Soppressione dei treni a lunga percorrenza, dismissione di una nave ed esuberi per cento lavoratori.
È questo, in sintesi, il piano che il direttore delle Risorse umane di Ferrovie dello Stato, Stefano Savino, ha illustrato a Roma ai rappresentanti sindacali delle federazioni nazionali dei trasporti.
Un piano che secondo Fit-Cisl e OrSa mette a rischio la coesione del Paese.
Dal 13 giugno entrerà in vigore il nuovo orario e sarà allora che verranno soppressi gli intercity giornalieri e un intercity notte.
Di fatto, la continuità territoriale sarà garantita soltanto da due treni notturni e una nave, che effettuerà 18 corse per il trasporto dei convogli al di là dello Stretto.
L’azienda ha annunciato esuberi per 100 unità, di cui 42 precari trimestrali.
Ma secondo le previsioni dei sindacati, tra personale mobile delle ferrovie, addetti alla manutenzione e dipendenti delle aziende dell’indotto, a rischio ci sarebbero circa 700 posti di lavoro.
Nel comunicare il piano ai rappresentanti di categoria, Savino ha spiegato che il 23 dicembre scorso dal Ministero dei Trasporti, a fronte di una carenza di fondi, era arrivata l’autorizzazione per la soppressione dei treni e la conseguente rottura di carico a Villa San Giovanni e Messina.
Nessuna garanzia nemmeno sui 30 milioni che dovrebbero servire per finanziare il servizio ex Metromare.
I fondi sono rimasti impantanati tra i gangli della burocrazia e, quando saranno disponibili, dovranno essere destinati in prima battuta a sovvenzionare il traghettamento dei treni rimasti, il collegamento veloce e il trasporto dell’utenza ferroviaria.