia o affidandosi a fornitori specializzati in grado di supportarli nel processo. Vediamo qualche esempio.
Alla base della rivoluzione digitale che stiamo vivendo, stanno oggetti e infrastrutture in grado di trasmettere informazioni e dati.
La vera innovazione dell’Internet delle cose quindi non sta tanto nelle nuove funzionalità che oggi hanno molti oggetti, ma nella loro capacità di interagire, non solo con altri oggetti, ma anche con l’uomo.
Oggetti fisici rilevano e raccolgono dati (tramite sensori, contatori) e li trasmettono ad appositi “magazzini virtuali”, siano essi in locale o in cloud, dove vengono gestiti. Esempi applicativi si ritrovano nella domotica e nella Smart Home, nelle Smart City, nelle Smart Grid e nel settore della sicurezza.
Il mercato della digitalizzazione sta crescendo costantemente, per fare un esempio, nel settore dell’elettricità gli investimenti in infrastrutture e software cresce annualmente del 20% e nel 2016 ha raggiunto circa 47 miliardi di dollari.
Un esempio di software a servizio della sicurezza è nel campo del riconoscimento immagini, dove dall’evoluzione delle CNN si è passati direttamente all’esplosione di software specializzati in riconoscimenti specifici, come quello per il riconoscimento di utensili di carpenteria o quello per il riconoscimento di veicoli stradali o ancora quello per il riconoscimento di varietà floreali.
Questa evoluzione apre infatti nuovi scenari per le piccole imprese che possono agevolmente assemblare come pezzi di un puzzle tutte le funzionalità a loro necessarie senza dover necessariamente reinventare la ruota.
Si pensi ad esempio ad un gommista che voglia automatizzare la gestione del proprio magazzino o la stima della vita residua di un pneumatico, oppure ad un commerciante che voglia stimare la capacità di spesa di un cliente semplicemente osservandone i vestiti.
Per quanto concerne la crescente disponibilità di dati, se dal punto di vista di una grande azienda il significato di questa evoluzione si traduce nella possibilità di profilare ciascun singolo cliente o ciascun singolo prodotto, per le realtà più piccole si può leggere come la possibilità di far leva su processi e strutture dati consolidati che offrono l’opportunità di mappare esigenze specifiche senza dover sostenere l’intero onere progettuale di un nuovo sistema di raccolta dati.
In quest’ambito infatti, se da un lato le best practice suggeriscono sempre la necessità di progettare i sistemi di raccolta dati a partire dalle esigenze e dal contesto specifico, dall’altro lato i vincoli di budget spesso impediscono una personalizzazione eccessiva; proprio lo scontro tra queste due necessità si può risolvere facendo leva sulla crescente diffusione di consulenti con esperienza ormai consolidata in strutture dati finalizzate all’AI che offrono l’opportunità di riutilizzare il know-how pregresso e di implementare nuovi sistemi senza dover investire eccessivamente nella parte progettuale.
Per calare questa riflessione in un contesto pratico, si pensi ai vantaggi che potrebbe ottenere un piccolo studio di professionisti di fronte alla necessità di profilare la propria clientela per predirne l’affidabilità sui pagamenti, oppure la propensione al passaparola, oppure ancora la disponibilità a scendere a compromessi.
Tra i player di mercato che stanno puntando in modo consistente sui Data Center, Aruba, che, dopo l’inaugurazione del data center di Ponte San Pietro, Bergamo, a fine 2017, ha annunciato di essere al lavoro per realizzare il suo quarto data center, a Roma, con l’obiettivo di andare incontro al bacino d’utenza del Centro e Sud Italia.
L’Hyper Cloud Data Center romano, in fase di progettazione, dovrebbe essere completato entro il 2020, con un investimento complessivo di circa 300 M€.
Il progetto prevede oltre 30.000 m2 destinati alle sale dati, in grado di gestire fino a 66 MW di potenza erogata al 100% da fonti completamente rinnovabili.
Il data center romano è programmato per essere carrier-neutral e offrire alle aziende servizi di connettività gestita, collegamenti ridondati in fibra e collegamenti backbone con i data center di Ponte San Pietro ed Arezzo.
Aruba mette al servizio dei suoi clienti, in particolare, soluzioni di disaster recovery e business continuity, con un’offerta che comprende anche soluzioni di colocation, cloud o ibride.
Anche il gruppo francese DATA4 prosegue la propria espansione e sigla importanti partnership per fornire ai suoi clienti nuovi servizi, che vanno dalla colocation di un singolo rack fino alla progettazione e realizzazione completa di infrastrutture dedicate.
Il gruppo ha al suo attivo 15 datacenter distribuiti tra Francia, Italia e Lussemburgo, con un’area tecnica totale di 27.000 m2 di sale IT.
Oltre alle operazioni di inventory management (prelievo, o ’picking’, e deposito) – tipiche della logistica interna, che controlla i processi di gestione dei prodotti all’interno delle facility aziendali – il software gestione magazzino può anche integrare funzionalità per la gestione della logistica esterna, che controlla la distribuzione degli articoli lungo la supply chain, e operazioni come il tracciamento dei lotti di merce in fase di trasporto sul territorio, o la gestione di molteplici magazzini distribuiti a livello geografico.
I software WMS hanno molteplici funzionalità. Lo spettro di funzionalità coperte e il livello d’integrazione tra le applicazioni, così come anche il livello di flessibilità del programma software magazzino, in termini di aggiornamento, standardizzazione e diffusione, sono discriminanti che consentono di classificare i software di gestione magazzino in differenti categorie.
Esistono, ad esempio, pacchetti software di magazzino elementari, programma gestione magazzino caratterizzati da una copertura funzionale nettamente limitata, ed essenzialmente circoscrivibile alle funzioni di inventory management, gestione contabilità, amministrazione.
Questi software si adattano in particolare a organizzazioni di piccole dimensioni, che in genere coprono le altre funzionalità utilizzando pacchetti software separati, come ad esempio quelli di produttività per l’ufficio, che comprendono software di gestione di fogli elettronici.
Nei pacchetti software elementari, ciascun programma è mantenuto indipendente, e l’integrazione dei dati avviene tramite operazioni di inserimento manuale, o attraverso l’esportazione e importazione di file di database.
Un’altra categoria di software per magazzino e gestionale logistica è costituita dai pacchetti semplici, realizzati in genere da software house nazionali, e con un insieme di funzionalità abbastanza limitate, comprendenti amministrazione, gestione magazzino e produzione.
Si tratta di software che nel tempo hanno subìto una notevole personalizzazione, per riuscire a rispondere alle crescenti esigenze delle organizzazioni.