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Italia: centrato l'obiettivo Kyoto.
Resoconto di Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile dopo periodo di verifica 2008-2012.


Logistica Sostenibile

Italia: centrato l’obiettivo Kyoto.

1 Marzo 2013

Premessa


Un segnale importante per l’Italia, che ha più che centrato il target nazionale di riduzione delle emissioni di gas serra fissato dal Protocollo di Kyoto: è quanto emerge dal “Dossier Kyoto 2013”, realizzato dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, che traccia anche un bilancio del Protocollo, la cui storia si è conclusa con il periodo di verifica 2008-2012.

Secondo le stime della Fondazione, nel 2012 le emissioni di gas serra dell’Italia si sono attestate attorno a 465/470 milioni di tonnellate di anidride carbonica equivalente (MtCO2eq), oltre 20 milioni in meno rispetto al 2011.

La media annua del periodo di verifica 2008-2012 risulta così di circa 480 MtCO2eq, pari a una riduzione di oltre il 7% rispetto al 1990, una percentuale superiore, quindi, rispetto al target posto dal Protocollo, che per l’Italia stabiliva il limite delle emissioni medie annue 2008-2012 di 483,3 MtCO2 eq, -6,5% sul 1990.

Il raggiungimento degli obiettivi del Protocollo è il frutto non solo di politiche e misure di settore, come quelle sugli incentivi alle fonti rinnovabili e sugli interventi di miglioramento ed efficienza negli edifici, ma anche di un più ampio processo di dematerializzazione dell’economia, guidato dalla diffusione di prodotti e servizi a minore intensità di consumo di risorse ed energia e dalla diffusione di comportamenti individuali più sensibili ai temi della tutela ambientale e del risparmio.

La recessione economica e la riduzione di C02

Come si legge nel Dossier, se è vero che la recessione economica, riducendo produzioni e consumi, ha contribuito a ridurre anche le emissioni, è altrettanto documentato che quando le emissioni crescevano, lo facevano più velocemente del PIL, e quando hanno cominciato a diminuire, lo hanno fatto a tassi decisamente più alti del calo del PIL.

È neccessario, si legge ancora, fare attenzione anche ad un altro dato: senza gli investimenti per l’efficienza energetica, e soprattutto quelli ingenti per le fonti rinnovabili, la recessione economica sarebbe stata ben più grave.

In genere senza dichiararlo, anche gli avversari del Protocollo di Kyoto hanno messo da parte le loro vecchie critiche: sanno bene che le riduzioni delle emissioni di gas serra richieste per mitigare la crisi climatica, nel prossimo futuro, saranno molto maggiori di quelle imposte dal Protocollo di Kyoto.

I prossimi obiettivi e i settori interessati al loro raggiungimento

I prossimi obiettivi della road map europea sono ridurre le emissioni a 440 milioni di tonnellate di CO2 nel 2020 e a 370 nel 2030.
In che modo raggiungerli?

Per quanto riguarda l’Italia, dal Ministero emergono importanti azioni nel settore dei trasporti, che determinano il 33% dei consumi finali di energia e rappresentano la seconda voce di spesa al consumo delle famiglie italiane e che , secondo il Ministero, dovrebbero puntare sempre di più su “trasferimento modale” e tecnologie “green“.

Stando a due recentissime ricerche sviluppate con la collaborazione dell’Autorità Portuale di Trieste e Alpe Adria e con la stessa Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile intitolate “Il trasporto merci in Italia” e “Verso un piano nazionale di riduzione della Co2 dei trasporti”, infatti, l’assunto per questi nuovi obiettivi è uno solo: il nostro Paese è il fanalino di coda dell’Ue negli indicatori di modalità sostenibile.

Le merci, ad esempio, viaggiano al 94% su camion e appena per il 6% in ferrovia.
Se si sommassero tutte le forme di trasporto alternative all’asfalto, cioè la ferrovia più il cabotaggio sui mercantili più le idrovie, l’insieme rappresenterebbe un modesto 13% degli spostamenti delle merci sul territorio nazionale.

