Premessa
Da oltre 40 anni società di tutto il mondo hanno scelto Psion per la sua capacità di fornire soluzioni di mobile computing innovative e al tempo stesso robuste che hanno apportato vantaggi sensibili allo svolgimento della loro attività.
Il concetto di Adaptive Ingenuity definisce in modo chiaro l’attività di Psion.
Superando l’approccio tradizionale, è un’azienda in grado di rispondere alle richieste dei clienti, generando o realizzando prodotti che non solo garantiscono migliori prestazioni oggi, ma sono capaci di adattarsi rapidamente all’evolvere delle richieste.
Questo continuo “andare controcorrente” ha dato vita ad una nuova filosofia denominata Open Source Mobility: un approccio decisamente rivoluzionario nei confronti della modularità, dell’innovazione aperta e della personalizzazione. Scopriamo in cosa si sostanzia.
Intervista a Fabio Cassin di Psion Italia
Convinti che automazione e logiche scientifiche non debbano essere ad esclusivo appannaggio della grande impresa, siamo sempre alla ricerca di soluzioni che possano aiutare le PMI ad essere competitive, cosa che oggi significa sempre più essere in grado di restare sul mercato. Ci sono novità in tal senso dal mondo dell’hardware?
Come evidenziato durante il convegno di Parma, noi siamo convinti che la modularità delle piattaforme sia la vera grande novità.
Ci sono alcune condizioni, come ad esempio il fatto che i terminali siano facilmente utilizzabili, che siano aggiornati costantemente, e che soprattutto vengano utilizzati secondo le esigenze specifiche.
Oggi un terminale è utile se, in buona sostanza, lo si può trattare come un oggetto On demand: se ho necessità basilari, dovrò avere un prodotto più semplice, se ho necessità più complesse dovrò avere un terminale gestito con una modularità differente.
In questo senso la differenza la fanno le persone, e mi spiego.
Le persone pensano e progettano, portando avanti così i discorsi innovativi, puntando, come elementi distintivi, al fatto che le aziende oggi cercano come sostegno ciò che fa loro preservare gli investimenti fatti.
Performance hardware e fattore umano sono i tratti essenziali che rendono il plus dei nostri terminali.
La sua relazione al convegno è stata incentrata sul concetto di ‘modularità’, da tempo patrimonio comune del software.
Come è stato possibile traslarlo in ambito hardware?
La modularità in se è una filosofia, un concetto, che se tradotto in modo pratico grazie ad un attento re-engineering degli ambiti produttivi, offre la capacità performante.
Noi lavoriamo sul design, sulla produzione e sulla delivery, laddove ci siamo accorti di essere forti di soddisfare le esigenze di nicchie di mercato abbiamo cercato di traslare questa filosofia su scale più ampie.
In questo modo siamo riusciti, innanzitutto, a migliorare il prodotto, e di conseguenza ad intercettare un pubblico maggiore.
Ma anche qua, senza volermi ripetere, la differenza la fa l’uomo, ovvero la capacità di avere idee.
E in questo ambito noi siamo aiutati dalla nostra community, che abbiamo creato esattamente per riuscire ad avere un contattato diretto con i partner, i clienti e, perché no, anche con i competitor.
La nostra piattaforma, Ingenuity Working navigabile da www.psion.com , è stato il vero e proprio motore del cambiamento: dovete immaginare una sorta di Facebook, ma tagliato perché non sia un semplice aggregatore o social network, ma un luogo virtuale dove condividere e commentare le esigenze pratiche dei nostri prodotti.
In questo modo abbiamo aperto un focus sulle capacità performanti dei prodotti, ma anche sui difetti, o sui consigli che ci vengono dati per migliorare questa o quella prestazione.
È la capacità di avere un monitoraggio sulle attività quotidiane, e di mettere a nudo i nostri difetti per migliorarci.
E’ corretto associare la modularità in ambito hardware alla flessibilità, e in caso affermativo, perché?
Si, assolutamente.
Perché laddove ci sono dei cambi di uso o delle attività in più da dover aggiungere ecco che con il terminale modulare basta cambiare il modulo, o aggiungerlo. E non cambiare il terminale.
Sembra una sciocchezza, ma, immaginate quanto cambia a livello di tutela degli investimenti.
Noi ci muoviamo in ambito logistica e mobility: pensiamo a tutte le implementazioni che si possono prevedere.
Per esempio parto con un’azienda, dopo anni ne acquisisco un’altra e con il sistema modulare ho una flessibilità unica.
Qualche mese fa, intervistando il referente di un’azienda che progetta e realizza soluzioni mobile per la logistica, è emerso che molte idee innovative scaturiscono da richieste di personalizzazione dei clienti. Anche per voi è così?
In alcune occasioni per noi è stato esattamente così.
Diciamo che il nostro plus è che lavorando con questa filosofia e attraverso Ingenuity Working noi siamo come una piattaforma aperta alle modifiche e alla potenzialità del cambiamento.
Come dicevo prima, la modularità è una filosofia: ci è capitato di implementare il prodotto grazie al supporto dei partner, per esempio, senza contare che è proprio dal cliente che arriva lo stimolo principale.
Parliamo della community Psion ‘Ingenuity working‘: è corretto affermare che state creando uno strumento per intercettare in modo sistematico le spinte all’innovazione provenienti dalla clientela?
È come un social network dedicato al nostro ambito.
Blog, innovazione, idee, aree per i partner ed interventi, esprimere idee che siano attinenti con l’area del nostro core business.
Se vogliamo questa è una sintesi, magari estrema, ma corretta della piattaforma su cui noi puntiamo e che certamente ci distingue.
Anche il mercato italiano vi sembra sufficientemente maturo per avere un ruolo proattivo nel suggerire idee innovative? Perché vedo che il portale della community Psion è in lingua inglese…
Chi fa il nostro mestiere parla una lingua comune: l’inglese.
È l’Esperanto del nostro ambito, non possiamo immaginare che professionisti all’altezza e in grado di intervenire nella praticità delle tematiche che attengono al nostro mestiere non parlino l’inglese.
Utilizzando una delle tipiche semplificazioni un po’ d’effetto del lessico giornalistico, abbiamo definito questo nuovo approccio all’hardware come ‘hardware 2.0’: le sembra una definizione calzante?
Io vado oltre: noi siamo un’azienda Dotcom.
Cioè cerchiamo di migliorare e capire se i nostri terminali possono dare un valore aggiunto.
Siamo attenti all’innovazione tecnologica.
Questo ci mette un po’ al di là del semplice 2puntoZero.
Il 2012, non serve dirlo qui, non sarà un anno facile. Se la sente di darci qualche notizia non negativa dal mondo dell’hardware per la logistica?
Buone notizie no. È azzardato. Diciamo che il nostro settore ha la sua nicchia, che gli spazi sono maturi, che ci sono aree di miglioramento.
Certamente il mercato è tenuto un po’ sotto pressione dal fatto che la nostra classe dirigente interpreta la nostra logistica come un punto di costo e non come un luogo di eccellenza, laddove invece tutti noi operatori sappiamo che abbiamo nicchie di qualità importanti.
Certo non possiamo non risentire degli andamenti di mercato, anche perché si costruisce meno, si investe meno e tutto questo ha un rimbalzo immediato nel nostro settore.
Detto che il mercato è un po’ compresso, l’elemento di distinzione sono le commodity: ecco, allora su questo posso dire che possiamo rappresentare un elemento positivo.
Il punto, per dirla sinteticamente è che oggi chi resiste è colui che sa distinguersi.