Chi l’ha detto che il made in Italy è in crisi?
Certo è che per sopravvivere in questi tempi di crisi è necessaria una gran fiducia nel futuro, impegno e dedizione, ma nonostante l’avanzamento dei grandi mercati produttivi cinesi e asiatici che hanno abbassato il costo della mano d’opera a livelli che difficilmente la nostra penisola si può permettere, buone notizie arrivano anche da grandi multinazionali, come ad esempio il colosso svedese Ikea.
Una vera e propria piaga, a sentire i responsabili Ikea, quella dei reclami che affligge molte produzioni made in Thailandia o Malesia, troppo lontano dai punti vendita europei.
Allora Ikea affronta il problema e riporta la produzione vicino ai limiti del chilometro zero, puntando su una miglior manodopera in termini di qualità e più controllata in termini di vicinanze.
Una vera e propria boccata d’ossigeno per le aziende italiane.
Ad attirare Ikea in Italia è la flessibilità di distretti piemontesi storici come quello di San Maurizio d’Opaglio o di Gozzano capaci di produrre 30mila rubinetti di qualità seguendo con scrupolo il capitolato e riducendo i costi dello spostamento di rubinetti made in Malesia che valgono ben più del lavoro più o meno flessibile.
L’Italia fa la differenza per il colosso Ikea soprattutto nelle cucine: il 34% è venduto e prodotto in Italia, e il Veneto rappresenta l’area prioritaria di approvvigionamento (38% degli acquisti), seguita da Friuli (30%) e Lombardia (26%).
Nel Nord-Est d’Italia Ikea acquista più che in Svezia o Germania, con una forte ricaduta occupazionale collegata a queste nuove commesse produttive, stimabile in 2.500 posti di lavoro ai quali vanno sommati i 6.600 dipendenti della rete commerciale e logistica e l’indotto dei punti vendita.
«Per noi di Ikea la flessibilità del lavoro, l’articolo 18, per intenderci, non è un problema, quanto l’incertezza dei tempi della burocrazia e della politica», ha dichiarato ai microfoni di Radio 24 l’amministratore delegato di Ikea Italia, Lars Petersson «la verità è che sull’Italia vogliamo investire di più.
Stiamo molto attenti alle scelte logistico-ambientali e abbiamo scelto questo paese perché abbiamo un’ottima esperienza con i fornitori e la loro qualità: hanno dimostrato di essere molto flessibili sui cambiamenti dei prodotti».
L’Italia e il territorio piemontese ci guadagnano in termini di reputazione e posti di lavoro, 11mila per l’esattezza.