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C'è molta Italia a Panama: il trasporto delle paratie per le nuove chiuse.
Intervista a Biagio Oro, di Geodis Wilson Italia, sulla partenza delle navi transoceaniche per l'allargamento del canale di Panama.


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C’è molta Italia a Panama: il trasporto delle paratie per le nuove chiuse.

7 Ottobre 2013

Premessa


Fra poco meno di un anno sarà il centenario della fine dei lavori del Canale di Panama: iniziati nel 1907 per opera del genio militare statunitense, furono terminati il 3 agosto 1914, anche se l’inaugurazione ufficiale avvenne nel 1920, posticipata rispetto alla conclusione effettiva dell’opera a causa della Prima guerra mondiale.

L’attraversamento e il conseguente passaggio dall’Oceano Atlantico al Pacifico o viceversa sono possibili grazie a un sistema di chiuse che innalzano e abbassano le navi di circa 10 metri per volta, per coprire il dislivello fra i due Oceani e il lago artificiale Gatun, che li sovrasta di circa 25 metri: si tratta di un sistema di chiuse con sei conche, tre sul versante Atlantico e tre su quello Pacifico.

All’epoca della costruzione, il Canale venne studiato per essere percorso da un bastimento virtuale denominato convenzionalmente Panamax, dalla stazza di 75.000 tonnellate, lungo 294 metri, largo 32,3 e con un pescaggio di 12,04: un colosso, rapportato alla stazza delle navi di 100 anni fa, che però ai giorni nostri è stato ampiamente superato.

Non possono infatti attraversare il Canale le superpetroliere, che arrivano ad avere una portata di 500.000 tonnellate e misurano oltre 60 metri in larghezza e oltre 450 in lunghezza, e le moderne portacontainer, anch’esse vicine ai 60 metri di larghezza e ai 400 di lunghezza.

Per questo motivo sono in corso i lavori di ampliamento del Canale, dietro un progetto presentato dal Governo panamense nel 2006 e sottoposto a referendum nello stesso anno, che dovrebbero concludersi entro il 2015 e, a regime, raddoppiare il numero di navi che potranno attraversarlo, triplicandone la dimensione.


Insieme alla spagnola Sacyr Vallehermoso, alla belga Jan de Nul e al contractor locale Constructura Urbana, del consorzio che si è aggiudicato la gara d’appalto fa parte l’italiana Impregilo: la realizzazione delle 16 nuove chiuse avverrà nel nostro Paese.

Si tratta di barche porte di acciaio alte circa 33 metri, lunghe 58 e larghe 10, il cui peso varia dalle tre alle 4.000 tonnellate ciascuna: costruite a Porto Nogaro, da lì verranno caricate sino a Trieste e quindi trasbordate su navi oceaniche sino a Panama.

Ad occuparsi dell’intera spedizione è Geodis Wilson Italia, che a fine agosto 2013 ha già portato a destinazione le prime quattro. Ne parliamo con Biagio Oro, Industrial Project Director di Geodis Wilson Italia, che ci ha fornito qualche ragguaglio su questa impresa straordinaria.

Conversazione con Biagio Oro


Quali sono secondo lei i punti di forza che hanno permesso a Geodis Wilson Italia di aggiudicarsi questa commessa?

Indubbiamente l’appartenere a un gruppo internazionale con credibilità, forza finanziaria ed esperienza nella cantieristica, avvalorata dal team che ha elaborato il progetto, dalla qualità degli uomini che hanno sviluppato questa ingegneria con una soluzione tecnica credibile.
Oltre alla componente ingegneristica è stata anche la componente concorrenziale della nostra offerta a fare la differenza, nei tempi richiesti e ad un prezzo accessibile.

Ci fornisce qualche numero per metterci in grado di percepire l’entità di questo trasporto, come ad esempio il valore, il numero di persone impiegate, il tempo?

Ci siamo ritagliati un piccolo spazio nell’ambito di questa opera infrastrutturale di importanza mondiale e, nel caso specifico, abbiamo acquisito da parte di una società italiana le attività di trasporto dal punto in cui vengono fabbricate le paratoie, fino a Panama.
Per noi l’attività ha un volume d’affari di circa 50 milioni di dollari, con tempistiche tra i 14 e i 15 mesi, e ha impegnato – tra persone del nostro team e non – un indotto di circa 20 addetti per la fase progettuale ingegneristica.