Prendendo in considerazione 53 terminali intermodali presenti in Italia, lo studio dell’Autorità Portuale di Trieste e Alpe Adria evidenzia che “se fosse invertito il rapporto fra strada e ferrovia si potrebbe conseguire un notevole abbattimento dei costi esterni che gravano sull’ambiente, fino al 57% dell’ammontare complessivo sviluppato dal trasporto su strada, con un risparmio stimabile attorno ai 3 miliardi di euro l’anno”.

Ma come agire?
Adoperando le infrastrutture intermodali già presenti (individuati cinque assi che si sviluppano nei due sensi, attraverso la Pianura Padana e da Nord a Sud lungo le due dorsali, Centro-Tirrenica ed Adriatica) per spostare le merci sui carri ferroviari e sulle vie d’acqua.

Negli studi citati si legge: “Sfruttando al massimo il patrimonio dei terminali disseminati su tutto il territorio nazionale, infatti, si raggiungerebbe anche l’obiettivo fondamentale di favorire le imprese ferroviarie e gli operatori logistici, che avrebbero così l’occasione di proporre servizi e offerte commerciali adeguate, sostenibili e competitive.

In questo modo si instaurerebbe una collaborazione costruttiva tra le aziende e il comparto dell’autotrasporto, che non potrà non condividere questa strategia di reciproco vantaggio“.

Le ricerche citate sopra osservano che se si raggiungesse in tutta Italia la proporzione tra trasporto pubblico e privato che c’è oggi in Liguria negli spostamenti entro i 20 chilometri (64,7% auto-36,3% trasporto pubblico), sarebbe possibile ridurre le emissioni di CO2 di 2,6 Mt nel 2020 e di 4,8 Mt nel 2030.

Il nuovo Piano Nazionale elaborato dal Governo esamina non a caso – oltre agli scenari di sviluppo dei nuovi modelli di auto elettriche, ibride e a gas – proprio l’auspicata crescita del trasporto ferroviario, soprattutto per le merci e nelle aree urbane.
Inoltre sono prioritari l’incremento del trasporto marittimo e lo sviluppo dei biocarburanti di seconda generazione.

Alcune delle azioni individuate dal Nuovo Piano Nazionale

In tema di biocarburanti, gli interventi riguardano essenzialmente tre aree prioritarie: la progettazione delle navi; i miglioramenti nel sistema di propulsione e altri azionamenti; il funzionamento e la manutenzione.

Limitatamente al trasporto merci, nello scenario di piano si acquisisce l’indicazione degli Stati Generali, che consiste in una riduzione dei consumi energetici del 35% al 2030, basata sia su evoluzioni tecnologiche che su una gestione del traffico navale merci più efficiente.

L’analisi sui potenziali indica poi al 2030 l’allineamento della quota del trasporto ferroviario sul totale del trasporto merci su strada e ferro in Italia ai valori registrati oggi in Germania.

Anche in questo caso la valutazione è coerente con l’obiettivo indicato dagli Stati Generali, pari al raddoppio della quota di traffico ferroviario sul totale del traffico merci.

In questo caso la valutazione del potenziale tecnico trova conferma nel Piano, che prevede l’aumento della quota di merci su ferro dall’attuale 8% ad oltre il 16%, con una riduzione delle emissioni di gas serra di 0,3 mio t C O 2eq al 2020 e 1,1 mio tCO2 eqal 2030.

La razionalizzazione della distribuzione urbana delle merci è un’altra misura strategica, per quanto non induca un’effettiva riduzione dei quantitativi di merci movimentate ma tenda a ottimizzare gli spostamenti dei veicoli commerciali e i loro coefficienti di carico.

Proprio in quest’ottica si propone, tra l’altro, l’introduzione di un sistema di pedaggio in base all’utilizzo della rete e del fattore di carico dei mezzi commerciali, determinando uno svantaggio per i mezzi più emissivi e con load factor più basso.





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