Premessa
Ecodom è il più importante Consorzio operante in Italia nella gestione dei rifiuti elettrici ed elettronici (di seguito RAEE): ha trattato, nel 2015, circa 78.400 tonnellate di questa particolare tipologia di rifiuti, con il vantaggio di riciclare materiali, 47.000 tonnellate di ferro, 1.700 tonnellate di alluminio, 1600 tonnellate di rame e 8.000 tonnellate di plastica, evitando l’immissione in atmosfera di 870.000 tonnellate di Co2. Dal 2008 ha effettuato una serie di indagini per mettere a fuoco le particolarità di questo sistema e offrire ai propri interlocutori spunti di riflessione e di miglioramento.
Ecodom ha presentato in una nuova ricerca il punto di vista dei Produttori di AEE, dei soggetti che hanno fatto nascere e crescere il sistema RAEE, una moltitudine di aziende (circa 7.500) di ogni dimensione, che hanno saputo dare una risposta positiva alle normative (prima europee e poi nazionali) sulla Extended Producer Responsibility.
Il Consorzio ha voluto indagare il livello di conoscenza su questo argomento, il giudizio sulla normativa italiana e sul Sistema RAEE, la soddisfazione rispetto all’operato dei Sistemi Collettivi e i criteri con cui scelgono il Sistema Collettivo.
Abbiamo voluto ascoltare una voce diversa: la voce dei protagonisti.
La fase quantitativa ha interessato i produttori di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche inserite nel registro AEE.
A partire da tutte le aziende iscritte è stato effettuato uno screening approfondito per reperire le informazioni di contatto tramite elenchi telefonici e internet.
Successivamente, tutte le aziende per le quali è stato possibile reperire le informazioni sono state contattate telefonicamente per l’intervista.
Tra queste, dopo verifica dell’eleggibilità, sono state realizzate 600 interviste.
Il campione
Riguardo al numero di dipendenti, al netto delle mancate risposte, si osserva un certo bilanciamento tra aziende di dimensioni contenute (fino a 10 dipendenti) e aziende con un organico più ampio (>10 dipendenti), che corrispondono in entrambi i casi al 49%.
In termini territoriali, la sede centrale è prevalentemente situata nel nord 78%; un’azienda su cinque è ubicata nel centro sud (22%).
Per ciò che attiene al fatturato, tra coloro che hanno indicato un valore, osserviamo una suddivisione abbastanza omogenea tra aziende con fatturato inferiore al milione di euro (30%), con fatturato tra 1 e 5 mln di euro (31%) e con fatturato annuo netto superiore a cinque milioni di euro (26%).
Le aziende intervistate si distribuiscono in molteplici settori di attività, in particolare nella produzione di strumenti elettrici ed elettronici (33%), apparecchiature di illuminazione (26%), piccoli elettrodomestici (18%), apparecchiature IT e ICT (15%).
Più residuali le altre categorie.
Nella maggior parte delle aziende intervistate (87%) esiste un ufficio o una figura preposta per la gestione dei RAEE, sia essa interna o esterna all’azienda (sotto forma di consulente).
Prendendo in esame le sole figure interne, i dati evidenziano una certa eterogeneità: il responsabile RAEE afferisce ad ambiti professionali differenti, a seconda dell’organizzazione societaria.
Rileviamo una quota analoga tra ufficio amministrazione/ contabilità e ufficio commerciale (21%).
Osserviamo peraltro come la figura del responsabile RAEE interessi anche la dirigenza o i vertici aziendali, con percentuali analoghe alle precedenti (21%).
Altri reparti coinvolti sono l’ufficio acquisti, sicurezza, ufficio legale.
La figura dell’environmental manager è ancora poco sviluppata.
In generale, occuparsi di RAEE non sembra essere una scelta autonoma ma piuttosto una decisione dell’azienda (82%).
Interessante notare come, nelle attività di formazione, la consulenza del sistema collettivo sia considerata un punto di riferimento per l’incremento dell’alfabetizzazione (51%).
Seguono la consultazione della normativa (42%) e le attività di sharing con figure dello stesso tipo (24%).
