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Accertamento fiscale e valore del magazzino: cosa cambia dopo l’ordinanza 9515/2024
La Cassazione chiarisce i limiti del Fisco nella valutazione del magazzino iniziale


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Accertamento fiscale e valore del magazzino: cosa cambia dopo l’ordinanza 9515/2024

15 Novembre 2025

L’Ordinanza n. 9515/2024 della Corte di Cassazione rappresenta un punto di riferimento nella gestione delle verifiche fiscali che coinvolgono il valore delle scorte di magazzino, componente cruciale per molte attività del settore logistico e distributivo. Il caso, relativo all’accertamento di una farmacia, definisce con precisione i limiti del potere ispettivo e ribadisce il ruolo centrale del giudice di merito nella valutazione delle prove. Un tema che incide direttamente sulle operazioni di inventory management, sulla tracciabilità delle scorte e sulla corretta rappresentazione economica dei magazzini.

Il caso: accertamento fiscale basato sugli studi di settore

L’accertamento riguardava l’anno d’imposta 2006 e coinvolgeva IVA, IRPEF e IRAP.

L’Agenzia delle Entrate aveva determinato un maggior imponibile sulla base degli studi di settore, nonostante due elementi rilevanti fossero stati evidenziati dal contribuente:

  • L’attività era stata avviata da pochi mesi, e l’anno accertato non era rappresentativo;
  • Il valore del magazzino iniziale risultava sovrastimato rispetto ai prezzi effettivi delle merci acquistabili dai normali fornitori, con una differenza dell’ordine del 30%.

La farmacia aveva presentato documentazione a campione che confermava il minor valore reale delle scorte. Nonostante una parziale riduzione dell’accertamento, l’Ufficio rifiutava la svalutazione del magazzino, preferendo il valore contrattuale dell’atto di cessione dell’attività. Le Commissioni Tributarie di primo e secondo grado avevano però riconosciuto come più attendibili le prove fornite dal contribuente.

Il nodo tecnico: il valore delle scorte tra contratto e mercato

La contestazione ruotava attorno a un tema cruciale per la logistica: la corretta valorizzazione del magazzino. L’Agenzia riteneva vincolante il dato contrattuale, mentre il contribuente dimostrava come il magazzino trasferito avesse un valore inferiore se valutato sulla base dei prezzi standard fornitori.

La dinamica è emblematica di un problema che molti operatori logistici conoscono: la discrepanza tra il valore formale attribuito a una scorta e il valore effettivamente ricostruibile dalle movimentazioni. La Cassazione sottolinea che la “verità contrattuale” non è automaticamente prevalente sulla “verità sostanziale”, quando quest’ultima è supportata da elementi probatori coerenti.

La decisione della Cassazione: cosa può (e non può) fare il giudice di legittimità

Il ricorso dell’Agenzia delle Entrate è stato dichiarato inammissibile. La Cassazione ha chiarito che il Fisco, pur lamentando una violazione di legge, chiedeva in realtà una rivalutazione del compendio probatorio, attività che non rientra nelle funzioni del giudice di legittimità.

Il ruolo della Cassazione si limita infatti a verificare:

  • la correttezza giuridica della sentenza impugnata;
  • la coerenza logico-formale delle motivazioni;
  • l’assenza di violazioni delle norme che attribuiscono valore legale a determinati mezzi di prova.

La Corte precisa che la valutazione delle prove spetta esclusivamente al giudice di merito, cui è attribuito il potere di scegliere quali elementi considerare attendibili in base al principio del libero convincimento. Nel caso specifico, la Commissione Regionale aveva motivato in modo esaustivo la preferenza accordata alla documentazione del contribuente.

Un passaggio particolarmente rilevante riguarda il riferimento alla giurisprudenza precedente: la Cassazione richiama, tra le altre, le pronunce n. 20608/2022 e n. 18249/2021, confermando che gli studi di settore richiedono una “grave incongruenza” come presupposto dell’accertamento. Nel caso trattato, lo scostamento residuo – appena superiore al 10% – risultava al limite dei requisiti previsti.

Implicazioni per il settore: cosa cambia nella valutazione del magazzino

L’ordinanza incide non solo sulle verifiche fiscali, ma anche sulle prassi gestionali delle aziende.

Il provvedimento chiarisce alcuni punti chiave:

  • Il valore delle scorte non è intoccabile: può essere contestato con prove concrete e documentate;
  • Il dato contrattuale non è un valore assoluto: la sua attendibilità può essere superata da elementi tecnici più coerenti con il mercato;
  • L’Agenzia delle Entrate non può utilizzare la Cassazione come terzo grado di merito;
  • Le aziende devono mantenere prove solide dei valori di magazzino, soprattutto nei periodi di avvio attività o trasferimento d’azienda.

Per chi opera nella logistica e nella supply chain, la sentenza sottolinea l’importanza di una documentazione puntuale, di un sistema di tracciamento affidabile e di procedure di inventory valuation allineate ai valori di mercato.

Una conferma dei limiti del Fisco nell’accertamento del magazzino

L’Ordinanza n. 9515/2024 ribadisce un principio cardine: la valutazione delle scorte non può essere cristallizzata su un valore formale quando prove attendibili ne attestano uno differente. Per le imprese che gestiscono grandi volumi di merci, si tratta di un precedente rilevante, che rafforza il ruolo della corretta gestione documentale e del controllo interno nella difesa da accertamenti non coerenti con la realtà operativa.

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