Premessa
Il distretto della rubinetteria, erede di una tradizione molto antica che prende le mosse dall’attività artigianale di lavorazione dei metalli delle prime fonderie di campane del Seicento, si concentra su una superficie di 50 chilometri quadrati, a metà fra le provincie di Novara e Vercelli, nel territorio che dal lago d’Orta si estende sino alla Valsesia.
Si tratta di piccole aziende a conduzione familiare nate nel primo dopoguerra, che ancora oggi, diventate imprese rilevanti per fatturato e notorietà del marchio, mantengono tradizioni e radicamento nel territorio, proiettandosi verso il futuro con scelte coraggiose e uno sguardo sempre attento all’innovazione.
Una di queste è Cristina Rubinetterie, fondata a Gozzano (NO) da Ezio Cristina nel 1949. Trasformatasi da terzista in produttore, l’azienda amplia i propri mercati di riferimento sino a coinvolgere i paesi esteri. Agli inizi degli anni ’70 entra in azienda il primogenito Alberto, al quale qualche anno più tardi si affianca il fratello Riccardo.
Negli anni ’80 si inizia a parlare di “gruppo Cristina“, quando viene proposta una compartecipazione in Silfra, azienda produttrice di scarichi per vasca, che verrà acquisita totalmente negli anni ’90.
L’operazione è di grande valore strategico: la nuova società consente un ampliamento dell’offerta e conseguentemente il servizio alla clientela diviene più completo.
Negli anni successivi Cristina intuisce la forza rivoluzionaria del miscelatore monocomando e avverte la necessità di produrne in proprio la cartuccia senza appoggiarsi a produzioni esterne, ricavandone una maggiore sicurezza e razionalizzazione dell’offerta.
Alla fine degli anni ’90 una fortunata coincidenza segna l’inizio di una nuova era per Cristina.
Makio Hasuike, designer di fama internazionale, concepisce ‘Esempio‘, miscelatore monocomando dalla linea avveniristica di forte impatto visivo che segna una svolta nella produzione della rubinetteria dell’azienda.
Il restyling del marchio ed il costante ampliamento della tipologia di prodotti offerti concorrono alla definitiva consacrazione di Cristina quale testimone del Made in Italy nel mondo.
A partire dal 2006 l’azienda ha intrapreso un processo di riassetto societario con la creazione del Gruppo CRS, un’occasione sia per rafforzare i differenti brand sia per riorganizzarsi internamente, ripensando anche radicalmente il settore logistico grazie alla partnership con Incas Group.
La situazione precedente
L’attività di Cristina è organizzata in quattro stabilimenti non adiacenti, tutti ubicati nell’area di Gozzano, in cui sono impiegate 250 persone.
Come spiega Pietro Foglio Para, direttore generale di CRS Spa, «questa situazione ha sia una ragion d’essere storica, frutto della crescita progressiva dell’azienda in un’area che non ne permetteva uno sviluppo unitario e omogeneo, sia una motivazione strategica, perché ha permesso la specializzazione dei diversi poli produttivi e ha stimolato fin dagli inizi dell’attività una particolare attenzione all’ottimizzazione nelle diverse fasi della catena produttiva e logistica».
«Prima della completa revisione dei processi – continua Pietro Foglio Para – che hanno richiesto l’elaborazione di procedure standard, gran parte della gestione dell’informazione era affidata all’esperienza dell’individuo, dell’operatore: in questa situazione anche una banale assenza diventava una criticità che si ripercuoteva sulla nostra intera supply chain».
L’intervento di Incas Group
Dopo la fase di analisi propedeutica allo sviluppo del progetto di ottimizzazione, iniziata nell’ottobre del 2007, nell’aprile 2008 è stato avviato il nuovo impianto, in una struttura realizzata ad hoc per sostituire il vecchio magazzino che combina un magazzino automatizzato a cassetti, un magazzino automatizzato verticale a vassoi e scaffalature tradizionali per pallet servite da trilaterali, il tutto collegato alle stazioni di prelievo mediante linee di movimentazione aerea.
Il primo impianto di stoccaggio automatizzato ha un’altezza di 10 metri e si sviluppa lungo un corridoio di 50 metri, servito da un trasloelevatore che gestisce cassette in doppia profondità.
