Premessa
Fino a pochi anni fa i grandi corrieri internazionali, come gli americani Federal Express e Ups, e gli europei Dhl e Tnt, i quattro big di questa competizione globale, si preoccupavano di gestire il nastro trasportatore globale in un’ottica di servizio e supply chain per le imprese: enormi hub di raccolta e smistamento sull’asse Usa-Europa-Asia, magazzini efficienti, imponenti flotte di aeromobili e una rete di trasporto locale su gomma.
Oggi nella stagione dell’economia digitale (e globale), tutto è cambiato.
La filiera distributiva sta cambiando, come suggeriscono gli esperti di settore, in una prospettiva “omnicanale”.
Significa dare al consumatore la possibilità di acquistare merce da qualsiasi dispositivo (fisso o mobile), a qualsiasi orario e riceverla a casa, in negozio o depositata in un locker, includendo la gestione anche dei resi, come capita di frequente con l’abbigliamento.
La supply chain al tempo dell’e-commerce
In una recente intervista rilasciata a La Repubblica, Marco Melacini, responsabile per la ricerca dell’Osservatorio Contract Logistics del Politecnico di Milano, ha dichiarato: “L’e-commerce sta spostando il paradigma della logistica perché oggi la merce arriva direttamente a casa del consumatore.
Una spedizione da un punto A ad un punto B è diventata una mera commodity. Tutti la possono fare.
Oggi il vero valore aggiunto sta nell’organizzazione e nell’efficienza di tutta questa filiera.
E farà la differenza l’innovazione che sapranno mettere in campo corrieri e operatori della logistica”.
Questi i temi che saranno trattati durante il convegno ‘La supply chain al tempo dell’e-commerce’, organizzato da Logisticamente con la collaborazione dell’Unione Parmense degli Industriali, in programma a Salsomaggiore Terme (PR), Palazzo dei Congressi, il 15 aprile 2015.
Il convegno mira proprio a individuare le tecniche e le modalità in cui la logistica e i trasporti si stanno trasformando nell’epoca in cui tutto deve essere sempre più veloce ed efficiente.
Naturalmente tale evoluzione riguarda le aziende che vendono online ma non solo: avere – tra le altre cose – una catena di fornitura e di distribuzione perfettamente integrata, i prodotti sempre disponibili, le spedizioni tracciabili, è una prerogativa comune anche alle aziende che non vendono sul web, e che operano sia nel B2B sia nel B2C.
Per capire la posta in gioco basta andare a vedere l’ultima mossa di Amazon che ha lanciato in alcune città degli Stati Uniti servizi di consegna (anche di alimentari) a domicilio, diventando così concorrente dei suoi stessi corrieri-fornitori.
Dopo il colosso di Jeff Bezos, sono arrivati anche Google, con il servizio Express, poi eBay e Alibaba, che hanno investito nel settore delivery in Cina, e perfino Uber che comincia a usare i “suoi” taxi nonché le biciclette per le consegne celeri di pacchi.
Le sfide del futuro che l’America sta già raccogliendo
Lo scenario è in grande evoluzione.
Se si pensa che FedEx, 44 miliardi di dollari di fatturato nel 2013, sta già pensando al cosiddetto commercio elettronico “crossborder”, quando sempre più negozi e imprese saranno collegate a quel nastro trasportate globale fino al domicilio, magari dall’altra parte del mondo, del consumatore.
Una bella sfida che varrà nel 2018, secondo uno studio di Paypal, 300 miliardi di dollari, e che è stata raccolta anche da Ups, l’altro grande operatore made in Usa (46,2 miliardi di ricavi nel 2013) che ha scelto una doppia strada di sviluppo, una software e l’altra hardware.
La prima è arrivata con l’acquisizione di iParcel, una piattaforma di e-commerce, che mette in contatto milioni di negozi tra Gran Bretagna e Stati Uniti, e l’altra con il lancio degli Access Point, ovvero 20 mila negozi di prossimità (dai minimarket ai distributori di benzina) affiliati per la consegna delle merci quando il consumatore non è in casa per ricevere il pacco.
Quando rientra a casa, passerà dal negozio a ritirare il suo articolo.
In Italia: problema di domanda o consegna?
In Italia nel 2014 il mercato e-commerce B2C ha fatto registrare un +17%, per un valore di 13,3 miliardi di euro.
