La supply chain italiana affronta una “nuova normalità” fatta di volatilità, tensioni geopolitiche e mercati in rapido mutamento. Eppure, secondo l’Osservatorio Supply Chain Planning 2025 della School of Management del Politecnico di Milano, solo un’azienda su dieci ha sviluppato una strategia strutturata di prevenzione del rischio.
Nonostante l’82% delle imprese monitori i principali fattori di rischio, la maggior parte continua ad agire in modo reattivo. Le percentuali parlano chiaro: solo il 26% delle grandi aziende e il 5% delle PMI adottano un approccio preventivo. Un ulteriore 22% e 8%, rispettivamente, prevede di implementare strategie di mitigazione entro il 2025. I numeri fotografano una cultura aziendale ancora immatura, più incline a “gestire la crisi” che ad anticiparla.
La ricerca, condotta su 271 aziende manifatturiere, evidenzia una crescente attenzione all’innovazione digitale e al capitale umano, elementi chiave per costruire resilienza e competitività.
Secondo i dati, il 69% delle grandi imprese e il 64% delle PMI ha già ottenuto risultati concreti dai progetti di digitalizzazione. Tuttavia, persistono ritardi organizzativi e culturali, soprattutto nella pianificazione del rischio e nella gestione del cambiamento.
Come sottolinea Matteo Sgatti, Regional Sales Manager di Remira Italia, il successo dei progetti non dipende solo dalla tecnologia, ma dall’investimento in formazione e cultura aziendale. L’introduzione di nuovi strumenti deve infatti accompagnarsi a un percorso di aggiornamento continuo delle competenze, per ridurre le resistenze interne e massimizzare i benefici dell’innovazione.
L’impulso verso la digitalizzazione è ormai evidente: il 60% delle aziende italiane ha avviato progetti di trasformazione nel corso dell’ultimo anno. Tuttavia, molte iniziative restano ancora tattiche, concentrate su obiettivi operativi come la risoluzione di problemi produttivi (15%) o l’aggiornamento degli algoritmi di previsione (10%), piuttosto che su una revisione strategica dei processi.
Nei prossimi dodici mesi, le priorità di investimento punteranno su:
Il messaggio è chiaro: la resilienza digitale non può prescindere da un equilibrio tra innovazione tecnologica e competenze umane.
Le direzioni verso cui si sta muovendo la pianificazione della supply chain italiana sono tre: interoperabilità dei sistemi, governance dei dati e adozione dell’intelligenza artificiale.
Solo un terzo delle grandi imprese e una PMI su cinque dispone oggi di un’integrazione end-to-end tra sistemi gestionali (ERP, WMS, TMS). Il dato è ancora più critico se si guarda alla data ownership: oltre il 20% delle grandi aziende e il 40% delle PMI non dispone di regole formali, compromettendo la qualità delle analisi e la coerenza dei KPI.
Sul fronte AI, la situazione è ancora embrionale: il 62% delle grandi imprese e l’86% delle PMI non ha implementato soluzioni basate su intelligenza artificiale. Le applicazioni più diffuse riguardano analisi predittiva della domanda e automazione della lettura dei dati testuali, mentre la pianificazione autonoma rimane sperimentale.
Secondo Sgatti, “la competitività futura delle imprese dipenderà dalla capacità di conciliare pianificazione strategica, gestione proattiva del rischio e formazione costante”. Le supply chain non sono più catene lineari, ma ecosistemi dinamici, in cui la capacità di adattamento è la chiave per la leadership.
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