Ci spiega, per sommi capi, quali sono e come avvengono le fasi del trasporto dallo stabilimento di Porto Nogaro sino a Panama?
Le paratoie hanno dimensioni eccezionali, e vengono costruite in prossimità di un approdo. Il sito di costruzione è in una banchina privata, a Porto Nogaro, dove noi ormeggiamo una chiatta.
Le paratoie, una per volta, vengono caricate mediante l’uso di carrelli modulari idraulici autopropulsi di ultima generazione, meglio noti come SPMT (Self Propelled Modular Trailer), poi fissate a bordo della chiatta.
Con l’uso di 4 rimorchiatori si transita lungo il canale Aussa Corno e si esce dalla laguna di Grado per giungere al mare ove la chiattta trainata dal solo rimorchiatore principale prosegue la navigazione (costiera) fino a Trieste.
Giunti al porto di Trieste la chiatta viene ormeggiata in prossimità della nave semisommergibile (si tratta di navi costruite appositamente per carichi come questi, eccezionali per peso e dimensioni), poppa contro poppa e con l’ausilio di apposite rampe utilizzando i medesimi carrelli (120 assi dalla portata di circa 50 tonnellate per asse) si procede al trasbordo diretto dalla chiatta alla nave con un imbarco tipo Ro-Ro.
Tale operazione si ripete per 4 volte fino al completamento del carico della nave oceanica con 4 paratoie. Una volta fissate le paratoie a bordo, inizia il viaggio verso Panama, passando per lo stretto di Gibilterra.
Una volta arrivate, le paratoie vengono scaricate tramite carrelli semoventi, e disposte nell’area dedicata per poi essere trasferite una alla volta nel sito: otto paratoie dal lato dell’Oceano Atlantico e otto dal lato dell’Oceano Pacifico.
Abbiamo già effettuato un primo viaggio che si è concluso positivamente, il secondo viaggio è previsto tra ottobre e novembre, il terzo viaggio a metà gennaio e l’ultimo in aprile.

Guardando le immagini delle prime quattro chiuse caricate sulla nave in rotta per Panama, è impossibile non restare impressionati. Ci spiega quali sono state le criticità maggiori e in che modo sono state risolte?
La difficoltà principale e prioritaria è quella di dover studiare come trasportare pezzi di queste dimensioni e peso: individuare la nave idonea, studiare come accomodare i pezzi sulla nave, e soprattutto come distribuire i pesi.
Questo tipo di trasporti deve essere certificato dal registro navale, in questo caso dal RINA. Bisogna fornire e soddisfare tutti i criteri di stabilità previsti dall’IMO (International Maritime Organization) e dalle linee guida di Noble Denton effettuando calcoli molto complessi, e tenere conto delle condizioni meteomarine come il vento e l’altezza d’onda significativa al fine di ottenere la “Marine Warranty” per questo specifico trasporto.
Abbiamo soddisfatto tutti i requisiti e ora siamo pronti per il secondo viaggio.

Considerando il settore degli spedizionieri in generale, anche alla luce di un’impresa del genere, quali saranno secondo lei le tendenze che ne caratterizzeranno l’evoluzione futura?
Nel settore delle spedizioni rientrano molte attività: dal pacco postale a grandi impianti come questo.
Più che spedizionieri ci definiamo operatori marittimi, ingegneri e logistici del trasporto.
Quando si parla di impiantistica, infatti, il trasporto non può prescindere da una fase di ingegneria. E il mercato dell’impiantistica è un mercato mondiale, florido, perché c’è bisogno di energia in tutto il mondo.
Basti pensare a quanto ancora oggi sono necessari gli impianti per l’estrazione del gas e del petrolio e al fatto che per molti anni l’umanità dovrà procurarsi l’energia necessaria. Le città stesse hanno costantemente bisogno di ammodernarsi.
Il futuro dell’impiantistica quindi è in costante crescita e pone sfide sempre più impegnative per gli operatori: chiede tempi sempre minori e manufatti sempre più modularizzabili.

Grandi opere come il Canale di Panama o quello di Suez influenzano e sono influenzate dal contesto politico ed economico internazionale. Quale ruolo pensa potranno avere nuovi attori come la Cina, che ha aperto un dialogo con il Nicaragua per aprire un passaggio concorrenziale a quello di Panama?
Il Canale di Panama appartiene alla Repubblica panamense, e sono le autorità portuale e demaniale che gestiscono il flusso di navi da e per il pacifico.
Il canale, però, è di tutti coloro che lo utilizzano, quindi ha un impatto su tutti i flussi di merci che passano da questa zona: i grandi flussi di merci che dalla Cina e dall’Europa vanno in America, risparmiando quantità di giorni notevoli rispetto al giro che dovrebbero compiere dalle coste argentine.
È l’economia mondiale stessa, quindi, a trarne vantaggio. Si tratta di un’opera di infrastruttura mondiale.

Chi è Geodis Wilson Italia


Con più di 7.000 dipendenti ed un network globale, Geodis Wilson è una tra le principali compagnie freight forwarder nel mondo.
Ha un network di uffici e hub in 50 Paesi, tra Europa, America, Asia, Medio Oriente e Africa.
L’esperienza del gruppo Geodis Wilson si sviluppa in diversi settori tra i quali l’high tech, il farmaceutico, il tessile e l’automotive, il navale, grandi impianti e altri mercati di nicchia.
La divisione Industrial Project di Geodis Wilson Italia si occupa di Spedizioni internazionali di Project Cargo; Gestione della documentazione di spedizione; Expediting, inclusa la gestione degli ordini d’acquisto (Order Management) e tracciabilità delle spedizioni; Studi di fattibilità e sopralluoghi tecnici; Trasporti multimodali; Progettazione di sollevamenti e rizzaggi specifici trasporto per trasporto; Soluzioni di magazzinaggio; Assistenza tecnica e Progettazione e fornitura di bilancini di sollevamento.

Per informazioni sulla divisione Industrial Project di Geodis Wilson Italia è possibile consultare la brochure dedicata collegandosi a http://www.geodiswilson.com/PageFiles/3168/BROCHURE_GEODIS_IP_2013_low.pdf





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