Le unità di carico sono cassette di plastica di dimensioni standard che possono contenere sino a 4 referenze, per far fronte a un assortimento vastissimo che mensilmente vede ruotare oltre 8.670 referenze; l’impianto ha una capacità di 9.000 cassette e gestisce flussi in ingresso e uscita pari a 90 cassette all’ora.
All’esterno, in posizione adiacente, è stato installato un magazzino automatico verticale a piani traslanti, con tre colonne di stoccaggio e due baie di prelievo: questa struttura è alta quasi 12 metri, con vassoi di 1.700 x 700mm, sui quali trovano posto circa 900 cassette pari a 50 metri cubi di materiale.
L’impianto in media tratta 850 cassette al giorno, con l’attività che è soggetta a forti picchi tra aprile e luglio, prima della pausa estiva.
Con l’evolvere dell’attività, la tendenza è maggiormente orientata verso una gestione dei prodotti non più su bancali ma con le nuove cassette lungo l’intera supply chain, e proprio questa scelta è stata l’idea chiave: cambiare unità di carico trovando quella ottimale porta tanti vantaggi, che si ripercuotono su tutte le attività aziendali.
In questo modo, non solo vengono snelliti i flussi di materiali e diminuisce l’impegno richiesto per la loro gestione, ma l’adozione di misure standard per le unità di carico accresce notevolmente le potenzialità in termini di movimentazione e stoccaggio e rende possibile l’adozione di soluzioni integrabili fra loro e ampliabili anche in tempistiche differite.
Easystor, il cuore dell’impianto
Easystor, il software WMS integrato da Incas, gestisce e coordina i flussi delle merci e le attività delle persone, instradando gli ordini acquisiti su due percorsi distinti che generano differenti processi.
Le richieste inerenti agli articoli a scorta – sono circa 680 le referenze di prodotti finiti sempre a stock – conducono direttamente all’elaborazione di una lista di picking, mentre per tutti quelli che vengono prodotti in base al fabbisogno, l’ordine viene inviato come lista di prelievo alla produzione.
Tutti i prodotti lavorati o semilavorati destinati ad alimentare le linee di assemblaggio sono stati stoccati nei due magazzini automatici, con tipologie di referenze molto particolari, come quelle della linea Silfra, che non raggiungono mai la condizione di prodotto finito se non all’arrivo dell’ordine da parte del cliente finale.
Come afferma Pietro Foglio Para, «la discriminante tra competitors avvertita dai clienti è soprattutto nel servizio e nella customizzazione», che avviene a vari livelli e non inerisce unicamente a fattori estetici, ma comprende anche il necessario adeguamento di etichette e imballi alle normative dei Paesi nei quali gli articoli saranno commercializzati, per una produzione che nel 65% dei casi è destinata all’esportazione.
La propagazione dei vantaggi lungo l’intera supply chain
I vantaggi ottenuti nelle aree soggette all’intervento di Incas, come anticipato sopra, hanno proiettato benefici anche in altri ambiti operativi, lungo l’intera supply chain: le linee di assemblaggio, ad esempio, sebbene non siano state oggetto di una riorganizzazione diretta, hanno potuto ottimizzare la propria attività grazie alla riduzione dei tempi a monte e a valle.
In più il nuovo sistema, grazie al collegamento di tutti gli stabilimenti in radiofrequenza, ha introdotto la completa tracciabilità dei prodotti e dei processi all’interno dell’intera azienda, che è caratterizzata da una struttura dispersa, con il risultato di garantire la gestione ottimale del flusso delle informazioni, oltre a facilitare il processo di personalizzazione dei prodotti.
Grazie al nuovo impianto, Cristina ha acquisito un’arma in più per far fronte al momento di crisi, potendo contare su una maggiore flessibilità, migliori tempistiche e sull’abbattimento degli errori, ma soprattutto sulla possibilità di gestire al meglio più ordini parcellizzati.
Infine, il miglioramento del servizio ha indotto una maggiore fidelizzazione di clienti e fornitori, permettendo di integrarsi al meglio di fronte alle difficoltà e innescando un circolo virtuoso che ha apportato vantaggi non solo nella supply chain interna ma lungo tutta la filiera.