Meno citate le attività di formazione organizzate dall’azienda (14%).
Lo scenario della gestione dei RAEE in Italia
L’autovalutazione degli intervistati riguardo i RAEE domestici in Italia evidenzia una certa disinformazione: il 28% del campione infatti si dichiara poco o per nulla informato, e la quota dei disinformati cresce tra i più critici (39%).
La maggioranza, ossia il 72%, ritiene viceversa di conoscere il meccanismo, sebbene solo il 4% si ritenga molto informato.
Il parere degli intervistati riguardo l’evoluzione della gestione del sistema RAEE nell’ultimo quinquennio evidenzia una certa positività: complessivamente circa due intervistati su cinque (38%) ritengono che si sia innescata una fruttuosa evoluzione e, per circa un terzo (26%), la situazione si è mantenuta stabilmente positiva.
Quindi un quadro complessivamente favorevole per il 64% degli intervistati, specie per gli informati (69%).
Di converso, il 23% lamenta qualche criticità, in particolare tra i disinformati (30%).
Una considerazione interessante che emerge dai dati è che le osservazioni dei più critici sembrano volte maggiormente a sottolineare una certa cristallizzazione delle problematiche anziché una evoluzione in negativo delle stesse.
Secondo gli intervistati che riscontrano una evoluzione positiva, le motivazioni principali riguardano una maggiore attenzione dedicata alle tematiche ambientali in generale, sia da parte dei produttori di AEE (32%), che della società in generale (28%), anche su sollecito della Commissione Europea rispetto all’agenda di Governo (7%).
Residuale, ma vale la pena considerarla, la quota di coloro che intravvedono un “cambio di paradigma” nella considerazione del RAEE: da semplice rifiuto a potenziale risorsa (4%).
Parallelamente si riconosce anche come, in questi anni, vi sia stata una più chiara definizione dei ruoli e degli obblighi per i vari attori coinvolti nel processo (28%).
Tutto considerato, quindi, la valutazione sul sistema di gestione dei RAEE domestici in Italia raccoglie un voto mediamente sufficiente, ma la situazione non è priva di criticità, specie tra i disinformati (voti negativi pari al 38%; superiori di dieci punti rispetto alla media).
Secondo i rispondenti, i principali nodi da sciogliere sono fondamentalmente due, e sono determinati da differenti comportamenti: l’uno ascrivibile al consumatore, l’altro agli operatori che si occupano del trattamento dei RAEE, talvolta senza le necessarie attrezzature.
Italia vs Europa
La situazione del nostro Paese rispetto a quella europea evidenzia un certo ritardo: il 42% degli intervistati ritiene infatti che l’Italia sia più indietro rispetto agli altri Stati membri in relazione alla gestione dei RAEE domestici; di nuovo, questa considerazione è maggiormente presente presso i disinformati (45%).
È pur vero che circa un terzo degli intervistati non è in grado di esprimere una valutazione, confermando una limitata conoscenza del fenomeno.
A tal proposito, il WRAP (The Waste and Resources Action Programme) ha indetto un bando per finanziare nuove tecnologie e metodi più efficaci per la raccolta e il recupero dei RAEE.
Il progetto pilota partito l’11 febbraio in Italia, Germania, Regno Unito e Turchia, promosso in partnership con la European Recycling Platform, è finanziato con i fondi del Programma UE Life.
L’obiettivo del bando denominato “Critical Raw Material Closed Loop Recovery” è recuperare i metalli nobili dai vecchi dispositivi elettronici, limitando l’impatto dell’e-waste.
Critical Raw Material Closed Loop Recovery si propone un traguardo ambizioso: raggiungere entro il 2020 un incremento del 5% nel recupero di componenti ”preziosi” quali grafite, cobalto, antimonio, tantalio, terre rare, argento, oro e platino da cellulari e altri piccoli dispositivi elettronici di uso comune.
Nei Paesi dell’Unione Europea vengono generate ogni anno circa 9,9 tonnellate di RAEE.
Di questo quantitativo, solo il 30% è avviato a una corretta procedura di trattamento, riuso e riciclo, mentre la percentuale di recupero dei materiali preziosi e rari non supera l’1%.