20 Maggio 2016
(Già pubblicato in Il Giornale della Logistica)
Con il mio mestiere di consulente, ho la fortuna di vedere e conoscere tante aziende diverse fra loro.
Incontro veramente di tutto: organizzazioni logisticamente molto prestazionali e altre con ampi margini di miglioramento, processi ben razionalizzati ed altri da ricostruire quasi completamente, sistemi informativi moderni ed altri sorprendentemente inefficienti ed antiquati, strutture moderne ed altre vecchie e fatiscenti, persone intelligenti ed aperte alle novità ed altre incredibilmente restie ad affrontare qualsiasi tipo di cambiamento.
E’ di quest’ultimo aspetto che oggi voglio scrivere.
Ho incontrato infatti di recente due aziende che forse non riusciranno a fare quel passo in avanti loro necessario, e se sarà così, sarà a causa di persone che, con la loro percezione delle cose e con il loro atteggiamento, impediscono di fatto il cambiamento e quindi il progresso.
Mi sono venute in mente due vecchie situazioni che ho vissuto in passato e che non sono “finite bene”: una di queste aziende è di fatto sparita dal mercato ed i suoi asset sono stati acquisiti da una multinazionale, mentre l’altra ha attraversato ed attraversa tutt’oggi un grave periodo di difficoltà economica.
Ve le racconto velocemente con il personale rimpianto di non essere stato (evidentemente) sufficientemente convincente con i miei interlocutori.
Prima azienda
Il business, da un punto di vista dello sviluppo commerciale, era solido e con una buona marginalità.
L’organizzazione logistica deficitaria dal punto di vista del servizio fornito ai clienti.
C’era qualche lieve difficoltà finanziaria.
Il braccio destro del capo si accorge che è ora di cambiare; il capo se ne convince immediatamente e appoggia il progetto.
Una delle altre tre persone (solo una) che sarebbero operativamente coinvolte nel progetto solleva delle eccezioni.
Si dice non convinto ed evidenzia delle possibili complicazioni.
Il capo e il suo braccio destro perdono convinzione perché preferirebbero portare avanti progetti completamente condivisi.
Il progetto di cambiamento non viene accantonato ma rimandato.
Il tempo passa.
Il servizio peggiora.
La piccola difficoltà finanziaria diventa un grande problema.
L’azienda crolla.
Arriva la multinazionale e se la compra.
Seconda azienda
Il business è maturo e con una bassa marginalità.
Costi logistici eccessivi che non possono essere sopportati a lungo.
L’azienda è di grandi dimensioni governata da manager.
Uno di questi, il top manager, si accorge che bisogna cambiare ed avvia il progetto di rinnovamento dell’organizzazione logistica.
Il responsabile della logistica non è d’accordo e nega la sua collaborazione.
Il top manager non ha voglia di affrontare il suo collaboratore come dovrebbe.
Si autoconvince che si possono fare altre cose … intanto.
La situazione precipita ed i bilanci anche.
Il top manager viene sostituito ma la logistica e il suo direttore rimangono quelli.
L’azienda continua ad andare male e galleggia grazie solo alla sua forza finanziaria.
Io credo che quando le persone dicono no, quando alcune persone dicono no ad un evidente passo in avanti, lo fanno per paura: paura del cambiamento che temono di non essere in grado di accettare e/o gestire, paura di essere messi in cattiva luce per quanto è stato fatto in azienda fino a quel momento.
Questa paura va sconfitta!
Non bisogna sottovalutare il fatto che assalga persone non di primissimo livello nell’organizzazione aziendale (i due esempi ce lo dimostrano), va sconfitta ugualmente e velocemente!
Il primo grave errore che un capo può commettere è fidarsi della persona sbagliata.
Il secondo è lasciargli troppo spazio anche quando comincia ad avere dei dubbi.
Il primo può succedere, è normale; io stesso sono convinto del fatto che per creare grandi aziende un imprenditore di qualcuno si debba fidare.
Si può rimediare.
ll secondo invece non deve assolutamente accadere: è ancora più grave del primo perché non esiste rimedio al danno che può essere generato.