Premessa
La terza direttiva postale ha stabilito dal gennaio 2011 la completa liberalizzazione del mercato del recapito in tutti i paesi dell’Unione Europea.
Gran Bretagna, Germania e Olanda avevano liberalizzato il mercato negli anni precedenti, in netto anticipo rispetto alle scadenze previste dalle direttive.
In Italia, la partecipazione statale al 100% in Poste Italiane rappresenta tuttora un freno e una grottesca contraddizione rispetto agli adempimenti previsti dalla Direttiva Europea.
Perplessità ha da subito suscitato la scelta operata dal decreto di affidare direttamente a Poste Italiane il servizio universale per 15 anni (sia pure con verifica quinquennale, operata dall’Autorità di regolamentazione sulla base di criteri da essa predisposti, di miglioramenti di efficienza, a pena di revoca dell’affidamento).
Nel mondo Occidentale per liberalizzazione di un mercato si intende il processo attraverso il quale vengono rimosse le barriere legali, i vincoli normativi che impediscono l’accesso agli operatori che desiderano operare nel medesimo.
Prima della liberalizzazione solitamente l’offerta è riservata a un monopolista posseduto dal settore pubblico; dopo la liberalizzazione il mercato è generalmente aperto ad una concorrenza effettiva realizzata da una pluralità di operatori.
Spesso i processi di liberalizzazione sono accompagnati anche da processi di privatizzazione degli operatori pubblici e nella generalità dei casi da una riforma della regolazione finalizzata ad introdurre regole ed arbitri neutrali, non sottoposti alla sfera politica, al fine di garantire una competizione su basi paritetiche tra gli operatori e tutelare i consumatori.
Rispetto al significato sopra illustrato, accolto nelle discipline economiche e giuridiche, e valido in tutto il mondo, il termine ‘liberalizzazione’ deve essere adeguatamente e differentemente interpretato nel caso italiano che vede ancora gran parte di ciò che è stato elencato non attuato.
Il recente decreto Liberalizzazioni non sembra aver cambiato le carte in tavola, e di fatto si ravvisa da più parti sentimento di delusione e aspettative disattese.
Assegnare la regolamentazione del settore postale a un’Autorità indipendente, l’Agcom, è stato un passo importante verso la liberalizzazione, è vero, ma contrariamente alle attese, nonché alle raccomandazioni dell’Antitrust, Mario Monti e il suo esecutivo non hanno affrontato il dossier sulla separazione del Bancoposta, misura cruciale per risolvere l’equivoco di fondo sulla natura dell’operatore incumbent.
Al di là della discussione sulla liberalizzazione del settore, poi, sarebbe il momento di pensare alla prospettiva di una privatizzazione.
Non per passare da un monopolista pubblico a uno privato, ma per garantire al Paese ingenti risorse e aprire veramente il mercato agli operatori privati.
Il parere recente dell’Antitrust
In alcune proposte tecniche avanzate a inizio anno dall’Antitrust in una segnalazione a Governo e Parlamento, con l’obiettivo di “rimuovere gli ostacoli che ancora si frappongono all’apertura dei mercati e per promuovere la concorrenza” si legge: “risulta necessario accompagnare le liberalizzazioni con interventi che garantiscano l’equità sociale e che favoriscano, anche attraverso le opportune riforme del diritto del lavoro, nuove opportunità di inserimento per i soggetti che ne uscissero particolarmente penalizzati”.
L’Antitrust suggerisce, inoltre, come nel settore postale sia necessario delimitare il perimetro del servizio universale limitandolo esclusivamente a quei servizi essenziali che l’utente non sarebbe altrimenti in grado di acquistare a titolo privato, individuati dall’Autorità di regolazione preposta.
Va inoltre ridotta la durata dell’affidamento del servizio stesso a Poste Italiane (attualmente fissata a 15 anni).
L’esenzione Iva non va inoltre applicata alle prestazioni di servizi postali le cui condizioni siano oggetto di negoziazione individuale.
Quanto all’attività di Banco Posta, occorre prevedere la costituzione di una società separata da Poste Italiane, che abbia come oggetto sociale lo svolgimento dell’attività bancaria a pieno titolo e che risponda ai requisiti della normativa settoriale contenuta nel Testo unico bancario.
Posizioni del Governo e dell’esperto
ll ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, intervenendo ad un’audizione alla commissione Trasporti alla Camera, rispondendo alle domande di alcuni parlamentari che chiedevano maggiore liberalizzazione nei servizi, ha spiegato recentemente di non “essere dello stesso avviso circa la necessità ulteriori liberalizzazioni.
Dobbiamo tenere quello che rende all’interno, sia pure rispettando le direttive europee, altrimenti il costo del servizio universale aumenta”, ha spiegato l’ex Ad di banca Intesa Sanpaolo che è stato amministratore delegato anche di Poste.
In una situazione di mercato che si evolve, in cui il recapito non potrà che diminuire, secondo il Ministro, Poste Italiane “deve continuare a inventarsi meccanismi per fornire altri servizi.
Poste Italiane sono quelle che hanno ridotto meno, rispetto agli altri Paesi, per quanto riguarda il servizio di corrispondenza”.
“Un processo tra luci e ombre”. Così Ugo Arrigo, senior fellow dell’Istituto Bruno Leoni, intervistato da ItaliaOggi Sette lo scorso 2 luglio, definisce la liberalizzazione del mercato postale italiano.
“Di positivo c’è che si è completato almeno il processo di liberalizzazione normativo previsto dalla terza direttiva postale: questo è avvenuto nel corso del 2011 con diversi mesi di ritardo rispetto al termine europeo”.
Tuttavia l’esperto rileva la mancanza di un insieme di regole del gioco neutrali.
Arrigo segnala alcune anomalie: “Il compito di garantire il servizio universale è stato assegnato in blocco e per un periodo lungo a Poste Italiane in via diretta, senza l’utilizzo di procedure di gara aperte ai concorrenti.
Inoltre il servizio universale è identificato secondo l’ampiezza massima possibile, fattore che accresce l’onere che dovrà essere rimborsato dal committente pubblico al prestatore del servizio”.
Quindi sottolinea che “le licenze agli operatori per i servizi rientranti nell’area universale continuano a essere assegnate dal Ministero dello sviluppo economico, mentre sarebbe più corretto che ciò avvenisse da parte dell’Autorità di regolazione”.
Così l’Italia continua a mostrare ritardi rispetto agli altri paesi europei: “In Svezia i servizi postali sono seriamente liberalizzati da quasi vent’anni; in Germania e Olanda solo da pochi anni, ma c’è una seria competizione sul mercato”, cita come esempi.
Secondo un’indagine del centro studi Copenhagen Economics sul costo del servizio universale in Italia, commissionato da Tnt Post, se il principio stabilito dalla direttiva postale fosse rispettato, si potrebbe ridurre la compensazione al fornitore del servizio universale (con grandi benefici per lo Stato e i contribuenti) fino a un massimo di 175 milioni di euro.
Se comperassimo i servizi di recapito postale sul mercato olandese, invece, che è quello più liberalizzato, potremmo risparmiare in un anno, a causa delle minori tariffe olandesi, quasi un miliardo, al quale si aggiungerebbe un ulteriore risparmio di poco inferiore ai 500 milioni sui trasferimenti pubblici.
In un anno spenderemmo complessivamente, come consumatori e come contribuenti, 1,4 miliardi in meno.
Se invece anche i nostri livelli di consumo procapite fossero simili a quelli olandesi (240 pezzi all’anno per abitante, il triplo dell’Italia) il risparmio sfiorerebbe i 3 miliardi di euro.