5 Dicembre 2011
Uno degli incarichi più affascinanti ed impegnativi che, a volte, vengono affidati ai consulenti di logistica è il “ridisegno completo del sistema logistico di un’azienda“.
Sintetizzando un poco, potremmo dire che si tratta in pratica di riorganizzare tutti i flussi di merci (a volte anche molto consistenti e relativi a varie regioni o paesi) di un’azienda andando a definire la rete distributiva (magazzini, transit point, ecc.) e l’organizzazione di tutti i tipi di trasporto; il tutto considerando ovviamente anche tutte le varie possibilità di outsourcing.
Quando l’incarico viene affidato al consulente dall’azienda industriale o commerciale che deve distribuire i suoi prodotti, si cerca dapprima di elaborare un progetto di sistema logistico distributivo ideale, quindi se ne verifica l’implementabilità considerando l’apporto di tutte le strutture interne e di uno o più operatori logistici terzi; il tutto cercando ovviamente di ottimizzare il rapporto servizio/costi del sistema.
Quando invece il committente del consulente è un operatore logistico che sta cercando di ottenere la gestione logistica in conto terzi di un’azienda, si cerca sempre di disegnare un’organizzazione prestazionale (servizio/costi) e soddisfacente per “l’azienda finale”, ma poiché è necessario tutelare in primis la redditività dell’operatore logistico per il quale si progetta, è opportuno utilizzare strutture e mezzi indicati dall’operatore logistico stesso; ciò anche a discapito dell’ottimizzazione complessiva del sistema logistico.
E’ proprio quando si passa un po’ di tempo a ragionare su questioni di questo tipo che si ha modo di elaborare considerazioni, magari anche semplici ma comunque di portata generale, in merito agli elementi fondamentali per costruire un’organizzazione logistica prestazionale.
Partiamo da presupposto che molti costi sono in forzato aumento (carburante, mano d’opera, ecc.) e molte cose si sono complicate (legge sul trasporto, sicurezza, ecc.).
In tali condizioni ridisegnare un’organizzazione logistica “migliorativa” non è facile; soprattutto se in un passato recente sono già state poste in essere altre azioni volte alla razionalizzazione del sistema sesso.
In molti casi poi, si ha forzatamente a che fare con le così dette “reti di fornitura logistica” e cioè con una serie di soggetti (il più delle volte fornitori o sub fornitori di logistica e/o trasporto) che svolgono attività differenti, specializzate, ma da integrare.
Parlare oggi della scelta fra outsourcing o insourcing sembra quasi anacronistico ed è probabilmente “inutile”.
Molte delle attività logistiche sono nelle aziende ormai già terziarizzate; ciò che conta non è chi gestisce la cosa, ma se il sistema può contare sui risorse e strutture sicure, adeguate e controllabili.
Negli anni scorsi sono proliferati operatori logistici senza strutture. Non senza soldi, senza strutture e cioè senza magazzino di proprietà (ma preso in affitto), senza uomini (ma “presi in affitto” dalla cooperativa), senza camion, (ma “presi in affitto” da vettori vari).
Questi operatori stanno incontrando grandi difficoltà ed io credo tale andamento si confermerà inevitabilmente in futuro (almeno nel breve).
In periodi di crisi e quindi di “bassa marginalità”, modelli di business basati esclusivamente sull’acquisto e la rivendita di servizi di terzi non reggono; semplicemente perché non c’è spazio per il ricarico che garantisce la marginalità sufficiente alla sopravvivenza.
La logistica è un’impresa come le altre.
Nei momenti di crisi reggono le vere imprese, quelle fatte da un imprenditore che ha risorse finanziarie, che le investe in strutture (camion, mezzi, uomini), che genera economie di scala, che ammortizza il più rapidamente possibile gli investimenti, che ad un certo punto inizia a guadagnare o che comunque sopravvive in quanto parte delle strutture sulle quali ha investito non gli costano più nulla.
Io ritengo che gli ingredienti fondamentali di una buona logistica distributiva siano quelli tradizionali: uomini, magazzini, camion.
Poi certo, ci vuole una buona regia (senza le mani sapienti di una cuoca esperta si fa solo confusione) e un buon sistema informativo (che però è come l’olio o il sale, ma che da solo non rende consistente la pietanza).
Negli ultimi anni ci siamo abituati ad enfatizzare il know how (mitica ed abusata espressione); quando però c’è crisi, quando bisogna fare le cose abbastanza bene ma è più importante farle che costano poco… con il solo know how non si va da nessuna parte.