Questo sito richiede JavaScript per funzionare correttamente. Si prega di abilitare JavaScript nel browser e ricaricare la pagina.
"È proprio perché non so dove sto andando, che ci vado così di fretta"

Un suggerimento per gli operatori logistici internazionali.




21 Novembre 2018

“È proprio perché non so dove sto andando, che ci vado così di fretta”

di Paolo Azzali

Qualcuno dice che i logistici siano praticamente gli unici in azienda ad avere costantemente il calendario, anzi, l’orologio in mano.
Non so se sia vero, ma sicuramente si tratta di una “categoria” tra le più stressate dall’operatività quotidiana.
E questo, si badi, non solo ai livelli inferiori, per esempio degli autisti, dei magazzinieri o di chi li coordina, ma anche a quelli più alti dei dirigenti o dei responsabili di funzione.

Il logistico, si sa, è garante del servizio al cliente, il che significa in sostanza “rispetto delle condizioni pattuite”.
Ora, si dà il caso che da vent’anni a questa parte il mercato sia diventato sempre più esigente in fatto di servizio: pretende velocità, completezza, flessibilità, puntualità, prestazioni personalizzate… il tutto mentre i volumi e gli utili si riducono e i lead-time diventano sempre più brevi.

Chi solitamente contatta i clienti, cioè il commerciale, pur di non perdere fatturato, accetta tempi di consegna “impossibili” e poi chiede al logistico il “miracolo” di rispettarli.
Tutto questo giustifica ampiamente – se mai ce ne fosse bisogno – lo stress da “rispetto dei tempi”, ma va detto onestamente che una via così è percorribile solo nel breve periodo.
Chi continua a rincorrere il tempo, cioè a perdersi nell’operatività quotidiana, rischia grosso per almeno due motivi:
– il primo è che perde il contatto con il resto dell’azienda e, specie se è in posizione di comando, finisce per rinunciare a una fetta di potere;
– il secondo è che, seguendo il day by day, si comporta esattamente come chi non ha programmi e si lascia disegnare la vita dal caso (ma io preferisco dire “dagli altri”).

Un suggerimento per tutti: “Riprendiamoci il nostro tempo o, almeno, rendiamoci conto del danno che ci fa chi ce lo ruba”.
Questo non significa che un logistico non possa donare un po’ del proprio tempo agli altri, anzi…..ma secondo me questo dovrebbe essere il risultato di una scelta, non di una costrizione.
Programmare, pianificare – pur con la dovuta flessibilità – anticipare tutto ciò che è possibile per lasciare tempo all’imprevisto, chiedersi perché accade un disguido e provvedere affinché il fatto non si ripeta, questo forse è il modo più giusto per uscire dal tunnel.

Per chi poi è in posizione di comando, i suggerimenti classici sono: delegare il più possibile e riservare tempo per meditare sulle strategie.
Il tempo dedicato a ripensare quel che si fa, quel che si è e quel che si vorrebbe essere, in pratica a guardare avanti, è certamente il più “ben speso” in assoluto.
Decidiamo anzitutto cosa vogliamo fare e le priorità fra i vari lavori; i tempi di effettuazione ne discenderanno di conseguenza.
Facciamo in modo che non valga anche per i logistici la battuta del noto comico tedesco Helmut Qualtinger: ”E’ proprio perché non so dove sto andando, che ci vado così di fretta!”.