Lo scorso sciopero ha mostrato in modo evidente una dinamica ricorrente nella gestione dei servizi essenziali italiani: adesioni minime allo sciopero, ma conseguenze significative sulla mobilità e sulla pianificazione delle attività logistiche. I dati ufficiali della Funzione Pubblica evidenziano, il 28 novembre, un tasso di partecipazione complessivo del 2,52% sui presenti, al netto degli assenti per altri motivi . Una percentuale molto lontana dalle premesse che avevano alimentato timori di un blocco nazionale. Per le imprese della supply chain, costrette a riorganizzare turni, trasporti e consegne, il mismatch tra previsioni e realtà rappresenta una criticità ormai strutturale.
Il report GEPAS fotografa un quadro omogeneo: tutti i comparti, ad eccezione delle Funzioni Centrali (9,68%), restano sotto il 2%, con punte minime come la Sanità (0,88%) e la Presidenza del Consiglio (0,45%).
Per Istruzione e Ricerca l’adesione è pari all’1,98%, mentre le Funzioni Locali si fermano all’1,9%. Nelle Province Autonome si registra l’1,13%, nelle Regioni a statuto speciale l’1,8%. Anche categorie tradizionalmente compatte, come il Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, rimangono su valori modesti (3,83%).
Nel complesso, su un totale di 1.299.320 dipendenti rilevati, gli scioperanti sono 27.343, con 213.622 assenti per altre ragioni. Numeri che confermano la distanza tra percezione pubblica e adesione effettiva.
Proprio il settore in cui la logistica misura più chiaramente gli effetti dello sciopero ha restituito il quadro più ambivalente: adesioni contenute, ma disagi elevati causati dall’effetto annuncio. In alcune città il personale del TPL ha aderito fino al 25,9% (Roma – Atac), mentre a Milano (Atm) la partecipazione è stata pari a zero. Nel trasporto ferroviario alcune sigle hanno indicato fino al 30% di cancellazioni, nonostante l’adesione individuale rimanesse marginale.
Per i responsabili dei trasporti, la problematica non è stata la percentuale di scioperanti, bensì la necessità di rimodulare servizi, slot di consegna e turni autisti in assenza di previsioni affidabili. Una dinamica che amplifica costi indiretti e rischi operativi.
Il paradosso emerso è chiaro: il danno si è prodotto prima dello sciopero, non durante. Imprese, cittadini e operatori logistici hanno modificato programmi sulla base di un rischio percepito più che reale.
Per la logistica, abituata a lavorare su pianificazioni strette, l’incertezza genera inefficienze su più fronti:
Scioperi un tema strategico: la supply chain dipende non solo dalle adesioni effettive, ma dalla qualità delle informazioni disponibili. La limitata partecipazione non ha impedito la propagazione di disagi diffusi, costringendo aziende e operatori a implementare piani di emergenza spesso inutili.
In uno scenario in cui puntualità, integrazione dati e previsione della domanda sono essenziali, l’effetto annuncio rappresenta una variabile destabilizzante. La logistica italiana dovrà continuare a investire in sistemi di monitoraggio, ridondanze operative e modelli previsionali, integrando anche fattori esogeni come gli scioperi. Solo così sarà possibile trasformare l’incertezza in resilienza operativa.
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