Interessante all’interno di questo dato il fenomeno del Mobile Commerce, che fa registrare il raddoppio delle vendite via smartphone (+100%), pari a 1,2 miliardi di euro, che assieme a quelle dei tablet incidono per il 20% sull’e-commerce.
Nonostante questi numeri e il trend positivo che da due anni spinge il comparto, il valore del mercato e-commerce italiano rappresenta solo 1/7 di quello UK, 1/5 di quello tedesco e 1/3 di quello francese.
La penetrazione in Italia è solo del 3,5% contro il 14% in UK, il 9% in Germania e il 7% in Francia.
Da sempre per giustificare questo ritardo si parla di digital divide, sfiducia nei pagamenti con carta, la poca propensione all’acquisto a distanza, una logistica claudicante e una rete di negozi talmente capillare che non sempre l’acquisto online diventa necessario.
In poche parole, un problema di domanda.
Secondo Riccardo Mangiaracina, responsabile della ricerca dell’Osservatorio eCommerce B2C Netcomm – Politecnico di Milano, se il problema fosse solo nella domanda le principali dot com non sarebbero sbarcate nel mercato italiano.
Uno degli elementi che più influisce sul livello di soddisfazione di chi acquista online è il processo di consegna.
È quindi interessante approfondire ancora una volta le considerazioni dell’Osservatorio sulle più recenti evoluzioni in questo campo, e sulle soluzioni logistiche dei siti italiani che fanno export.
Gli operatori dell’e-commerce italiano – scrive l’Osservatorio – stanno provando a superare i limiti della consegna a casa mediante l’offerta di servizi a valore aggiunto, come la consegna su appuntamento, al sabato, o con i “locker”, i distributori automatici di ultima generazione che consentono la consegna e il ritiro di merci e documenti 24 ore su 24, 365 giorni all’anno.
Più in dettaglio, il censimento condotto dai ricercatori del Politecnico di Milano su 80 operatori attivi in Italia nel commercio online di prodotti, evidenzia che la consegna al piano, in punto vendita, e in un giorno definito sono i servizi più diffusi (adottati da circa il 40% del campione).
Seguono la consegna al sabato (adottata da un merchant su 5, soprattutto nei comparti Grocery e Informatica/elettronica di consumo), e la consegna entro le 12 del giorno successivo all’ordine, offerta da poco più del 15% dei merchant del campione, in prevalenza nei comparti Grocery, Fiori e Lavanderia.
Innovazioni di frontiera
I servizi più innovativi però stanno emergendo ancora una volta all’estero.
I ricercatori del Politecnico segnalano alcuni casi “di frontiera”, come la consegna “same day” di Amazon (in USA, UK, e in Spagna, a Madrid), Argos e Karen Millen in UK, e Flipkart in India, e vari tipi di servizi di monitoraggio della consegna.
Due esempi sono il “live tracking” offerto da Asos in UK, che consente la verifica della posizione del pacco con un ritardo massimo di 30 minuti, e il Click&Collect di Waitrose, con box termoregolati per consegnare in maniera automatica anche i prodotti surgelati.
Altri casi poi sono ancora più sperimentali, e lontani dall’essere applicati.
Un esempio è il “roam delivery”, ossia la consegna itinerante nel baule dell’auto, proposto da Volvo.
Grazie a un meccanismo di chiavi digitali sarà possibile far aprire il baule dell’auto al corriere che vi potrà lasciare il prodotto ordinato online.
Un secondo è il brevetto depositato da Amazon per il “predictive shipping”, ossia la spedizione preventiva, prima ancora dell’effettivo ordine, in aree laddove ci si aspetta che vengano ordinati particolari prodotti (perché visti online più volte o messi nella wishlist), nel tentativo di offrire un tempo di consegna più ridotto.
Quanto ai siti italiani con una regolare attività di esportazione, le soluzioni logistiche per supportare le consegne all’estero sono diverse, in funzione sia dai mercati serviti (distanza, dazi, barriere normative) che dai prodotti commercializzati.
Più precisamente, dall’analisi dell’Osservatorio emerge che le soluzioni più praticate sono tre:
Visita la pagina del convegno gratuito ‘La supply chain al tempo dell’e-commerce’.